giovedì 29 novembre 2018

William Brittain: L’uomo che leggeva Dickson Carr ( The Man Who Read John Dickson Carr, 1965) – trad. Hilia Brinis – pubblicato in appendice al GM n° 880 del 1965


TENGO A PRECISARE CHE, CONTRARIAMENTE ALLA NORMALITA’, IN QUESTA OCCASIONE INDICHERO’ ANCHE IL COLPEVOLE, PERCHE’ IL PLOT NON POTREBBE ESSERE COMPRESO SENZA INDICARLO. PERTANTO COLORO CHE VOGLIANO NON PRIVARSI DEL PIACERE DI SCOPRIRE L’ASSASSINO, O DI COME SIA SCOPERTO, SONO PREGATI DI NON CONTINUARE A LEGGERE . IL RACCONTO, PERO’, è DIFFICILE A PROCURARSI.
Tramite la piattaforma social Anobii, cui appartengo dal 2008, partecipando a vari gruppi tutti più o meno centrati sul Giallo Classico e sul Mistero della Camera Chiusa, ho fatto la conoscenza di Alberto Cottini, piemontese, collezionista quanto il sottoscritto, opposto come latitudini, ma di gusti letterari assolutamente simili, se non uguali.
Attraverso delle saltuarie email prima, e telefonate poi, la conoscenza si è approfondita, diventando amicizia. Devo dire che così come ho dato ad Alberto alcuni input, lui a sua volta mi ha fornito degli indizi, soprattutto inerenti la letteratura giapponese, che mi hanno aperto alcuni orizzonti. Qualche anno fa, mi ha anche procurato tre romanzi che cercavo: uno della serie di Kate Wilhelm;  l’altro di Carr, nella traduzione integrale di Boncompagni ,Lo spettro e il dottor Fell (avevo solo la vecchia traduzione); e il terzo di Pierre Boileau, Il Quadro Maledetto, assolutamente introvabili dalle mie parti; e un racconto di Bill Brittain in fotocopia, L’uomo che leggeva John Dickson Carr.
The Man Who Read John Dickson Carr inaugurò nel 1965 la serie “The Man Who Read”, composta da racconti, ciascuno dei quali dedicato ad un determinate autore: il secondo fu Ellery Queen, seguito da Rex Stout, Agatha Christie, Conan Doyle, Chesterton, Hammett, Simenon, Creasey, Asimov.
Oggi parleremo del primo, annoverato tra i classici del genere Camera Chiusa.
Edgar Gault è un orfano allevato dallo zio. Tra i due non corre buon sangue: lo zio rimprovera al nipote di non fare nulla per creare le proprie occasioni di affermazione nella vita ma di star a perdere tempo a strimpellare la chitarra o a leggere libri, mentre il nipote è stufo di quello zio che è stato costretto ad occuparsi di lui ma che farebbe a meno della sua presenza. Per di più lo zio vorrebbe cancellarlo dal proprio testamento, e questo Edgar proprio non lo sopporta. Così, in omaggio agli eroi delle sue fantasie adolescenziali, di quando anni prima dodicenne aveva scoperto prima e letto avidamente poi, tutta l’opera di Carr-Dickson, tenendo fede al suo sogno, di costruire cioè una camera chiusa perfetta, che avrebbe fatto invidia a Carr stesso, progetta l’omicidio dello zio.
In un giorno in cui zio e servitù non ci saranno, lui appronterà il delitto perfetto.
La tenuta in cui lui e lo zio vivono è nel Vermont. La casa è dotata di una ricca biblioteca che ha le peculiarità che il piano omicida di Edgar richiede: una porta pesante di quercia che si possa chiudere solo dall’interno  mediante un pesante paletto, delle finestre chiuse da pesanti inferriate che non lascerebbero passare neanche un uccello, e un camino che apparentemente nessun assassino prenderebbe mai in considerazione perché dovrebbe essere magrissimo e poi dovrebbe evitare, cosa impossibile a farsi, di sporcarsi con la fuliggine, di cui è letteralmente zeppa la canna fumaria.
