mercoledì 10 ottobre 2018

Edmund Crispin: Beware of the Trains (da "Beware of the Trains" 1953)


Beware of the Trains, "Attenzione ai treni" è il titolo ironico del racconto che da il titolo all’intera antologia, ed è il primo della serie. E’ un racconto impossibile, di una sparizione dalla cabina di un treno, ed è uno di quei casi di cui Carr diceva..”vanished into thin air”, “svanito nel nulla”. Una sorta di variazione di Camera Chiusa, la sparizione di qualcosa o qualcuno che sarebbe impossibile che fosse avvenuto, in condizioni normali, ma indubbiamente è avvenuto.
Per la sua spettacolarità, il racconto è ricordato nella famosa Bibbia dei delitti impossibili e delle Camere Chiuse, “Locked Rooms and Other Impossible Crimes” di Robert Adey, da poco di nuovo presente nelle librerie, per opera di John Pugmire & Brian Skupin e della loro L.R.I.
Gervase Fen è a bordo di un treno elettrico. Il treno lascia la stazione di Borleston e viaggia sino a quella di Clough. Durante il tragitto, i viaggiatori si stiracchiano, parlano tra loro, cercando dormicchiare, insomma fanno tutte le cose che si fanno in treno. La stazione di Clough, è una delle tante in cui il treno dovrebbe fermarsi e ripartire, solo che l’attesa ad un certo punto diventa rilevante e persino Fen abbassa la finestra del suo scompartimento e si affaccia per vedere di capire cosa sia successo. Dopo un dialogo con il personale di stazione, si capisce che il macchinista del treno è scomparso.
“‘ ‘E’s not in ‘is cabin, nor we can’t find ‘im anywhere on the station, neither.”
Non è nella cabina, nè possiamo trovarlo altrove nella stazione”.
La frase da la misura del problema: colui che aveva preso il posto di Inkson nella corsa del treno, cioè Phil Bailey, è scomparso.
Il bello è che non può esser semplicemente sceso e andato non si sa dove, perché come il capo stazione Maycock non sa, perché quando la cosa si è verificata, l’altro personale non lo trovava, perché lui era in un ufficio e lì non hanno pensato di andare a guardare, un ladro si sospetta che sia salito a bordo del treno alla stazione precedente, e la stazione è stata accerchiata da una squadra di poliziotti comandati dall’Ispettore del C.I.D. Humbley. Accerchiata, significa che la squadra è stata disposta in maniera tale che neanche un topo sarebbe potuto fuggire ed eludere la sua sorveglianza. Quindi..Bailey non ha superato l’accerchiamento e dovrebbe essere  ancora in stazione; ma il fatto è che in stazione non si trova.
Humbley sospetta addirittura che non sia partito da Borleston , ma la telefonata in stazione elimina questa supposizione perché c’è gente del personale di stazione che assicura di aver visto il macchinista salire in cabina ed avviare il treno, ed era proprio Bailey.
Humbley a questo punto comincia a spazientirsi, e a meno che non si tratti di una congiura del personale di stazione (Maycock e due facchini), il che appare quantomeno improbabile, non si riesce a capire come sia potuto svanire Bailey.
Tuttavia al problema di per sé insolubile di Bailey, si somma ben presto un altro: il ladro, quello che la polizia cercava sul treno, e che invece non aveva trovato, Alfred Goggett, pare che sia stato trovato morto. Lungo la linea ferroviaria a tre miglia da Clough. Con un coltello piantato nella schiena.
Humbley era stato informato che Goggett, che era sfuggito alla polizia al Victoria Station di Londra, e aveva preso presumibilmente il treno da Borleston a Clough, aveva una possibile base proprio a Clough, e quindi ecco perchè era arrivato lì. Ma ora Goggett è stato trovato tra le sterpaglie della linea ferroviaria, e ben presto si affaccia una idea che tanto peregrina non è: nella stessa sera un ladro è morto assassinato, e un macchinista è letteralmente scomparso. Per quanto improbabile sia, è possibile che i due fatti siano collegati?
