martedì 22 agosto 2023

John Sladek: By An Unknown Hand (in The Times of London Anthology of Detective Stories), 1972

 By An Unknown Hand

(da una mano sconosciuta)


 


 

Nella primavera del 1972, la British publishing company Jonathan Cape Ltd assieme a The Times di Londra bandirono un concorso letterario, incentrato su un racconto giallo inedito: il vincitore avrebbe vinto la pubblicazione di un romanzo. La giuria era di tutto rispetto: Agatha Christie presidente, il drammaturgo e sceneggiatore (Sir) Tom Stoppard, John Higgins del Times, Tom Maschler del Cape, Lord Butler, Presidente della Royal Society of Literature and Preside del Trinity College di Cambridge. Su più di 1000 racconti inviati ne furono scelti una decina, e tra questi il vincitore fu By An Unknown Hand di John Sladek che superò The Tale of Jeremy Fischer di Don Carleton e The Scapegoat di Michael Freeman. Il premio, come previsto, consistette nella pubblicazione del primo dei due suoi romanzi con Camera Chiusa, Black Aura, e nella pubblicazione del racconto accanto agli altri prescelti, in The Times Anthology of Detective Stories (1972).

Il racconto, che Mauro Boncompagni citò in uno Speciale dedicato alle Camere Chiuse, è uno dei vertici assoluti tra i puzzles incentrati su un mistero della camera chiusa, tanto più che la soluzione non è concettualmente difficile ma al contrario molto semplice, una volta che si è compreso come è stata attuata.

Thackeray Phin, investigatore privato abbastanza quotato, viene contattato dal gallerista Anthony Moon, in merito a minacce di morte che hanno raggiunto l’artista più quotato della sua galleria di arte contemporanea, Aaron Wallis: una delle due minacce specifica che proprio quel giorno, alle 9 di sera, Wallis morirà.  Quando faceva parte di un gruppo di avanguardia chiamato Aggressives, Wallis aveva creato un’opera molto rappresentativa, Kitchen Shrapnel (Scheggia da cucina), assemblando a un vecchio lavandino di ferro  tutta una serie di strumenti taglienti, come aghi, spille, coltelli, forbici, rasoi grazie a del cemento. L’opera, inserita in un cubo di vetro, era il pezzo più pregiato della Galleria Moon. Tuttavia l’attribuzione era stata contestata da un altro degli Aggressives, Bob Price, che aveva rivendicato la vera paternità dell’opera. Quest’ultimo oltre che essere irato per questo, aveva dovuto subire anche l’abbandono da parte della sua ragazza, l’attrice Polly Bradbury, che aveva preferito Aaron a lui. Costui è pertanto uno dei potenziali estensori delle minacce, a cui non crede però la fidanzata di Aaaron, Polly, che chiede a Thackeray Phin di non accettare di fare da guardia del corpo a Aaron perché questi già preoccupato, potrebbe peggiorare nella sua psicosi.

Va da sé tuttavia che Phin accetta, e Moon lo conduce in un palazzo lussuoso: Aaron vive all’undicesimo piano. Prendono l’ascensore e mentre parte, Moon gli porge un depliant e parlano in merito. Quando arrivano all’undicesimo piano, Moon gli mostra la porta dell’appartamento che è unico a quel piano: complessivamente sono 12 i piani: fino al nono sono abitati da più famiglie, mentre il decimo undicesimo e dodicesimo hanno appartamenti unici. L’unico ad essere abitato in quel giorno è quello di Aaron, mentre gli occupanti degli altri due piani sono temporaneamente assenti.

Phin dovrà aspettare che arrivi Wallis e poi montare la guardia. Alle 20,15 infatti arriva Aaron, con una gran zazzera di capelli e degli occhiali da sole, che apre la porta e poi gli passa una sedia arancione su cui Phin monterà la guardia.

Circa mezzora dopo ritorna Moon con dei sandwiches e una tazza di caffè per Phin: i due restano a parlare per un po’ di arte. Alle 22, Moon va via, chiedendo nel contempo a Phin di rimanere fino a mezzanotte per stare sicuri. A mezzanotte, Moon ricompare e chiede per maggior sicurezza di aspettare fino all’una. Phin monta sempre la guardia davanti alla porta. Ad un certo punto compare Moon e i due vanno via: Moon si scusa per i suoi ingiustificati timori, ma del resto Phin è stato pagato e quindi..