Edgar però non si dà per vinto. Così, in una bella giornata di primavera, approfittando dell’assenza di zio e servitù, si industria a pulire alla perfezione la canna fumaria, mettendo nel camino delle fascine. Poi nasconde nella biblioteca una pesante sciabola sfilandola dal fodero appeso al muro, e attende l’arrivo di suo zio – che la mattina stessa gli ha annunciato che proprio quella sera arriveranno due suoi amici, uno dei quali è il suo legale, che apporranno la firma e testimonieranno la sua volontà di cambiare testamento ed escludere dal godimento dello stesso il nipote pelandrone – andando a vestirsi di tutto punto: camicia, pantaloni e scarpe, tutti di color bianco cangiante. Chi mai potrebbe pensare che lui, vestito con quegli abiti immacolati, si fosse mai issato in una canna fumaria?
Fatto sta che Daniel Gault arriva, e poi arrivano i due amici, il dottor Crowley  e uno dei quali è il suo legale, Stoper.
Edgar fa in modo che i due ospiti sentano la voce dello zio, cosicchè si debba escludere che egli fosse già morto, e poi invitandoli ad aspettarlo, occupando il tempo a giocare a carte, finge di aver dimenticato le carte da gioco in camera sua. Così prega gli amici dello zio di aspettare il tempo che egli vada su in camera sua a recuperare le carte da gioco e, non visto, si reca invece in biblioteca, dove in men che non si dica, trafigge la gola dello zio con la sciabola, lasciandola infissa nel seggiolone su cui la vittima era seduta.
Poi mette in esecuzione tutto il suo piano, e lassù dal comignolo dov’è arrivato in men che non si dica, senza neanche una particella di fuliggine sul suo completo bianco immacolato, lascia cadere dei foglietti impregnati di una sostanza infiammabile al contatto dell’aria, che accenderanno il fuoco, e quando sente la vampa e l’aria calda che sale, si precipita alla finestra del solaio, che aveva lasciato precedentemente socchiusa, e da lì raggiunge le scale e quindi, in men che non si dica, è dagli amici dello zio, con le carte da gioco.
Delitto perfetto? No.
Edgar viene scoperto e deve rinunciare ai suoi sogni di vivere agiatamente grazie ai soldi dello zio. Tuttavia quello che lo rende molto amareggiato non è tanto il fatto che è stato scoperto e che è manifesto il fatto che solo lui può aver ucciso lo zio (mentre se non lo fosse stato, pur il fatto di avere il solo movente valido per uccidere, non sarebbe stato sufficiente a farlo incriminare e magari si sarebbe potuto tirare in ballo un’oscura maledizione o qualcos’altro che stornasse i sospetti da lui), ma che “nessuno avrebbe potuto ammirare il delitto perfetto da lui studiato. Che avrebbe pensato di lui il dottor Fell, ora? Che avrebbe pensato Sir Henry Merrivale? Che cosa avrebbe pensato lo stesso John Dickson Carr? Che cosa mai poteva pensare chiunque , di un perfetto delitto della Camera Chiusa”  finito in quel modo?
Racconto molto leggero, di sole sei pagine, è una sorta di parodia, con il suo humour britannico, cosa strana per William E. “Bill” Brittain, newyorkese, nato a Rochester il 16 dicembre 1930 e morto a New York il 16 dicembre 2011. Brittain, che era un insegnante, cominciò a scrivere racconti accolti su magazines del peso di Ellery Queen’s Mystery Magazine  e Alfred Hitchcock’s Mystery Magazine, e pertanto capì ben presto che avrebbe potuto anche non insegnare ma vivere della sua scrittura creativa. Ideò tre serie di racconti, una delle quali è quella citata precedentemente.
Il racconto è un gioiellino, anche se giocato sulla presa in giro. Non ha nulla che non sia stato precedentemente utilizzato da altri, e questo ha uno scopo, perchè Edgar è venuto a contatto con  tutta una letteratura e quindi ha assorbito quello che Carr ha scritto.
Per quanto possa sembrare strano, la traduzione italiana non è integrale: nelle sei pagine tradotte da Hilia Brinis mancano dei riferimenti, di cosiddetta “coloritura”, nomi e titoli di romanzi.. Inoltre,  il testo ci appare come…slavato, insomma di natura meno interessante di quanto sia in effetti. E’ un’impressione reale, che viene spiegata col fatto che il testo originale è molto più fluido e anche più divertente ed è costruito su paradossi:
Edgar è così vestito di bianco che Lemuel Stoper, uno dei due amici, dice: “White, white, and more white,” he sneered, looking at Edgar’s clothing. “You look like a waiter in a restaurant.” Bianco, bianco e ancora bianco…tu sembri un cameriere in un ristorante  (dialogo che in italiano manca)
John Dickson Carr would be proud of me…He hoped that the investigation of his crime would not include any theories involving the supernatural. He remembered his disappointment at the ending in The Burning Court with its overtones of witchcraft. ( John Dickson Carr sarebbe fiero di me…Sperava che l’indagine del suo delitto non includere qualsiasi teoria che coinvolgesse il soprannaturale. Ricordava la sua delusione per la finale di The Burning Court, con le sue sfumature di stregoneria). Anche questo periodo manca nella versione italiana.
