lunedì 19 febbraio 2024

Giorgio (Georges) Meirs , La mano fantasma (La main fantôme, 1913) -trad. I.Sappia - I nuovi Sonzogno, N.91, 1969


Dopo parecch anni ritorniamo a Georges Meirs, trasformato in Italia in Giorgio Meirs, per parlare di un ottimo romanzo del 1913:  La main fantôme.

Pubblicato solo dopo un anno da Sonzogno, col titolo fedele La mano fantasma (1914), nonostante sia un testo più che datato, è un ottimo esempio di mystery con un quasi delitto impossibile, e tre camere chiuse, dico tre. Insomma, un romanzo quasi sconosciuto in Italia in tempi a noi vicini, ma capace di tenere avvinto il lettore con una trama ricca di colpi di scena e di inventiva.

William Tharps, il celebre poliziotto privato, è richiesto urgentemente dall'Ispettore Asselin: è avvenuto un delitto in circostanza assolutamente straordinarie, e la polizia non si raccapezza. In via Miromesnil, al quinto piano di un caseggiato, uno scultore anziano, è stato trovato morto in un appartamento. Il medico ha stilato un certificato di morte per embolia, ma l'ispettore ha come un presentimento, che si rivela giusto: da come il cadavere è stato trovato e dall'aspetto, Tharps formula l'ipotesi che egli sia stato invece ucciso. L'autopsia attesterà un avveleamento da Veronal.

Già in queste prime avvisaglie di romanzo, Tharsp fa riscontrare tutta la sua deduzione e la sua osservazione, indicando sia una serie di impronte digitali, addirittura sulla cornice di un quadro, sia dei segni sia infine l'impronta di una mano, e si pone in antitesi col dottor Mortet: sembrerebbe persino che egli si sia affrettato a diagnosticare una causa naturale per mascherare l'avvelenamento. Perchè?

Tuttavia questa non è la sola stranezza, in quante parecchie altre la polizia nella figura del Capo della polizia Assarde il Giudice Istruttore Ballencourt hanno giù stupito: tutt'intorno al cadavere ci sono delle impronte, come se qualcuno avesse fatto  qualcosa durante o dopo la morte. Eppure è strano: non è stato sparato o accoltellato o percosso, ma avvelenato. E l'assassino pare che sia rimasto lì accanto a lui fino alal sua morte, e abbia cercato qualcosa: pare qualcosa connesso ad un libretto di assegno che Tharps trova setacciando al casa. Non è la sola stranezza: ce n'è una ancora più sbalorditiva. L'assassino che ha assassinato il signor Corbat propinandogli una dose elefantiaca di Veronal, è penetrato in una casa assolutamente sbarrata da catenacci e inferriate, mente il domestico era affacendato alle sue mansioni, negli altri ambienti della casa, penetrando nelllo studio, da cui si accede anche tramite una porta esterna serrata da catenacci, passando da una porta dissimulata da un arazzo, che era nota solo al personale della casa. Ma il domestico non è stato: tutti giurano sulla sua innocenza e anche Tharps ne è persuaso. Eppure qualcuno deve essere penetrato nello studio illuminato da una grande finestra sul soffitto: forse che è passato da lì? Ipotesi dubito accantonata: il mastice che circonda il vetro è vecchio e non presenta rotture e tutt'attorno vi sono anche ragnatele che fanno pensare come da lì nessuno sia potuto passare.

Un assassino invisibile, anzi..un asssassino fantasma. E gìà perchè una mano, fantasma, attenterà alla vita di Tharps più tardi, sparandogli nell'appartamento, presidiato dalla polizia, dove nessuno è penetrato dall'esterno, come giura il portiere dello stabile. Un assassino materializzatosi, che scappa e svanisce nell'aria: Carr ne sarebbe rimasto deliziato.

Ma prima che ciò si verifichi, anche il libretto di assegni, scomparirà dallo studio del Giudice Istruttore, sbarrato, e senza che si sia verificata alcuna effrazione; e del resto nè Ballencourt nè il suo Cancelliere, fidatissimo, possono esserne ritenuti colpevoli.

