venerdì 28 ottobre 2022

Jon L. BREEN: La casa dei lunghi sospiri (The House of Shrill Whispers , originariamente in E.Q.M.M. N.345 dell'Agosto 1972), in Ellery Queen presenta "Estate Gialla 1979"

 


Nato in Alabama nel 1943, Jon L. Breen è uno storico  della letteratura poliziesca. Suo è ad esempio The Fine Art of Murder: The Mystery Reader's Indispensable Companion, scritto con Ed Gorman, Martin H. Greenberg, Larry Segriff, oltre a numerosi romanzi e antologie di racconti, soprattutto apocrifi sherlockiani. Ha scritto anche parodie su Van Dine , Ellery Queen, Agatha Christie e John Dickson Carr. Ha vinto 2 Edgar, con lavori biografici: il primo nel 1982, con What About Murder? A Guide to Books about Mystery and Detective Fiction; il secondo nel 1985, con Novel Verdicts: A Guide to Courtroom Fiction.

La parodia che presentiamo si chiama The House of Shrill Whispers, e già dal titolo denuncia di chi è una parodia.

Non solo. Il protagonista principale, il detective che dovrebbe risolvere il puzzle, si chiama Sir Gideon Merrimac, un detective privato, il cui nominativo è un mix di Gideon Fell ed Henry Merrivale, che ha una tendenza nel nome e nel modo di presentarsi del protagonista, a rimandare allo sbruffare tipico dei guasconi. Non a caso, Merrimac non risolverà il caso.

Millard Carstairs è seduto in treno e guarda le gambe di una bella giovane seduta davanti a lui. Quando viene a sapere, dopo aver rotto il ghiaccio con la giovane donna, che ella è Nancy Williston, di cui il suo amico Bill Clifton gli ha parlato, è tutto contento. E quindi la ragazza, saputolo, gli racconta una cosa: cioè che lo zio Margrove, che ha quattro figli tra cui Bill e lei che è figlia adottiva, ha disposto che il suo patrimonio venga diviso tra Bill e la ragazza, mentre gli altri tre fratelli, dissoluti e avidi, Cavendish, Jessica e Franklyn, sono stati esclusi. Ora lei ha paura che uno dei tre voglia ucciderlo; eppure Zio Margrove non teme che lo assassini uno dei tre, ma un tale che pare che possa entrare in una casa con le finestre e le porte sprangate dal di dentro, senza lasciare tracce. Per questo Bill ha chiamato Millard, così come Milalrd vorrebbe che quel caso lo gestisse il vecchio Giddy, cioè Gideon Merrimac, il più grande investigatore del mondo, non sapendo che a sua volta Clifton Margrove, proprio Merrimac ha chiamato perché faccia luce sul caso e lo salvi. E infatti di lì a poco fa la sua apparizione, sul treno, in modo bombastico e surreale, incastrato tra due carrozze del treno, proprio Merrimac, che da come è vestito e da come si presenta, sembra la fotocopia di un altro Gideon ben più noto.

Proprio Merrimac afferma di essere stato chiamato da  Clifton Margrove per risolvere il caso di un seducente assassino invisibile che è pronto ad ucciderlo. Perciò zio Clifton non solo si è barricato in un cottage al centro del giardino, ma ha fatto cospargere per tutto lo spazio che circonda la casa, neve finta, mettere 4 grandi proiettori che illuminano tutto dal tramonto all’alba, e ha assoldato numerosi agenti della Pinkerton per rendere la zona ancora più sicura. Eppure quando Answorth, il vecchio ottantaseienne maggiordomo, l’unica persona che Margrove ammette alla sua presenza, li vede per accompagnarli con il calesse alla magione, li informa che il vecchio zio è stato assassinato. Il fatto è che le sole impronte presenti nella neve finta son quelle del maggiordomo e di nessun altro. Pertanto è logico concludere che ad assassinare il vecchio sia stato il fantasma dell’Ammiraglio Wilburforce Cogsby, che visita la Casa dei lunghi sospiri alla ricerca dello spirito della sua donna amata, morta l’11 luglio 1870, le notti del 12 luglio.  Dico notti perché l’ammiraglio aveva creato un calendario di famiglia in cui l’11 luglio era stato soppresso e c’erano invece due 12 luglio. E proprio in una delle due notti consecutive del 12, è stato compiuto il delitto, con una pistola antica  che è scomparsa.

Gli agenti della Pinkerton non sanno spiegare come l’assassino sia entrato, tant’è vero che quando Answorth andava dal suo padrone, loro cancellavano le impronte del vecchio in maniera tale che altre impronte sarebbero state visibili. Chi è stato dei 4 figli ad uccidere il padre? Perché un fantasma passa attraverso i muri ma non impugna una pistola.

