venerdì 18 marzo 2022

Hugh Austin : Non può essere omicidio! (It Couldn't Be Murder, 1935) - trad. Dario Pratesi. I Bassotti, Polillo, n.189, 2018

 

Della vita di Hugh Austin si sa poco o nulla.

Si sa che Hugh Austin Evans nacque nel 1903 in America e visse fino al 1964, a New York., e che sua moglie si chiamava Alice. Nient’altro.

Scrisse romanzi con due protagonisti principali: Peter Quint, Sergente della Squadra Omicidi; e William Sultan.

Del primo, furono pubblicati 5 romanzi dalla celebre casa editrice Doubleday:

It Couldn't Be Murder (1935)

Murder in Triplicate (1935)

Murder of a Matriarch (1936)

The Upside Down Murders (1937)

The Cock's Tail Murder (1938).

Altri romanzi sono:

Lilies for Madame, Doubleday 1938.

Drink the Green Water, Scribner 1948 (Wm Sultan )

The Milkmaids Millions, Scribner 1948 (Wm Sultan)

Death Has Seven Faces, Scribner 1949.

Il primo romanzo ebbe un buon successo e su questa scia , Austin ne scrisse altri quattro, tutti con lo stesso protagonista, il sergente della Squadra Omicidi Peter Quint.

Quint viene chiamato nel cuore della notte dal suo diretto superiore, per affidargli una indagine delicatissima: a casa di un famoso banchiere, è morta la moglie. A chiamare la polizia è stata l’infermiera cui la malata era affidata, perché i familiari le imputano la morte della loro congiunta per negligenza: in sostanza la accusano di essersi addormentata e quindi non aver potuto fronteggiare la crisi cardiaca della moglie del banchiere.

Peter Quint arriva a casa Haughton nel cuore della notte, alle 2.25. E trova Elizabeth Haughton morta. Ma capisce dal racconto dell’infermiera Mary O’Toole che qualcosa non quadra; e la prima ad accorgersene è stata lei. Il suo sonno che normalmente è sempre stato leggero, quella notte, proprio la notte in cui la sua assistita è morta, era stranamente pesante. Insomma a dirla breve, il suo caffè è stato drogato. Come ha fatto l’assassino a drogare il suo caffè? Lo ha fatto mentre la vittima mandava a chiamare l’infermiera per cacciare la gatta che si era intrufolata in camera sua, e che le provocava attacchi d’asma che nel suo stato di grave cardiopatia, potevano essere fatali. Evidentemente l’utilizzo della gatta da parte dell’omicida è un dato fondamentale, e fondamentale sarà anche l’uso dell’espediente tramite il quale l’assassino è riuscito ad intrappolare la gatta di notte, evitando che miagolasse. Dopo che l’infermiera si è addormentata, l’omicida ha ucciso la vittima cloroformizzandola, e lasciando aperta la finestra cosicchè i fumi evaporassero e si disperdessero via: il cloroformio era stato usato tempo prima per uccidere in maniera indolore i gattini appena nati della gatta, e poi riposto in cantina.

Ora proprio questo oggetto viene trovato in possesso di uno dei familiari della vittima. Ma ben presto, Quint, se inizialmente lo aveva inquadrato come il sospettato più probabile, deve ricredersi in occasione di un secondo omicidio, che accade nella stessa notte ma che viene scoperto nella mattina successiva: il capofamiglia Charles P. Haughton viene ritrovato morto, per avvelenamento da gas, nella sua stanza chiusa a chiave dal di dentro. In un primo tempo si pensa ad un malore, per fuoriuscita incauta di gas; poi  addirittura ad un suicidio, in quanto Edgar, fratello maggiore degli Haughton, sostiene che il fratello abbia ucciso la seconda moglie e si sia ucciso. Per quale motivo? Per potersi dedicare alla cognata, Cora Lanthrop, sorella di Elizabeth, anche lei presente in quella casa. Il figlio di lei, Vincent è innamorato e ricambiato della figlia di Charles, Catherine; mentre Ted, il fratello di Catherine è gentile e galante con Mary O’Toole, l’infermiera. Tutti abitano al primo piano della villa, mentre al secondo dimora la servitù, tra cui Wimitt (un maggiordomo che ha indole di dire bugie e “coprire altre persone”) e Marge Wilson (una cameriera che possiede nel suo armadio, abiti e scarpe di gran lusso e raffinatezza, insoliti nel suo caso). In base al fatto che l’infermiera, dal suo punto di vista, poteva vedere passare nel corridoio adiacente eventuali persone, si depennano per il secondo omicidio dal novero dei sospettati due dei sospettati più in vista fino a quel momento. Certo Quint deve ora scoprire chi possa avere ucciso Charles Haughton, che non aveva proprio voglia di uccidersi, come testimoniato da alcune carte trovate sul suo comodino, e da una finestra aperta in basso: se avesse davvero avuto voglia di uccidersi, avrebbe chiuso ermeticamente tutte le finestre.

Successivamente al secondo omicidio, ne avverrà un terzo: sarà il maggiordomo reticente, Wimitt, questa volta ad essere ucciso.