E dopo l'attentato a Tharps, grazie a Dio, sfiorato da due proiettili e ferito leggermente, un'altra Camera chiusa ancora con delitto, si verificherà nell'appartamento, un appartamento definito già maledetto prima della morte di Corbat, perchè negli anni precedenti una serie di locatari era morto in circostanze misteriose: non ultimo l'ultimo affittuario, Barolais, caduto d'abbasso, dalla finestra sul salone. Sarà trovato, nell'appartamento guardato a vista da due poliziotti, e assolutamente sbarrato, un cadavere sconosciuto: come si sarà potuto materializzare?

Tharps, durante una seduta, davanti al dottor Mortet, al capo della Polizia, al giudice Ballancourt, al domestico e al suo assistente Pastor Linhyam, scoprirà le sue carte e individuerà il colpevole, anzi..i colpevoli.

Scritto nel 1913, questo romanzo di Meirs, pur avendo certi caratteri abbastanza datati (es. tutte deduzioni su come Lynham si presenta una mattina, su come egli abbia fatto un telegramma, e che si è raso il volto male con la luce del giorno invece che con quella elettrica, e parecchie altre, che attengono anche i luoghi del delitto  (per es che l'assassino dovesse essere di statura media) che rimandano chiaramente a Sherlock Holmes di cui Tharps è chiaramente un clone, possiede indubbiamente delle sue qualità:

per essere del 1913, quindi in una età del romanzo giallo ancora influenzato dall'avventura, questa storia avvince, proponendo una serie di falsi colpevoli: prima Mortet, poi il domestico che esce dall'appartamento e scompare alla ricerca di una fantomtica persona, poi di nuovo Mortet che si materializza, quando sparano a Tharps, ed un altro domestico del vicino, poi di nuovo il domestico di Corbat, fino alla conclusione inaspettata; una serie di morti maledette e sospette; una strana vicenda di bancarotta, curiosamente legata a quell'appartamento; un banchiere scomparso con un tesoro di titoli; uno scultore povero che vive ben al di sopra delle sue possibilità; ed una serie di quasi omicidi e omicidi e sparizioni di oggetti e persone, in situazioni impossibili.

La soluzione è logica, e oggi diremmo quasi scontata, ma neanche tanto: vi si collega direttamente una di Halter (che mi viene il sospetto che avesse letto questo romanzo:glielo chiederò prima o poi ) e anche una di Rogers, per una cosa chiaramente indicata, quando se ne parla all'inizio. E quella della sparizione del libretto degli assegni, basandosi sulla assoluta innocenza di Cancelliere e Giudice Istruttore che l'avevano in consegna, una volta risolta, ci verrebbe da dire: trucco strausato, ma, se ci riferiamo al tempo in cui fu scritto... E io francamente non ci avevo pensato, perchè in un libro del genere dove l'impossibile aleggia ognidove, non ti aspetti una cosa del genere, che però è perfettamente logica.


Tharps rivela ogni cosa e trionfa: e spiega perchè ci sono due omicidi, attribuibili a due diverse persone, ma compiuti senza una vera premeditazione. Il primo noi diremmo oggi un omicidio preterintenzionale, il secondo un omicidio di difesa. Però il primo messo in pratica da chi ruba e quasi uccide Tharps, il secondo da uno che vorrebbe appropriarsi di un tesoro. Mentre il primo usa la via di fuga impossibile, il secondo accede all'appartamento naturalmente, ma non viene indagato. E l'omicidio accade mentre i due agenti, incaricati della sorveglianza della casa, sono giù al bar a sorseggiare un caffè e a mangiare un panino, avendo perfetta visuale del portone, da cui solo si può accedere dall'esterno, non vedendo nulal di strano, ma poi trovando il domestico di Corbat tremante e per terra il cadavere di qualcuno che non si sa chi sia, ma che a Tharps ricorderà qualcuno.

Tharps, che in origne si chiamava Thorpe, e che un bel giorno ebbe il cognome mutato perchè un tale Thorpe si presentò alla casa editrice di Meirs minacciando di adire alle vie legali se non si fosse cambiato il cognome del personaggio, manifesta oggi la tanta popolarità di cui già godeva in quel tempo, l'oggi dimenticato Meirs, che pare fosse anche l'illustrratore delle copertine delle prime edizioni dei suoi romanzi.