Tuttavia, egli, che vuole stupire il mondo intero e Carr in particolare, ricorre purtuttavia ad un metodo di fuga che era stato attraverso il Dottor Fell, precedentemente bistrattato. Brittain, infatti, ad un certo punto, dice:  “The necessity of escape by chimney  somewhat  disappointed  Edgar, since Dr. Gideon Fell had ruled it out during his famous locked-room lecture in The Three Coffins(tuttavia questa considerazione nella traduzione mondadoriana non è presente). Nonostante ciò vi ricorre, perchè aggiunge, che purtuttavia, il piano da lui messo a punto, avrebbe l’approvazione di Carr: “But it was the only exit available, and Edgar had devised a scheme to make use of it that he was sure even John Dickson Carr would approve of.” (altro passo non tradotto).
Un altro passo non tradotto, spiega perchè lo zio dica al nipote di preparare il tavolino da gioco e di invitare i suoi due ospiti ad accomodarsi. Dalla traduzione italiana, si capisce che i due avrebebro dovuto giocare con lo zio. In realtà, precedentemente, in un passo che viene dopo immediatamente l’annuncio del cambio di testamento ( che avverrà la stessa sera, ad opera di Stoper, il  legale di Daniel Gault), si legge un passo che non esiste nella traduzione italiana: “Even the weekly game of bridge, in which Edgar was usually a reluctant fourth to Uncle Daniel, Lemuel Stoper, and Dr. Harold Crowley, was a part of The Plan. Even the perfect crime needs witnesses to its perfection“. In altre parole, lo stesso Gault era parte delle partite di bridge che si giocavano con lo zio ed i suoi due amici.
La presunzione di Edgar è talmente colossale da fargli perdere qualsiasi cautela, ed egli addirittura si permette di ipotizzare che il suo delitto premeditato è talmente perfetto che probabilmente qualcuno scriverà un libro per spiegare il suo crimine, come aveva fatto Carr con l’omicidio di Sir Edmund Godfrey: “Maybe Edgar would even get a book written about his crime-like Carr’s The Murder of sir Edmund Godfrey” (neanche questo periodo è stato tradotto).
Il paradosso dei paradossi sta nella facilità con cui Edgar Gault (notare come Gault richiami moltissimo Gaunt, che è il nominativo di un personaggio carriano in The Bowstring Murders ) viene scoperto, per un suo errore, che Carr sicuramente non avrebbe commesso, e per cui tutta la sua costruzione accuratamente calcolata al secondo, cade rovinosamente.
Molti anche i riferimenti a romanzi carriani, di cui nella traduzione italiana non si fa menzione, e se se ne fa, si compiono anche marchiani errori: è il caso di quando Edgar uccidendo il vecchio zio trapassandogli il collo, ridacchiando, si ricorda di una scena simile in “Carr’s The Bride of Newgate” (in La Sposa di Newgate di Carr); ma la Brinis legge non Bride ma Bridge e così “la sposa” diventa “il ponte” di Newgate !!!!
Insomma….
Pietro De Palma

giovedì 8 novembre 2018

Paul Halter : Il gioco del delitto (Meurtre dans un manoir anglais, 1997) - trad. Angelo Petrella - Il Giallo Mondadori, N° 3173 del Novembre 2018


Meurtre dans un manoir anglais, è un romanzo del 1997. Paul Halter lo scrisse dopo L'arbre aux doigts tordus, del 1996 e prima di Le cri de la sirène del 1998, nel ciclo di Twist. Veramente nel 1996, aveva scritto un altro romanzo, Le cercle invisible, con soggetto a se stante, pubblicato l’anno dopo in Mondadori. Erano gli anni in cui gli Halter erano seguitissimi e per nulla disprezzati anche dai responsabili di Mondadori, e se ne facevano anche due o tre all’anno, non uno ogni 2 o 3 anni. Erano l’equivalente dei Bowen di ora, per quanto riguarda la frequenza di pubblicazioni. Ed erano i migliori della produzione.
