venerdì 3 giugno 2022

John Dickson Carr : "Così bevono i morti” ("As Drink The Dead" , The Haverfordian Marzo 1926) - da " La Porta sull'Abisso" .Trad. M.A. Francavilla - Altri Misteri, Mondadori, 1986

 

 


 

Il racconto di Carr che fa da apripista all’intera raccolta di racconti, pastiches, radiodrammi e saggi contenuti in The Door To Doom (La Porta sull’ Abisso, Mondadori, 1986), è “Come i morti bevono” (As Drink The Dead , The Haverfordian 1926). E’ un racconto straordinario, che mischia atmosfere soprannaturali, delitti impossibili e ricerca storica.

Due uomini stanno discorrendo in una sala: uno, con una barba ispida, magro e ossuto, che la gente chiamava “the Old German Gnome”, è un letterato; l’altro con vesti bianche e capelli bianchi, è un sant’uomo. Dalle finestre si può ammirare un paesaggio di campagna tipicamente italiano.

Il letterato vuole finire il suo romanzo che tratterà dei Borgia, ma per farlo ha bisogno di vedere la Coppa del Trebbia, una delle due che secondo la leggenda sarebbero state piene di vino avvelenato, causando la morte di Papa Alessandro VI Borgia e di suo figlio il Duca Valentino. La coppa è posseduta da generazioni dal Monsignore. Egli ribadisce al suo ospite che i due morirono non perché fossero stati avvelenati, ma per diretto volere di Dio che li avrebbe puniti per i loro peccati. Infatti quando avvenne la loro morte,  lì vicino c’è proprio chi, quelle coppe le aveva create, l’alchimista Garcini Della Trebbia, pazzo d’amore per la figlia del papa e sorella del Duca, Lucrezia Borgia. Il cardinale, al cui castello i due erano  arrivati e che era all’oscuro che il vino fosse destinato a lui, assistette alla morte atroce di padre e figlio. E pensando  che li avesse avvelenati proprio Garcini, lo costrinse a bere il vino supposto avvelenato dalle due coppe, cosa che quello fece placidamente. Eppure a lui non accadde nulla. Ecco perché Monsignore al termine del racconto dell’ospite, attribuisce la loro morte ad un intervento divino.

Monsignore chiama un servo e gli intima di portare la coppa. Il servo è terrorizzato, perché ha visto un minuto prima il vecchio santo di sopra disteso sul letto con quattro candele accese (morto?) e ora lo ritrova vivo sotto. Uscendo inciampando, von Arnhim nominerà il diavolo.

Poco dopo, alla presenza della Coppa della Trebbia, Monsignore, per confutare la tesi dell’Ospite che la coppa sia maledetta, vi versa il vino che stavano bevendo posto sulla tavola, e beve. Poco dopo , Von Arnhim capisce come fossero stati uccisi il papa Borgia e suo figlio, ma non fa in tempo a salvare Monsignore, che muore davanti ai suoi occhi.

Il racconto, dimostra nella sua interezza, come Carr a 21 anni, avesse già quella vena letteraria innata che gli avrebbe consentito di divenire uno degli assi portanti del genere mystery. Infatti il plot del racconto è ottimamente concepito: c’è innanzitutto un’atmosfera misteriosa che avvolge due strani personaggi, uno opposto all’altro, uno con un’aura plumbea, l’altro sfavillante. Poi c’è un racconto storico, che ricrea un’era passata, che parla di nefandezze, di amori, delitti. Poi c’è una doppia morte inspiegabile per avvelenamento: Papa Borgia e suo figlio, che avrebbero dovuto uccidere un cardinale che era per loro motivo di ostacolo, proprio a casa sua, accade che bevano per errore proprio il vino avvelenato che era riservato al loro ospite. Poi c’è un’altrettanto impossibile spiegazione dell’avvelenamento non per mano umana ma divina. Infine c’è un’impossibile morte nel piano temporale del presente, mentre la soluzione del caso viene resa dallo Gnomo. Lo sfasamento temporale del passato e del presente, in un continuo saltare dall’uno all’altro, convince il lettore che qualcosa accadrà nel presente connesso al passato. E in effetti questo accade.

La capacità di Carr di fondere fantasia e verità storica o presunta tale, è assolutamente sconcertante, se rapportata alla giovane età dello scrittore: questo è il primo caso assoluto, di giallo storico, quello che poi Carr porterà al livello di capolavoro con The Velvet Devil e Fire!, Burn. Anche lì, lo sfasamento temporale, crea i presupposti per una storia al limite dell’incredibile, ma in cui l’impossibile/possibile è sempre dietro l’angolo.