Humbley non sa che pesci pigliare, ma Gervase Fen ne sa una più del diavolo: basandosi sulla inoppugnabilità che nessuna delle 9 persone presenti sul treno (una littorina evidentemente) aveva mai avuto rapporti con Goggett e che “With Fen there had been the elderly business man and the genteel girl; in another compartment there had likewise been three people, no one of them connected with either of the others by blood, acquaintance, or vocation; and even the Guard had witnesses to his harmlessness, since from Victoria onwards he had been accompanied in the van by two melancholy men in cloth caps, whose mode of travel was explained by their being in unremitting personal charge of several doped-looking whippets. None of these nine, until the first search for Bailey was set on foot, had seen or heard anything amiss. None of them (since the train was not a corridor train) had had any opportunity of moving out of sight of his or her two companions. None of them had slept. And unless some unknown, travelling in one of the many empty compartments, had disappeared in the same fashion as Bailey—a supposition which Humbleby was by no means prepared to entertain”, arriva all’ovvia conclusione che Goggett “must have launched himself into eternity unaided”. Cosa paradossale, perchè Goggett non si è suicidato ma è stato accoltellato. E allora evidentemente qualcos’altro dev’essere accaduto, perchè Goggett sia stato ucciso senza che nessuno dei passeggeri sapesse nulla o l’avesse visto a bordo del trenino. E deve essere stato connesso alla sparizione di Bailey a Clough.
Mentre Humbley oramai è fuori di sé e vaneggia, Fen scompare e di lì a poco ritorna con una valigia, dentro cui trovano degli abiti da macchinista:
Since Bailey wasn’t on the station, and hadn’t left it, it was clear he’d never entered it. But someone had driven the train in-and who could it have been but *****?
In sostanza, dice Fen, “dato che Bailey non era nella stazione, e non l'aveva lasciato, era chiaro che non vi era mai entrato. Ma qualcuno aveva guidato il treno fin dentro la stazione ... e chi poteva essere stato se non ******?”
Insomma, un caso di sparizione impossibile spiegato con un gioco di prestigio: Bailey era evidentemente Goggett. Quando non svolgeva il mestiere di macchinista, realizzava furti. E a Clough doveva avere un complice, che dopo l’ennesimo colpo andato a buon fine, aveva deciso di prendere il bottino tutto per sé e di modificare un certo piano, in modo che Bailey/Goggett non potesse rivendicare  la sua parte del tesoro di denaro. L’assassino nascosto nella cabina, con degli abiti civili, aveva motivato la sua presenza con una qualche scusa all’ignaro macchinista, e mentre quello si svestiva della sua divisa e indossava gli abiti civili portati dall’omicida, questi aveva preso la guida del treno, per poi accoltellare Bailey/Goggett e lanciarlo fuori. E nella valigia, che poi aveva nascosto nel suo nascondiglio, aveva nascosto la divisa da macchinista. Una volta arrivato a Clough era sceso furtivamente, ed aveva ripreso la sua identità di ogni giorno.
Ci troviamo dinanzi ad un racconto di delitto impossibile veramente straordinario, e ancora una volta, come dico da tanto tempo, ci accorgiamo che per mettere su una messinscena da applausi sono necessarie almeno due persone, che agiscano assieme. Qui tuttavia le due persone complici, non sono legate all’omicidio di un terzo, ma comprendono assassino e vittima: è un po’ come Assassinio al sole: anche lì il gioco di prestigio è legato al fatto che due persone agiscano in combutta, e anche lì assassino e vittima giocano assieme, non sapendo la vittima di essere il vero bersaglio.
L’assassino non è semplice da trovare, ma visti i personaggi, se si ragiona bene, non può che essere una persona. Fen a sua volta, ragiona dopo aver trovato la valigia, ma la prova inconfutabile – ci chiediamo – se fosse stata nascosta meglio, come avrebbe sancito la riuscita del ragionamento del detective e l’arresto del colpevole? Ecco, proprio qui sta una certa debolezza del racconto, ma è una debolezza sottile: Fen non motiva prima il suo ragionamento per poi acciuffare il colpevole, ma lo acciuffa e solo dopo spiega.
E’ un modo per far sentire l’incolpevole Humbey ancora più debole davanti a se stesso?
Ma qui ancora una volta il Fato condanna con la sua casualità l’assassino: se la stazione non fosse stata circondata dalla polizia, e anche nei dintorni non ci fossero stati poliziotti, Bailey sarebbe semplicemente scomparso e  nessuno avrebbe potuto ragionare e collegarlo all’omicidio di Gorgett.
L’assassinio perfetto non esiste.. almeno per Crispin.