Ho sempre avuto il sospetto che a parte La Quarta Porta e Testa di Tigre, che erano romanzi che erano arrivati tramite le agenzie, e che erano stati affidati da Mauro a Ciangottini per la lettura e l’eventuale approvazione, i restanti, a partire proprio da Le cercle invisible ( portati da Igor la prima volta che andò a Milano da Magagnoli , che esclamò quando lui gleli mise sulla scrivania : “Ma come? Halter ha scritto altro? Ma perchè nessuno me l’ha mai detto?” ), intendo i primi ad essere stati pubblicati dopo i primi due, devono esser stati scelti proprio per la loro qualità, perché cioè continuassero e rafforzassero il successo avuto coi primi due. Igor, che aveva letto in originale tutti i romanzi pubblicati fino ad allora, sapeva benissimo quali fossero da preferire ad altri subito e quali pubblicare in un secondo momento, quando cioè il successo dell’autore avrebbe fatto accettare anche dei lavori di secondo piano. Non è un caso e nemmeno un fatto che possa suscitare scandalo, che un autore attraversi degli alti e bassi nella sua produzione: persino Carr scrisse dei romanzi meno brillanti di altri, per es. Eight of Swords o Below Suspicion o The Four False Weapons. E allora perchè scandalizzarsi se altri autori ne abbiano scritti?
Innanzitutto questo non è un romanzo. Ho detto talvolta, nelle mie analisi di romanzi di Halter, che secondo me, tranne alcuni casi ben individuati (ovviamente tra i romanzi più importanti, Le cercle invisible, La quatrième porte,  La mort vous invite, La mort derrière les rideaux, La chambre du fou, La septième hypothèse, A 139 pas de la mort, La toile de Penelope, Le brouillard rouge,  Le fleurs de Satan, La tête du tigre), Halter spesso costruisce i suoi libri unendo dei racconti separati e poi unendoli in dirittura d’arrivo: per es. Le géant de pierre o L’image trouble (in cui una vicenda nel lontano passato, viene legata ad una nel presente), Le cri de la sirène (in cui le vicende di due persone vengono legate tra loro), e vari altri. In questo caso addirittura, il romanzo diventa un contenitore che mette assieme sette racconti e poi li unisce in quella che è l’origine di un famoso gioco di società, il Cluedo, e in cui Twist e Hurst compaiono nell'inizio, e nella fine che spiega tutto.
In sostanza è accaduto qualcosa che non si sa se spiegare come incidente, omicidio o suicidio. Hurst brancola nel buio, e Twist a cui si è rivolto, gli consiglia di leggersi le sette storie di coloro che furono invitati una sera, a casa del dottor Lenoir, per partecipare ad un nuovo gioco inventato dal loro ospite: ognuno di loro, coinvolto in un fatto di sangue, o come spettatore o  come interprete, avrebbe dovuto raccontare la sua storia, davanti agli altri, assieme al padrone di casa, o in assenza dello stesso ad un suo rappresentante. Poi avrebbero giocato assieme al tiro a segno, avrebbero cenato assieme, e poi a fine serata il padrone di casa avrebbe riservato loro una sensazionale sorpresa. Così Hurst legge le sette storie che coinvolgono sette ospiti: la Signorina Rose, il colonnello Moutarde, il dottor Lenoir, il Professor Violette, la Signora Leblanc, il dottor Olive, la Signora Pervenche. In mezzo a loro, secondo Twist, si nasconde l’assassino, perché quello in cui sono coinvolti, a suo parere è un omicidio premeditato.
Le sette storie sono:
Rose: Camera Chiusa. Il fidanzato di Rose, Philip, mentre è in compagnia dello zio,  in una biblioteca chiusa dall’interno, non sa come spiegare come lo zio di Rose alle sue spalle sia stato ucciso mediante una freccia, con la finestra spalancata, ma con dinanzi un alto muro e una neve immacolata in cui non si notano le impronte di chi avrebbe dovuto scoccare la freccia mortale
Dottor Lenoir: sparizione della moglie e ricomparsa nella cassa panca di un inquilino dello stesso palazzo.  Il fatto che una chiave apra due appartamenti del palazzo, da luogo a due ipotesi antitetiche, nell’ambito di un machiavellico  piano omicida, in cui entra un candelabro sporco di sangue, due cassapanche, una per appartamento, euna chiave che apre due appartamenti diversi e quindi permettere non solo al condannato di uccidere ma anche a Lenoir di entrare nell’appartamento altrui e usarlo per stessi fini.