Mentre Merrimac sta elaborando una teoria, anche Carstairs si mette all’opera. Interrogando i presenti troverà che il vecchio maggiordomo aveva portato dal suo padrone un elefantino, quello del padrone,  perché si sentiva solo. Ma dal cottage oltre che l’assassino è scomparso l’elefante. Carstairs troverà dove sia finito l’animale, eviterà un secondo assassinio e inchioderà l’assassino, questa volta bonaccione che alla fine rinuncia pure ad uccidere Carstairs oltre che il maggiordomo ed è pronto a consegnarsi alla polizia, sapendo che ci saranno ben pochi carceri in cui lui potrà stare.

Il racconto è una delle più gustose parodie che abbia letto su Carr (ricordo anche quella di Brittain, ma Breen la supera alla grande). Non c’è solo la tendenza a prendere per il sedere il detective (e anche Carr), ma anche creare un piccolo racconto che avrebbe tutte le caratteristiche e le premesse base di una Camera Chiusa la più pazzesca mai creata,  e risolverla poi con un bluff, che in un certo senso delude le premesse e le aspettative, ma poi ripensandoci, neanche tanto, perché basandosi sui dati inseriti, crea una soluzione adeguata anche se surreale.

 


Innanzitutto la parodia tratteggia sarcasticamente il protagonista che da come si veste e si atteggia sembra la copia peggiore di Gideon Fell. A pag. 136 leggiamo: "...Chi, se non lui, aveva quelle guance grasse, molli e rubiconde? Chi portava due monocoli, uno per occhio, sovrastanti un naso bitorzoluto? Chi sfoggiava una dentiera tutta d'ro e aveva una barbetta caprina giallastra? E chi avrebbe mai indossato in pieno luglio, un domino nero e un paio di calzoni a scacchi, porpora e zafferano, da una delle cui tasche sporgeva un fazzoletto a fiori? Un fazzoletto che il suo proprietario usava aregolari intervalli per soffiarsi il naso con un fragore assordante, tra sussulti che facevano ondeggiare la cappa, rivelando un'antica pistola da duello appes ain precario equilibrio sopra una pancia di proporzioni strabilianti..".

In più la satira  prende in giro la tipica soluzione carriana tratteggiando una soluzione che pur essendo rigorosamente in linea con gli indizi, è una clamorosa caduta. Roland Lacourbe, commentando il racconto presente nella sua antologia "Les meilleures histoires de chambres closes" (Minerve,1990), dice: "..Naturellement, appelé sur les lieux, le célèbre Sir Gideon Merrimac, mélange savoureux de Gideon Fell et de Sir Henry Merrivale, apportera la conclusion la plus inattendue à ce qui restera sans doute le clou de sa prestigieuse carrière. La chute pourra sembler décevante à certains lecteurs. Jon L. Breen, lucide et modeste, s’en déclarait insatisfait. Mais les vrais amateurs de JohnDickson Carr, qui gardent en mémoire la rigueur scrupuleuse de leur auteur favori en matière de résolution d’intrigue, ne manqueront pas d’apprécier la dérision avec laquelle Jon L. Breen introduit sa pirouette finale. Le bonheur avec lequel il retrouve à la fois le style et l’art de la création d’atmosphère de son modèle et aussi son humour, laissent percer, sous le respectueux hommage, un regard des plus malicieux".

Non si limita tuttavia ad una satira generale, poichè Breen si diverte a storpiare anche nomi di personaggi carriani. Oltre che Sir Gideon Merrimac, che è il mix dei nomi dei due personaggi più famosi di Carr, troviamo per es. l’avvocato Butterick Parattler che a me subito ha riportato alla mente un altro avvocato, presente in due avventure di Gideon Fell (Below Suspicion e Patrick Butler for the Defense) , l’avvocato Patrick Butler.  il racconto comincia con un uomo e una donna seduti nello scompartimento di un treno (che poi si innamorano),  e c’è anche  The Constant Suicides che comincia con un uomo e una donna seduti nello scompartimento di un treno che si innamorano. Ci sarebbe anche un Carstairs che  ha una parte in The Red Widow Murders, ma vabbè può essere un caso. Poi c’è l’elefantino, che in realtà non è un elefantino, o meglio è un uomo con il costume di un elefantino, che cammina quattro zampe, condotto da Answorth a Margrove Clifton.