Pietro De Palma

sabato 6 ottobre 2018

Edmund Crispin : Black for a funeral (da “Beware of the Trains”, 1953)

Cominciamo oggi una breve rassegna dei racconti con delitto impossibile di Edmund Crispin. Preciso che tutti i racconti esaminati non sono trovabili in italiano e sono altresì rinvenibili in varie antologie originali dell’autore. Il fatto è che in Italia i racconti non hanno mai attecchito come altrove (questa è la motivazione addotta al fatto che tranne rarissimi casi, antologie di racconti di un determinato autore, non son state approntate) e allora i vari direttori editoriali, in primis quelli mondadoriani, hanno quasi sempre preferito non pubblicarle. Per Crispin idem: quando vennero pubblicati tutti i suoi romanzi, l’editor di allora, mi raccontarono, ebbe sì la possibilità di acquistare i diritti anche per i racconti di Crispin, ma ritenne che essi non avrebbero avuto il successo dei romanzi. E quindi…
Il racconto con cui cominciamo questa rassegna è Black for a Funeral, tratto dall’antologia Beware of the Trains
L’antologia, pubblicata nel 1953, presenta una serie di racconti con Gervase Fen, estremamente brevi alcuni, il cui fine dichiarato è “the reader is given all the clues needed to enable him to anticipate the solution by the exercise of his logic and common sense”. All’antologia sono ascritti 14 racconti, che come precisava l’autore in una nota a fine volume, tranne uno solo, erano tutti apparsi per la prima volta in un giornale. Di questi 14, tre almeno sono racconti impossibili: quello che dà il nome alla raccolta, Beware of the Trains, Black for a Funeral, e The Name on the Window
Il racconto di oggi  non è una camera chiusa ma un delitto impossibile, carino, molto carino, con degli elementi bizzarri che presi di per sé appaiono incongruenti, ma visti secondo la prospettiva di Fen, assumono un preciso significato.
In una cittadina nell’entroterra inglese, il poliziotto Albert Tyler, che doveva fare rapporto entro le 00,30 al suo capo, il sergente Beeton, lo chiama quasi a mezzanotte del 24 luglio del 1951 per annunciargli di aver trovato per strada, davanti all’entrata del casale dove abitava, un tipo di mezza età dai capelli rossicci che dovrebbe essere un tal Derringer, che ha preso in affitto il posto. Questo tipo è indubbiamente morto perché a meno di non esser caduto e aver sbattuto la testa sulla pietra, qualcuno gliel’ha rotta. Il poliziotto, palesemente agitato, ha rapportato al suo capo, come vi siano due cose strane: innanzitutto il tale indossa una cravatta nera su una tuta, come se fosse andato ad un funerale; e inoltre qualcuno ha forzato la casa dello stesso, non asportando nulla però. Il tutto prima che arrivi il dottore, anche lui su mezzi di fortuna, che deve attestare la morte della vittima e le cause della stessa.
Il caso si presenta subito alquanto complesso, in ragione di alcuni particolari che risultano essere incomprensibili al povere sergente abituato a vagabondi o bracconieri. Derringer è andato a Londra in treno ma poi è ritornato non si sa come a casa in tempi molto stretti: il fatto è che la stazione è lontana dal paese e quindi a piedi non ce l’avrebbe fatta ad arrivare per l’ora presumibile in cui è stato ucciso, cioè prima di mezzanotte. E’ evidente che sia stato accompagnato da qualcuno in auto, solo che quest’auto è introvabile. In ragione dei tempi calcolati, e di un passaggio a livello custodito, ipotizzando che qualcuno abbia accompagnato Derringer a casa e poi sia ritornato indietro, se all’andata il passaggio a livello era incustodito, non dovendo passare treni in quel frangente, al ritorno sicuramente il casellante l’avrebbe visto. E quindi a meno che la macchina sia svanita, non ci si raccapezza.
Casualmente da quelle parti è in vacanza il professor Gervase Fen di Oxford, che cerca un po’ di tranquillità per poter finire un suo libro. Siccome Beeton lo conosce, dai tempi in cui lavorava alle dipendenze dell’Ispettore Humbley per il C.I.D. di Scotland Yard, lo contatta.