Colonnello Moutarde: premonizione di incendi dolosi, ricatto, e omicidio. Il Colonnello avrebbe scoperto che all’epoca in cui prestava servizio nella polizia, un suo collega aveva ricattato i proprietari delle proprietà in cui un sensitivo prevedeva che sarebbero scoppiati incendi, affinchè pagassero se non volevano che davvero bruciassero i loro beni.
Professor Violette: premonizione, assassinio di una donna nel momento in cui un suo amico sogna che avvenga. Il sensitivo viene sospettato di avere ordita una trappola per mascherare la sua colpevolezza, ma poi viene riconosciuto innocente, salvo scoprire che quando era bambino aveva assistito ad una stessa scena, in cui sua madre era stata ucciso dal medesimo assassino della sua amica.
Signora Leblanc: delitto impossibile e non suicidio di Sir Jerry Cadosh, archeologo. Apparizione di un golem in casa sua prima del suicidio, nella cucina chiusa dall’interno. Una misterioso statuetta raffigurante un toro alato, fa pensare ad una maledizione. In un secondo tempo, sulla pistola non vengono trovate le impronte del morto, e quindi si fa strada l’ipotesi di un omicidio impossibile, compiuto da un toro alato, visto che oltre la finestra socchiusa in una distesa di fango rappreso al di là di essa, non vengono trovate impronte.
Dottor Olive: delitto di un celebre entomologo e scambio di persona alla base dell’omicidio. Presente una grossa clessidra, e una scatola bucherellata da cui è uscito non si sa se una grossa farfalla o un grosso ragno.
Signora Pervenche:  suicidio impossibile di un suo amico, di cui è accusata lei, mentre si scopre che è stata altra persona che aveva finto un alibi di bomba con l’aiuto di una sosia.
La serata si era conclusa, dopo l’apertura di due cassapanche, una delle quali apparecchiata per una cena a buffet, e il ritrovamento di cuscini, e poi sotto un divano, di un flacone di Veronal, e di un tirassegno, oltre che di numerosi oggetti riguardanti le singole storie, con una ipotesi delittuoso riguardante proprio il dottor Lenoir, che viene trovato oltre il bersaglio, accasciato su una sedia e colpito dai proiettili dei sette invitati.
Tra di loro un assassino che avrebbe lasciato nel suo racconto un importante indizio, scoperto prima da Lenoir che avrebbe ricattato il sospettato per supportare i suoi capricci e i suoi giochi di società, e poi dalla polizia molti anni dopo, dopo un bombardamento dei tedeschi di un palazzo di Londra, dove l’assassino viveva indisturbato, avendo ritrovato un importantissimo indizio che avrebbe rivelato una verità tenuta nascosta. Nell’epilogo, Twist, senza conoscere questo indizio, inquadra l’assassino e quale indizio sarebbe sfuggito all’assassino e presente nel suo racconto, avrebbe dato la possibilità da solo di smascherarlo.
Il romanzo, come abbiamo detto comincia dove finisce. E’ un modo di scrivere che troviamo altre volte in Halter: lo troviamo per esempio in Le brouillard rouge, dove nel prologo si vede un uomo che dipinge di rosso una stanza e poi nell’epilogo si capisce che quella non è pittura ma sangue, perché….  ; qui così come comincia il romanzo, finisce: con Twist e Hurst impegnati ad individuare il bandolo della matassa.
Non è facile indovinare, come mi è capitato altre volte, chi possa essere l’assassino, perché in quest’occasione non c’è un unico fatto, un’unica storia che si snoda dall’inizio alla fine ( e i finali di Halter sono per così dire quasi sempre pirotecnici, per cui quasi sempre c’è un ribaltamento), ma più storie, più avvenimenti che si intersecano, ma distinti in sé, e trovare l’indizio fuorviante è difficilissimo. Nondimeno la capacità di affabulare, di incantare il lettore  è immutata e sempre altissima: Halter è paragonabile a Carr non tanto nelle Camere Chiuse, ma nella capacità di evocare atmosfere, di raccontare. Con queste premesse, bisogna abbandonare la velleità di competere con lo scrittore (questo è uno dei limiti però del romanzo, perché l’indizio è molto sottile e flebile, non così appariscente, come una bottiglietta priva di etichetta e contenente tintura di jodio, in uno dei primi romanzi di Ellery Queen, The Egyptian Cross Mystery: scrittore e lettore dovrebbero combattere ad armi pari, cosa che qui non avviene) e leggere il libro abbandonandosi alla storia.