Pietro De Palma

domenica 7 gennaio 2024

Stuart Palmer : E' morta una formica (Murder on the Blackboard, 1932) - trad- Giorgio Monicelli. I Classici del Giallo Mondadori N.298 del 1978

 

 


 

 

Ho parlato solo una volta di Stuart Palmer, recensendo un suo romanzo senza personaggio fisso, Natale con i tuoi. Questa volta invece, tratterò uno con il suo personaggio principale, Hildegarde Withers, che compare in quattordici romanzi, dal 1931 al 1969.

Murder on the Blackboard, E’ morta una formica (????) è il secondo romanzo con la zitella e fu pubblicato nel 1932.  

Hildegarde Withers, mentre sta ancora nella sua classe nonostante sia suonata la campanella di fine lezione, sente dei passi che identifica in quelli dell’insegnante di musica Annalisa Halloran, anche se la camminata verso il portone principale, le sembra strana. Quando esce va verso il portone sperando di vederla ma non accade. Rientrando e andando verso lo spogliatoio, la trova scalza e morta, uccisa da un colpo d’ascia che le ha fracassato la fronte. Il tempo per andare a chiamare l’Ispettore Piper, e il cadavere scompare. Dalla scuola non è uscito, e pertanto deve essere stato nascosto. Dopo aver guardato in alcune classi, Piper scende in cantina dove trova una fosse nel terreno battuto appena cominciata. Neanche il tempo di voltarsi e viene abbattuto da un colpo di pala che lo tramortisce e quasi lo manda al creatore.

Chiamati i rinforzi, e scandagliati per la scuola, il cadavere viene finalmente trovato per intuizione della Withers nella caldaia, mezzo carbonizzato. Unico indizio interessante, nella cenere, quella che sembra una vera di oro, mezza fusa.

Le indagini partono quindi, con Piper gioco forza fuori gioco e la Withers nominata consulente della polizia, prima dal solo Piper, poi anche dal capo della polizia dopo che il criminologo Pfaffle ha clamorosamente fallito nelle indagini.

I sospettati si avvicendano. Prima è il custode, un tipo stolido, che commercia il alcool per raggranellare qualche soldo, che viene sospettato, anche perché si trovano nel suo spazio, delle scarpe da donna, appartenenti alla Halloran, e nel sotterraneo lui ha il suo rifugio. Poi però le indagini, cominciano a girare in altre direzioni: c’è una compagna di stanza, con cui la Halloran aveva vinto alla lotteria, che sembra poter essere sospettata; un’altra compagna che fugge e fa perdere le sue tracce, la Withers che sempre nel sotterraneo sfugge ad un tentativo di omicidio per puro miracolo, e altre direzioni di marcia interessanti si affiancano a quelle già note: dall’autopsia emerge che la vittima era destinata a morire perché le ossa erano affette da anemia perniciosa, ma una formica morta nell’aula di chimica grazie ad un composto petrolifero, fa sorgere seri sospetti che qualcuno l’abbia somministrato alla Halloran prima che venisse uccisa, e che lei accorgendosi di essere stata quasi uccisa, avesse lasciato un misterioso messaggio musicale sulla lavagna.

Ma grazie ad uno stratagemma, la Withers fermerà in esxtremis un diabolico assassino.

Fra tutti i romanzi di Palmer, con personaggio principale, questo è forse il più tetro. Stefano Benvenuti, storico curatore delle collane gialle Mondadori, affermava che Palmer è l’iniziatore del romanzo giallo umoristico, poi attuato da Craig Rice (con cui collaborò) e in tempi recenti da Donald E. Westlake. Tuttavia a me il romanzo non sembra affatto umoristico, se non per i battibecchi tra lei e il tronfio Augustin Pfaffle. Non so Benvenuti su quali basi poggiasse la sua teoria, perché se c’è una cosa che invece è Palmer, è l’essere stato uno dei primi seguaci di Van Dine: e l’essere un vandiniano, lo si riscontra in diverse cose presenti in questo romanzo.

Innanzitutto la coppia: Withers-Piper, replica quella Philo Vance-Markham, narratore-Tenente Lord, Ellery Queen-Richard Queen, Abbot-Thatcher Colt.

Poi l’intitolazione dei romanzi almeno fino agli anni ’40, che segue la falsa riga di quelli di van Dine: là, The Case of, qui The Puzzle of.