L’avvelenamento impossibile si può capire già prima di come sia poi spiegato, se si sta attenti a quello che fa Garcini Della Trebbia quando viene costretto dal cardinale a bere dalla coppa: da quello che fa lui, e da quello che fanno le due vittime, si può già intuire come il veleno sia stato propinato. L’impossibilità poi viene spiegata, non in tempo per salvare tuttavia l’ultimo dei Borgia dalla morte.

Il racconto non è però solo il primo testo di giallo storico che si lega al tema che per Carr diverrà peculiare, cioè il delitto impossibile. E’ anche un racconto con risvolti soprannaturali, o supposto tali: l’abilità di Carr sta però “non nel definire ciò che è soprannaturale o non lo è”, ma nel lasciare più porte aperte, più soluzioni, tra cui quella soprannaturale, ma che potrebbe anche non esserlo:  il fatto che il servo terrorizzato abbia visto il padrone in altra parte della casa, stare disteso sul letto, bianchissimo, tra quattro candele, mentre poi lo ritrova vivo e vegeto altrove, potrebbe spiegarsi con una semplice allucinazione del servitore; oppure, ed ecco la possibilità soprannaturale, che magari il diavolo abbia fatto capire la fine del vecchio prima che accada. Infatti Von Arnhim mormorerà mentre il servo va via inciampando nella porta: “The devil”. A meno che lo stesso Von Arnhim non sia lui il diavolo, e abbia fatto in modo che il suo ospite fosse indotto ad afferrare la coppa, e versarvi del vino, e poi morire. Non a caso la due coppe di Garcini della Trebbia, di cui poi era rimasta quella in possesso di Monsignore, erano chiamate Il Graal del Diavolo.

I racconti dell’Halverfordian furono alla base di molti scritti successivi. Lo abbiamo visto anche per The Legend of the Cane in the Dark, ma i casi sono innumerevoli. E anche in questo caso, secondo me, c’è una filiazione tra questo, ed un racconto successivo.

E’ il caso di The Adventure of the Black Baronet in EXPLOITS OF SHERLOCK HOLMES, la Collezione di racconti scritti in collaborazione con Adrian Doyle ( figlio di Conan), che valse ad entrambi l’Edgar Award.

Anche in  The Adventure of the Black Baronet, anche se la storia è completamente diversa, la morte, per impossibile accoltellamento, perché la pugnalata proveniva dal basso verso l’altro quando la vittima stava bevendo da una coppa, a capotavola, proviene direttamente dal racconto di tanti anni prima. E assolutamente lo stesso è il trucco. Anche se l’arma finale , nel passato il veleno, qui il pugnale, sono diverse.

Anche in questo caso, la soluzione è perfettamente resa. Anzi, nell’apocrifo sherlockiano, c’è anche un doppio finale, perché l’omicida è una vittima a sua volta, spinta ad uccidere dalla malvagità della sua vittima. Una sorta di ribaltamento delle parti, molto molto carriano.

L’ultima considerazione è per la parte narrativa: la storia del passato di As Drink the Dead, è un misto assai abile, di verità e bugie: Garcini Della Trebbia, non è mai esistito, ma la sua amante Lucrezia Borgia sì; la Coppa della trebbia, è anch’essa un’invenzione ma non lo fu il modo con cui morirono Alessandro VI e suo figlio, anche se anche questa storia è doppia: la storia più accreditata, ma non univoca, attribuisce la morte del papa ad un attacco di cuore dovuto alla debolezza indotta dalla malaria, mentre suo figlio gli sarebbe sopravvissuto 4 anni, morendo poi di sifilide; poi c’è un’altra versione, più romanzata, accreditata al Guicciardini, e fu da questa che Carr trasse spunti per il racconto, che vuole la morte di Papa Borgia per avvelenamento casuale, assieme al figlio: avendo deciso di far morire il cardinale che dimorava a Villa del Cornetto, con una coppa avvelenata di vino, esausti per il viaggio e assetati, bevvero lo stesso vino che avrebbero dovuto serbare avvelenato per il loro ospite.

Amore per il dramma, creazione di situazioni impossibili perfettamente spiegate, realizzazione di atmosfere al limite del soprannaturale, ricerca storica indefessa, e una narrazione fatta di sapienti descrizioni e atmosfere psicologiche: questo fu Carr.

 

Pietro De Palma