Tutte le storie sono scritte benissimo, e anche le soluzioni proposte sono plausibili: in particolare quella della prima Camera Chiusa è notevole. Nonostante ciò troviamo pur sempre e anche in questo romanzo, tutta una serie di richiami e rimembranze, non solo di romani altrui, ma anche dello stesso autore alsaziano: la cassapanca in cui si troverebbe il cadavere di Lenoir e non c’è e quella in cui viene effettivamente trovato quello di sua moglie, richiama la cassapanca in La mort vous invite in cui viene tenuto per qualche tempo un cadavere: del resto una cassapanca o un baule usati per questo scopo, sono utilizzati in tanti altri romanzi e racconti, da Smallbone Deceased di Michael Gilbert a The Mystery of the Baghdad Chest di Agatha Christie, a Le Tueur N.2 di Pierre Mac Orlan; e per di più una cassapanca apparecchiata per un buffet, richiama il baule apparecchiato per un buffet di Rope di Alfred Hitchcock ( e la coincidenza mi sembra per nulla casuale). L’ossessione del cadavere all’interno di un divano, deriva da The Red Widow di Carter Dickson (lì era una poltrona) e si stabilizza in Halter nel precedente La Quatrieme Porte. Il cadavere con una freccia infilata nel collo, chiuso in una camera richiama subito alla memoria The Judas Window di Carter Dickson; non solo: un cadavere ed una persona innocente al di dento di una camera chiusa dall’interno, richiamano anche Dead Man Control di Helen Reilly. E il ragno enorme del racconto di Olive, richiama altri ragni, primo fra tutto quello del romanzo di Halter, La toile de Penelope. Insomma, a cercarne di riferimenti, se ne trovano a bizzeffe. Altro riferimento interessante e ricorrente nelle opere di Halter è un adolescente assassino, già trovato in La malédiction de Barberousse, e poi anche in Le diable de Dartmoor, e Spiral. E a voler cercare il numero sette è già presente in Les sept merveilles du crime, 1997 (inedito da noi).
La stessa forma utilizzata da Halter e per lui originale, trova un corrispettivo storico in The Big Four di Agatha Christie.
In quarta di copertina, si allude a Ten Little Niggers, di Agatha Christie, come paragone di ambientazione in cui snocciola la storia, ma in realtà 10 piccoli indiani c’entra qui come un cavolo a merenda
Quello che a me lascia perplesso, è cosa si prova dopo aver letto il libro: una specie di flop finale, non il solito finale altamente spettacolare degli Halter (eccezionale quello per esempio in Le Brouillard Rouge, o L'image trouble), quasi un’insoddisfazione personale; che è tanto più grande, se si pensa ad altri romanzi di Halter più spettacolari di questo.
Comunque sia un prodotto altamente godibile.
Presentandosi come una origine inventata del Cluedo, Halter intelligentemente fa riferimento alla versione storica inventata da un impiegato di un avvocato, negli ultimissimi righi del romanzo: questo, di Anthony Pratt è un riferimento reale storico, così come dei sette sospettabili, il solo presente nella versione del Cluedo gioco, e nella versione letteraria di Halter, è il Colonnello Mustard (qui Moutard), al pari alcune delle armi citate nel gioco da tavolo e nel romanzo: la chiave inglese, il candelabro, il veleno, il revolver, la corda.
Per me Halter si manifesta ancora una volta, uno splendido cesellatore di racconti, perdendo invece nella costruzione di grandi cattedrali narrative, laddove bisogna non solo spiegare la soluzione ma anche tenere a bada le diverse personalità dei sospettati e saperli far interagire al di dentro di un contenitore multi testuale. Eccetto ovviamente alcuni esempi mirabili.
Ma il paragone tra l’Halter scrittore di racconti e l’Halter scrittore di romanzi, per me fa spostare l’ago della bilancia nettamente verso il primo termine di paragone.

Pietro De Palma