Poi altri riferimenti, che vanno più nella scia di Queen che di Van Dine: innanzitutto, il messaggio del morente, che è la caratteristica queeniana per eccellenza, qui è il messaggio in forma musicale, lasciato sulla lavagna. E poi anche l’avvelenamento della Halloran, avviene con un composto estremamente velenoso tratto per raffinazione dal gasolio, il tetraetile di piombo, come in The Roman Hat Mystery, primo romanzo di Ellery Queen, e anche come in quel caso, viene mischiato con whisky. Poi come sottolinea il mio amico Mike Grost, ci sono anche altri riferimenti che avvicinano questo romanzo per es. ad altri di Daly King, un altro vandiniano:

 



L'atmosfera horror di questo romanzo ricorda un po' il successivo The Curious Mr Tarrant di C. Daly King. C'è la stessa enfasi sugli spazi nascosti, lo stesso interesse per gli scantinati, la stessa apparizione di uomini dal nulla e uno sguardo simile verso gli assassini pazzi e diabolici. Anche gli armadietti artigianali  nel romanzo di Palmer sembrano in qualche modo ricordare il caveau e le sue mostre in "The Vanishing Harp" di King. Anche gli schemi di titolazione di Palmer e King sembrano paralleli, con "Riddle of" e "Puzzle of" di Palmer che riecheggiano in "Episode of" di King.

Dicevamo che tra i romanzi con la Withers questo è uno dei più tetri. All’inizio, almeno fino alla scoperta del cadavere, c’è una notevole tensione che culmina con la scoperta del cadavere che ancora brucia nella caldaia. Nel romanzo italiano, questa atmosfera è molto slavata, anche per effetto della traduzione approntata da Giorgio Monicelli, fratello del più noto Mario, padre della Commedia all’Italiana, che tagliò parecchie pagine, una cinquantina. Oltretutto, nella versione originale, oltre che essere i 21 capitoli, ognuno intitolato, nel terzo, c’è anche una pianta dell’edificio che se la tradizione fosse stata integrale sarebbe stata essenziale per capire la dinamica della vicenda e comunque anche nell’edizione italiana, sarebbe stata utile.

La teatralità del romanzo, con personaggi che scompaiono e ricompaiono – l’assassino e la stessa Whiters che scappa dalla classe, che viene rincorsa per le scale senza che venga trovata e poi riappare scendendo dal secondo piano – si sarebbe potuta maggiormente apprezzare se la traduzione fosse stata integrale, e quindi si capisce come in questo caso in particolare, lo sfoltimento di pagine, che toglie principalmente atmosfera, ha nuociuto alla godibilità del romanzo. In particolare non si apprezza l’iter della sequenza iniziale, che è poi fondamentale: l’assassino che simula il passo della vittima, esce dalla scuola e riappare altrove, e anche come l’assassino possa portare con sé il cadavere della vittima, senza che nessuno lo veda. Questo è possibile solo immaginando che l’assassino abbia una perfetta conoscenza dei luoghi e come raggiungerli senza poter essere visto. Ecco, proprio questa capacità, che nel volume originale c’è (la didascalia della mappa dice “Miss Whiters disegna una mappa della Jefferson School”), viene sottratta al lettore nell’edizione italiana, che quindi non può seguire personalmente l’iter descritto, ma affidarsi in toto a quello che dice il narratore.

L’unico punto che mi appare debole del romanzo, molto bello devo dire, è il fatto che l’assassino simuli il passo della vittima indossando i suoi sandali, molto più piccoli del suo piede: io non ce lo vedo un assassino, che deve fare una cosa nel più breve tempo possibile, per evitare che altri si accorgano del delitto, a camminare con dei sandali da donna, con il rischio anche di cadere. A meno che non sia donna. Ma poi nella soluzione si vedrà che non lo è.

La differenza nella titolazione questa volta non è così abominevole come in altri romanzi, perché entrambi i titoli centrano due aspetti fondamentali del romanzo: cioè che l’assassinio non sia di impeto ma che sia invece premeditato. Infatti il titolo originale è una sorta di messaggio in codice della vittima rivolto a chi quel messaggio musicale avrebbe potuto decifrarlo (e chi potrebbe essere stato non si dice) oppure è una sorta di liberazione inconscia, mentre quello italiano, fa riferimento al fatto che la Whiters trovi nell’aula di chimica una formica morta in un bicchiere che il resto di un liquido, e si ponga la domanda come quella formica sia potuta morire così presto.

 

Pietro De Palma