Quint, dopo avere scoperto odi e rancori in quella casa di parenti serpenti, e anche amori segreti e non rivelati, e dopo aver scoperto le manie ricattatorie della cameriera, riuscirà in un lungo finale, a indovinare chi possa essere l’omicida e ucciderlo mentre sta tentando di uccidere per la quarta volta.

Austin fu un narratore sicuramente influenzato dal fenomeno Van Dine e dai suoi epigoni, almeno per questo suo primo romanzo (ma sbilanciandomi, direi anche per i successivi: Murder of a Matriarch, assassinio di una matriarca, a me fa venire in mente, chiarissimo il riferimento al primo omicidio, quello della matriarca dei Greene). Lo testimoniano molti fattori, pur non essendoci nessun protagonista super acculturato, come invece nei primissimi romanzi di Ellery Queen, nei racconti di Rufus King, e ovviamente nei romanzi di Van Dine (Philo Vance): questo perché sostanzialmente il romanzo è del 1935, un’epoca in cui nei Mystery il protagonista con le fattezze e la cultura di Philo Vance già non c’è più:

innanzitutto i titoli che presentando sempre la parola Murder, seguono uno schema uguale, come peraltro per i titoli di Van Dine che presentano lo schema "The + Nome + Murder Case", per i primi 10 titoli di Ellery Queen quello "The + Aggettivo di nazionalità + nome + Mystery", per i primi sei casi di Anthony Abbot  "About + the +murder + of + nome", per i primi tre di C. Daly King  "Obelists + nome";

il protagonista, come per Abbot e Daly King, è un poliziotto;

nelle scene dei delitti, l’arrivo della polizia è testimoniato da un certo numero di poliziotti che perquisiscono la casa, che sono identificati con nome e cohnome e appaiono in più romanzi e questo avviene sia nei romanzi di Van Dine sia in quelli di Ellery Queen (almeno i primi, quelli con il Sergente Velie);

quando i poliziotti esaminano la scena del delitto, per raccogliere indizi, non tralasciano di utilizzare gli aspirapolveri. L’aspirapolvere, che è citato almeno in  almeno The Scarab Murder Case, come  elettrodomestico per le pulizie, viene usato nella stessa identica funzione citata nel romanzo di Austin, già prima, in altro romanzo di vandiniano per eccellenza, About the Murder of the Night Club Lady di Anthony Abbot, romanzo che è del 1931;

il fatto che l’assassinio si svolga nella casa di un soggetto appartenente al jet set cittadino, come già in molti dei primi romanzi di Ellery Queen o Van Dine;

il fatto che l’omicida prima inquadrato, poi depennato, venga di nuovo preso in esame e quindi fermato, come in The Siamese Twin Mystery di E. Queen (1933);

il ragionamento balistico della pallottola sparata, in occasione dell'omicidio del maggiordomo, si ritrova ne The Benson Murder Case (1926) di Van Dine.

la “Sfida al lettore”, che si trova qui, è una delle caratteristiche dei primi romanzi di Ellery Queen;

sempre mutuato dal primo dei romanzi di van Dine, è l’uso dei capitoli, con l’orario cui si riferisce.

Una cosa caratteristica del romanzo è la camera Chiusa: a questo proposito, devo rivendicare il fatto, che ben prima che fosse risolta, io scommettevo che la soluzione sarebbe potuta essere mutuata da altro romanzo, e in effetti così poi è avvenuto: il riferimento non è però a romanzi vandiniani, bensì ad altri..britannici. L’elemento caratterizzante è il rubinetto del gas per i caloriferi. L’uso di un rubinetto del gas in una camera chiusa, è precedente al romanzo di Austin e se ne trovano due esempi: il primo in The Three Taps del 1926 di Ronald Knox, e successivamente in Murder at the Women ‘s City Club di Quentin Patrick, 1932. Non posso dire a chi si riferisse, ma è logico che Knox fosse molto più famoso a quell’epoca di Quentin Patrick: al 1935, già cinque dei sei romanzi di Knox erano stati pubblicati, a differenza di Quentin Patrick che era ancora sconosciuto ( che oltretutto in America era stato pubblicato da una piccolissima casa editrice di Philadelphia, quella di Roland Swain, che qualche anno dopo fallì), anche se la descrizione della soluzione della camera chiusa col gas in Austin è quasi uguale a quella usata nel secondo romanzo di Quentin Patrick.

Il protagonista del romanzo, che risolve l’intricata vicenda in sole quarantotto ore, si ripeterà nel romanzo successivo risolvendo la vicenda in pochissimo tempo.

Lo stile è tutto sommato accettabile, anche se c’è un uso troppo ricorrente a dialoghi spesso con botta e risposta che alla lunga stancano, tanto più che il romanzo è ponderoso e che talvolta i dialoghi sono incentrati su particolari di poco conto che servono più che altro a sviare: oltre 291 pagine nell’edizione italiana, 301 in quella originale del 1935. Comunque sia, sono di parere opposto rispetto a quello di Nick Fuller che anni fa ha etichettato il romanzo come illeggibile, quasi neanche fosse “un mattone” tipo l’Oberman di Etienne Pivenne de Senancour: il romanzo è ottimo, molto articolato e complesso, in forma di diario, come La strana morte del signor Benson , e chiaramente è stato creato guardando ai fenomeni Van Dine ed Ellery Queen per fare cassetta, ma di questo non si può farne un dramma.  

Pietro De Palma