Beeton ha accolto Gervase nella stazione di polizia - che è dentro casa sua –  un curioso posto dove pesanti volumi di procedura penale si accumulano sul caminetto, tra giocattoli e scampoli di maglia all’uncinetto.  In questa stazione un po’ inconsueta di polizia, il sergente, che non gradiva una carriera in Scotland Yard e pensava più ad un incarico meno importante, ma anche più rilassante ( il classico uomo non ambizioso che si accontenta di poco per vivere felice, avendo una bella moglie e un figlio piccolo), racconta a Fen l’andamento dei fatti. 
Si palesa subito la difficoltà nelle indagini, nonostante il motivo dell’uccisione possa essere ricercato nella tendenza della vittima ad insidiare e tentare le donne delle vicinanze, che fossero sposate o meno. In sostanza quindi anche in un paesino tranquillo come quello, mariti poco disposti a vedersi traditi ce ne dovevano comunque essere. E si ricostruiscono i movimenti della vittima, che sarebbe dovuto andare ad un ricevimento dopo un funerale ma poi l’evento era stato annullato perché la vittima era andata altrove: e allora perché una cravatta nera, da funerale, sopra un abito informale ?
Fen analizza il tutto, ed elabora una propria teoria: se l’automobile per quanto ricercata non si è trovata, significa che non esisteva all’origine, così come spiega perché la vittima avesse la cravatta nera mentre avrebbe dovuto non averla.
Non c’è bisogno poi che si proceda all’arresto perché l’omicida si spara.
Cominciamo a dire che il lettore ha tutti gli elementi per arrivare ad un traguardo simile se non identico a quello raggiunto da Fen, perché Crispin, secondo l’intendimento dichiarato, fornisce senza nascondere nulla, tutti gli indizi perché si arrivi alla soluzione. Che non è facile, si badi bene, e sconcerta, nonostante poi, a vedere bene, di esempi che potessero suggerire questa soluzione, nella letteratura poliziesca ce n’erano già.
Quello che fa rimanere a bocca aperta è il gioco di prestigio con cui Crispin ribalta la successione degli eventi, fornendo così la soluzione ai vari interrogativi, primo fra tutti “l’automobile fantasma”, poi “la cravatta nera” inconciliabile con gli eventi cui la vittima aveva partecipato prima di essere uccisa, e infine l’effrazione in casa della vittima.
Arrivare all’omicida è piuttosto semplice anche se difficile accettarlo: del resto i sospetti sono solo 5. Quello che non è facile, è come bisogna ribaltare la successione degli eventi per spiegare l’arrivo sulla scena della vittima e del suo omicida, spiegando altresì anche gli altri due elementi contraddittori. Nel nostro caso l’omicidio, non è il risultato di un raptus, o di una lotta, ma è premeditato. Alla luce di ciò bisogna considerare gli eventi secondo una prospettiva assolutamente singolare: non dagli eventi si spiega l’omicidio, ma è l’omicidio che spiega gli eventi.
Faccio una considerazione stilistica, infine: dopo aver letto tutti i racconti, devo appuntare come , a dispetto del fatto che Edmund Crispin, in quanto in effetti Bruce Montgomery, provenisse da un college intellettuale come Oxford (Montgomenery/Crispin è stato uno degli interpreti e compositori di organo più famosi del XX secolo), la sua scrittura non rivela minimamente l’origine oxfordiana, essendo invece lineare e capibile immediatamente. A dispetto invece di quella della Brand o Allingham o Marsh, molto raffinate e rarefatte, e di quella della Sayers, che “è una goduria di inner jokes e scherzose citazioni, Crispin ha tentato questo stile solo in GLIMPSES (cioè The Glimpses of the Moon, “Omicidio sotto la luna”, ultimo dei romanzi scritti da Crispin, del 1977), che è un romanzo alla Innes forse un po' troppo rarefatto e surreale, come quelli di Innes (risposta di Igor Longo)”.

Igor mi dà ragione quindi quando ho osservato come lo stile di Crispin sia nella maggioranza dei casi molto semplice: quello che fuorvia, ma nei racconti non si vede, è invece il background letterario, con tutta una serie di citazioni, che se mettono in difficoltà il lettore britannico, figurarsi quello italiano, come sottolineai nel mio articolo circa The Gilded Fly di Crispin ( che riprenderò prossimamente in quello su The Moving Toyshop).
Pietro De Palma