Poi c’è la Camera Chiusa, che sembrerebbe essere una quintessenza delle camere chiuse ma in realtà non lo è, e proprio la caratteristica che nega la Camera Chiusa e che è quel particolare che Carr ci teneva che non ci fosse mai nei suoi romanzi, qui c’è. Quindi..che razza di Camera Chiusa è ? Appunto, proprio quello che pensate voi. Che poi è anche la ragione del movente, un movente a dir poco surreale anche questo, alla base dell’assassinio di zio Clifton.

E poi c’è infine un’altra scena surreale se non grottesca: Millard Carstairs, investigando, finisce per abbattere uno scaffale pieno di libri nella camera della servitù, al piano interrato della Villa dei Lunghi Sospiri, e chi trova seppellito da una montagna di vecchi libri? Answorth. Il bello è che i vecchi libri sono vecchi libri gialli di vecchi autori, passati e datati: Hume, Wells e Hanshew. Come a dire che il vecchio Answorth aveva rischiato di crepare, travolto non almeno da libri di pregio, ma da vecchio ciarpame, che nessuno quasi leggeva più.

Fin qui potremmo parlare di un ottimo racconto parodistico di Breen, surreale e anche abbastanza spassoso. Quello tuttavia che eleva questo racconto e ne fa una perla, è altro: è il dialogo che ad un certo punto intercorre tra Sir Gideon, Nancy Wilston e Millard Carstairs. Stanno parlando della possibilità che un assassino alato più leggero dell’aria (così da non lasciare impronte) passi attraverso i muri senza lasciare tracce. Nancy sottolinea che nessuno ha ipotizzato che il killer sia alato, Merrimac afferma che non dovrebbe escludere una tale possibilità e Millard spiega alla ragazza che proprio questa tendenza a non scartare nessuna ipotesi è il segreto del successo di Sir Gideon.

“-E il successo è il sogno americano, proclamò il vecchio Giddy….Ma voi siete inglese o americano, gli domandò Nancy…Che differenza fa? Dopotutto sono solo il protagonista di una storia poliziesca, come voi…Sentite, protestò Millard, voi sarete il protagonista di un giallo, vecchio Giddy, ma io sono un uomo in carne ed ossa. Provate a pungermi con uno spillo e vedrete se non sanguino…Il protagonista di un giallo ha il preciso dovere di sanguinare, figliolo. Altrimenti che giallo sarebbe? Se fossimo i protagonisti di un romanzo anziché di un racconto, io discetterei ampiamente con voi dell’assurda vanità di quei personaggi fantastici che pretendono di essere reali. Vi terrei una conferenza sulla caratterizzazione, sulla verosimiglianza, e su altri elementi essenziali in un’opera letteraria..” pag.138

In altre parole ad un certo punto, questo racconto parodistico diventa fantastico. E il momento è proprio questo dialogo, che non c’entrerebbe nulla con la storia, e che provoca lo sbigottimento del lettore e quindi anche il mio, perché Merrimac nel momento in cui opera,  che coincide con il breve momento in cui qualcuno legge la sua storia, sa benissimo di essere opera di fantasia e non pretende di essere reale. E questa è una situazione che mai e poi mai si è vista affrontata in una storia poliziesca, poichè nel momento in cui si scrive una certa storia, chiunque inserisce dei personaggi, li caratterizza, e descrive una certa atmosfera affinchè ci si possa immergere nella lettura e immaginare di vivere quell’esperienza, in cui i personaggi vivono in funzione della storia. Mai si era visto prima un personaggio, che nel momento in cui vive sa di non essere reale. In un certo senso questa situazione è l’opposto di quella che talvolta si vede in certi romanzi (mi viene in mente Nove volte Nove di Anthony Boucher) in cui il protagonista fa riferimento al Dottor Fell di Carr affermando di averlo conosciuto e che in sostanza Carr si è rifatto ad un soggetto reale, romanzando la sua vita, o o il primo romanzo di Derek Smith, dove si leggeva: “Do you remember the Case of the Dead Magicians? A spark of interest showed on the Inspector’s rugged face. “You mean that odd affair in America, round about 1938? Yes, I remember. Homer Gavigan handled that for the New York Police Department. Though I believe most of the credit went to a man calling himself”-the Inspector’s voice held a high pitch of unbelief-“the Great Merlini.”.“That’s it. Merlini solved the mystery, then wrote up the case as a novel, calling it Death From a Top Hat. He collaborated with Ross Harte-they used ‘Clayton Rawson’ as a pseudonym.” Lawrence digressed slightly. ” There have been four Rawson books to date, though only three have been published in England. More’s the pity. Every one is first rate” (Derek Smith, Whistle Up The Devil, chap. V pag.108) .