Scesi nell’atrio del piano terra, assistono ad un litigio del portiere con un motociclista: è arrivato Price. Costui è arrabbiato perché ha ricevuto una telefonata in cui lo si pregava di recarsi al palazzo, ma pare che nessuno ne sappia nulla e Wallis non risponde al telefono. In realtà pare che sia stato il solito scherzo cretino e Price va via. Moon tuttavia ricomincia a preoccuparsi perché Wallis non abbia risposto, e arrivata Polly, i tre risalgono all’undicesimo piano, dove fuori della porta c’è la sedia arancione di Phin.

Siccome sono trascorse delle ore, bussano e chiedono a Aaron di dire come stia, ma non ottengono risposta. Bussano, gridano e alla fine i due uomini sfondano la porta, chiusa dall’interno, trovandosi davanti Aaron morto strangolato con un tubo di gomma. L’appartamento, le cui finestre e la cui portafinestra che da sulle scale di sicurezza sono state murate per volontà di Aaron che soffriva di una malattia dovuta all’esposizione alla luce solare, non ha altre aperture, se non la porta, e una piccola finestrella, molto piccola, da cui non passerebbe forse neanche un gatto, per la presa d’aria.

La situazione impossibile è paradossale: un uomo è entrato in quell’appartamento davanti agli occhi di Phin, eppure è stato strangolato, e l’assassino non può essere uscito che dalla porta, ma questo è assolutamente impossibile, tanto più che la porta era chiusa dall’interno, e l’appartamento è privo di finestre e aperture atte a far passarvi attraverso un uomo.

La polizia arriva e dopo i rilievi, l’Ispettore sente l’unico testimone oculare cioè Phin; tuttavia l’Ispettore Gaylord dissente e non crede alla versione dei fatti raccontata dall’investigatore: “There are only three possibilities, Mr Phin. Either Aaron Wallis killed himself—which I cannot believe—or you killed him, or else you helped someone else kill him”.

In sostanza Phin oltre ad essere stato fregato, subisce un’ulteriore beffa, in quanto è accusato dell’ assassinio di Wallis. Per salvare se stesso, dovrà appellarsi a tutte le sue risorse e al suo acume per venirne a capo, salvarsi dall’accusa di assassinio e inchiodare il vero colpevole.

Il racconto rappresenta veramente una delle vette più alte del puzzle del delitto impossibile, perché riunisce nello stesso racconto alcuni dei presupposti seguiti in tante opere precedenti:

l’uscita sorvegliata da un testimone assolutamente veritiero (lo stesso Phin)

l’assassinio in uno spazio ermeticamente chiuso

la porta chiusa dall’interno mediante un catenaccio

l’assassino svanito nell’aria.

E la soluzione assolutamente perfetta, si basa su pochi elementi: una sedia arancione, una targa e due chiavi, un pezzo di spago e un fil di ferro, cui Phin riesce a dare l’importanza specifica spiegando così come è stato commesso l’omicidio, il cui movente è l’interesse, i soldi.

Non sarebbe bastata probabilmente però la soluzione immaginifica a spiegare il delitto e soddisfare i quattro punti su citati, per ottenere la vittoria, ritengo: anche il racconto piazzatosi secondo aveva infatti una soluzione molto ingegnosa per spiegare il delitto su cui si basava. E quindi, il racconto di Sladek, dovette soddisfare i quattro giurati e la presidente Agatha Christie, per qualcosa in più che aveva rispetto alle altre opere presentate.

Questo ingrediente in più è l’ironia, che Sladek usa per soppesare le proprie facoltà deduttive e nel rapportarle ad altri. Assolutamente delizioso è per esempio quando ricorda illustri scrittori famosi e chiede a loro una mano, leggendo le loro opere:” A man is killed inside a locked, watched room, he thought, adding a mental groan. The killer vanishes. The sleuth gives up and commits dishonourable suicide ... or else is arrested for the crime. Sherlock Holmes wasn’t going to be any help at all. Phin hurried home to read some locked-room mysteries. If Dr Fell could not cure this devil case, then perhaps Father Brown could exorcize it.” 

Pessato che non sia mai stato tradotto in italiano!

Pietro De Palma