Un racconto da leggere, per divertirsi ma anche per meditare

 

Pietro De Palma

 

P.S. 

Il mio grande amico Luca Conti,  già grande traduttore italiano di harboiled americano contemporaneo, e lo scrittore ed editore Arthur Vidro, mi hanno aiutato, dandomi consigli su come reperire le fonti originali, molto difficili da trovare a meno che tu non si possieda EQMM dell'agosto 1972, ovvero il volume "Hair of the Sleuthhound" in cui Breen ha inserito diversi suoi racconti comprese le parodie, di cui mi ha parlato Arthur, e poi Luca mi ha indicato dove trovarlo. Questo perché oramai, a meno che non conosca il traduttore italiano, vado sempre a verificare la bontà della traduzione, leggendo dall’originale

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domenica 23 ottobre 2022

Newton Gayle : Un mistero a Portorico (The Sentry Box Murder, 1935) - trad. Alfredo Pitta - I Capolavori del Giallo Mondadori N.46, del 1956

 


 

Newton Gayle oggi è un autore praticamente dimenticato, ma ci fu un tempo che era molto conosciuto: gli Anni Trenta. Da allora è passato quasi un secolo, e di Newton Gayle nessuno si ricorda più. Eppure…

Newton Gayle era uno pseudonimo, utilizzato da una coppia di scrittori (Muna Lee e Maurice Guiness) per una serie di cinque romanzi, ambientati anche a Porto Rico. La ragione di questa collocazione inusuale è che Lee era la moglie del Governatore di Portorico, mentre il secondo era un dirigente  della Shell, una delle 5 sorelle multinazionali petrolifere, a Portorico. I cinque romanzi, ambientati in USA, Gran Bretagna e Portorico, al loro tempo ebbero un certo successo, ma dopo il quinto, il sodalizio si sciolse, e ciascuno dei due autori scelse una via propria: Muna Lee scrisse anche dei romanzi non di genere poliziesco, il suo compagno invece ne scrisse tre negli Anni Sessanta, sotto lo pseudonimo di Mike Brewe.

Dei cinque romanzi scritti sotto lo pseudonimo comune di Newton Gayle

Death Follows a Formula (1935)

The Sentry Box Murder (1935) aka Murder in the Haunted Sentry-Box

Murder at 28:10 (1936)

Death in the Glass (1937)

Sinister Crag (1938)

il nostro è il secondo della serie ed il primo ad essere ambientato a Porto Rico.

La nave Calypso di proprietà di Lord Dampier è costretta a fare sosta a Porto Rico per rifornirsi di carburante. A bordo tra gli altri ci sono l’investigatore Jim Greer e il suo amico Robin Upwood , che narrerà la storia. A Porto Rico, ritrovano Richard Piper, ex Diplomatico americano e ora Agente della Compagnia Atlantica di Navigazione, che con l’aiuto della bella moglie Kay, si occupa di garantire una bella vacanza ai tanti turisti che ogni due settimane sbarcano lì. Questa volta c’è una compagnia variegata in cui spicca il Senatore americano John Monarch, sua moglie Melita Avery ex attrice, il nipote Elmery Coulton, il notissimo uomo d’affari americano Blaise Grassington, Fergus Mac Kelvie legale di Monarch, più la signora americana Stella Tophet. Piper oltre a fare da Cicerone in giro per l’isola, ha preparato, come fatto altre volte, una caccia al tesoro che li coinvolgerà nella sede della fortezza dell’isola, il Castello di San Felipe del Morro, detto “El Morro”, a San Juan di Porto Rico: una serie di indizi verranno dislocati in varie parti della fortezza, comprese le segrete, i camminamenti della ronda, e anche la garitta; ogni indizio fornirà la chiave per trovare il successivo, sino ad arrivare alla fine, per primi.

La caccia al tesoro si svolge e tutti sono coinvolti, finchè accade che nella garitta , guardata a vista da due soldati, viene trovato morto Monarch, colpito al volto: nessuno però ha visto uscire l’assassino, né si capisce come sia stato ucciso Monarch ( o si sia ucciso) perché la pistola non si trova.

A dirigere le indagini è Greer che coadiuva il colonnello Oakley capo della Polizia.

In un primo tempo, il primo ad essere accusato è proprio l’amico e narratore Upwood, perché una signora, nelle segrete, di primo acchito attribuisce a lui una voce che parlava di un delitto da compiere, salvo poi in un secondo momento ritrattare la sua dichiarazione.

Greer sente tutti, ricostruisce i fatti, manda richieste di informative circa i vari appartenenti alla crociera a Washington; poi trova un pacco di tre camicie, con scritto qualcosa sui polsini, dietro un cespuglio, vicino alla residenza della comitiva, e ricostruisce il fatto secondo cui Monarch, la sera prima della caccia al tesoro, era stato visto atterrito uscire da quel cespuglio, e poi chiedere una pistola prima a Mac Kelvie e poi a Grassington, diventato amico proprio durante la crociera.

Cosa aveva sentito? Qualcuno minacciarlo di morte, con la voce di un morto, un tale di una compagnia che lui aveva costretto a fallire e che poi si era tolto la vita.

Greer riuscirà a capire come sia stato ucciso Monarch, e chi lo abbia ucciso, mettendo in pratica un piano quasi perfetto, dopo che tutta una serie di persone saranno state scartate, “dopo essere state in un primo tempo osservate sotto una luce speciale”.

Il romanzo è una Camera Chiusa poco conosciuta, del 1935.

 

 


 

 

Nella biografia di Doug Greene, The Man Who Explained Miracles, circa John Dickson Carr, non si trova nessun riferimento a questo romanzo, stranamente direi, perché al tempo ebbe un certo successo. La ragione potrebbe essere riconducibile ad una serie di evidenze: in sostanza il metodo per uccidere non è peculiare di questo romanzo, semmai in esso viene applicato un procedimento già visto nell’estrinsecazione di uno dei delitti in The Greene Murder Case, e non a caso si può dire che il romanzo sia nel solco della Van Dine School, perché lo stesso James Greer, sembra essere un pallido erede di Philo Vance, anche se riesce a venire a capo del mistero con rara sagacia, e l’investigatore coadiuvato dall’amico narratore, che aiuta il capo della polizia, riconduce direttamente a  Philo Vance, Van Dine e Markham.

E del resto, se si va indietro nel tempo, proprio per il meccanismo usato per uccidere, si può dire che la coppia di scrittori, abbia preso in prestito metodi ancora più indietro nel tempo, quelli usati in romanzi in cui per esempio “la camera uccideva”. Quindi se l’arma del delitto, rimanda ad altri romanzi, l’inventiva nel presentarla è originale, tanto più che la sua sparizione viene spiegata dalla stessa azione del delitto. Semmai, averla rivelata molte pagine prima della soluzione, toglie mordente e tensione al climax, che decade, venendo accresciuta solo nella chiusa finale.

Un altro fatto che potrebbe spiegare forse perchè Carr non lo abbia mai citato (nonostante Muna Lee fosse la seconda scrittrice americana ad entrare nel Detection Club), può essere spiegato dal fatto che l'arma del delitto, si dica nel romanzo sia difficile da portare addosso, eppure qualcuno la porta; e nonostante la garitta sia strutturata in un certo modo, presentando una camera circolare (la garitta è la torretta in cui la sentinella trova riparo) e tre feritoie poste nel semicerchio delle mura, non si capisce nè viene spiegato come l'assassino avrebbe in poco tempo sistemato il congegno mortale. 

La coppia di autori, invero, durante il romanzo, inventa molte false piste, che portano il lettore a ipotizzare che vari soggetti a turno possano essere gli assassini, generando un interesse che non viene meno, fino a presentare nella soluzione finale a turno 4 possibili omicidi, autori di 4 diverse situazioni che entrano nella soluzione come corollario, per quanto attiene.. il pacco delle tre camicie dietro al cespuglio, la pistola scomparsa sulla nave, la costruzione falsa della pagina con annotazioni compromettenti, e le annotazioni sulla planimetria con la cartolina della Garritta di El Morro: sono uno di questi quattro sarà l’assassino. Il meno probabile. E quindi il più sorprendente.

Il romanzo si legge facilmente ma non bisogna dimenticare che rispetto alla prima edizione de I Libri Gialli del 1938, questa riedizione, pur rinfrescata coi nominativi inglesi e non italianizzata secondo consuetudine antica, presenta circa cento pagine in meno. E non a caso! Infatti il sottotitolo del romanzo "Uomini e Spettri" rimanda ad uno spettro di cui nel Capolavoro non si trova quasi traccia, mentre è esplicitato nel testo originale de I Libri Gialli: in sostanza è stata sforbiciata l'atmosfera e le descrizioni, adattando la lunghezza del volumetto agli standard dei Capolavori. E che il Capolavoro sia la riduzione  del Libro Giallo lo si desume da una delle piantine che nel testo viene indicata ad una pagina, che non è presente nel Capolavoro ma evidentemente in altro testo.

Bel romanzo dell’età dell’oro del mystery !

Pietro De Palma