TENGO A PRECISARE CHE,
CONTRARIAMENTE ALLA NORMALITA’, IN QUESTA OCCASIONE INDICHERO’ ANCHE IL
COLPEVOLE, PERCHE’ IL PLOT NON POTREBBE ESSERE COMPRESO SENZA INDICARLO.
PERTANTO COLORO CHE VOGLIANO NON PRIVARSI DEL PIACERE DI SCOPRIRE L’ASSASSINO,
O DI COME SIA SCOPERTO, SONO PREGATI DI NON CONTINUARE A LEGGERE . IL RACCONTO,
PERO’, è DIFFICILE A PROCURARSI.
Tramite la piattaforma social Anobii, cui
appartengo dal 2008, partecipando a vari gruppi tutti più o meno centrati sul
Giallo Classico e sul Mistero della Camera Chiusa, ho fatto la conoscenza di
Alberto Cottini, piemontese, collezionista quanto il sottoscritto, opposto come
latitudini, ma di gusti letterari assolutamente simili, se non uguali.
Attraverso delle saltuarie email prima, e telefonate
poi, la conoscenza si è approfondita, diventando amicizia. Devo dire che così
come ho dato ad Alberto alcuni input, lui a sua volta mi ha fornito degli
indizi, soprattutto inerenti la letteratura giapponese, che mi hanno aperto
alcuni orizzonti. Qualche anno fa, mi ha anche procurato tre romanzi che
cercavo: uno della serie di Kate Wilhelm; l’altro di Carr, nella
traduzione integrale di Boncompagni ,Lo spettro e il dottor Fell (avevo
solo la vecchia traduzione); e il terzo di Pierre Boileau, Il Quadro
Maledetto, assolutamente introvabili dalle mie parti; e un racconto di Bill
Brittain in fotocopia, L’uomo che leggeva John Dickson Carr.
The Man Who Read John Dickson Carr inaugurò nel 1965 la serie “The Man Who Read”, composta da
racconti, ciascuno dei quali dedicato ad un determinate autore: il secondo fu
Ellery Queen, seguito da Rex Stout, Agatha Christie, Conan Doyle, Chesterton,
Hammett, Simenon, Creasey, Asimov.
Oggi parleremo del primo, annoverato tra i classici
del genere Camera Chiusa.
Edgar Gault è un orfano allevato dallo zio. Tra i due
non corre buon sangue: lo zio rimprovera al nipote di non fare nulla per creare
le proprie occasioni di affermazione nella vita ma di star a perdere tempo a
strimpellare la chitarra o a leggere libri, mentre il nipote è stufo di quello
zio che è stato costretto ad occuparsi di lui ma che farebbe a meno della sua
presenza. Per di più lo zio vorrebbe cancellarlo dal proprio testamento, e
questo Edgar proprio non lo sopporta. Così, in omaggio agli eroi delle sue
fantasie adolescenziali, di quando anni prima dodicenne aveva scoperto prima e
letto avidamente poi, tutta l’opera di Carr-Dickson, tenendo fede al suo sogno,
di costruire cioè una camera chiusa perfetta, che avrebbe fatto invidia a Carr
stesso, progetta l’omicidio dello zio.
In un giorno in cui zio e servitù non ci saranno, lui
appronterà il delitto perfetto.
La tenuta in cui lui e lo zio vivono è nel Vermont. La
casa è dotata di una ricca biblioteca che ha le peculiarità che il piano
omicida di Edgar richiede: una porta pesante di quercia che si possa chiudere
solo dall’interno mediante un pesante paletto, delle finestre chiuse da
pesanti inferriate che non lascerebbero passare neanche un uccello, e un camino
che apparentemente nessun assassino prenderebbe mai in considerazione perché
dovrebbe essere magrissimo e poi dovrebbe evitare, cosa impossibile a farsi, di
sporcarsi con la fuliggine, di cui è letteralmente zeppa la canna fumaria.
Edgar però non si dà per vinto. Così, in una bella
giornata di primavera, approfittando dell’assenza di zio e servitù, si
industria a pulire alla perfezione la canna fumaria, mettendo nel camino delle
fascine. Poi nasconde nella biblioteca una pesante sciabola sfilandola dal
fodero appeso al muro, e attende l’arrivo di suo zio – che la mattina stessa
gli ha annunciato che proprio quella sera arriveranno due suoi amici, uno dei
quali è il suo legale, che apporranno la firma e testimonieranno la sua volontà
di cambiare testamento ed escludere dal godimento dello stesso il nipote
pelandrone – andando a vestirsi di tutto punto: camicia, pantaloni e scarpe,
tutti di color bianco cangiante. Chi mai potrebbe pensare che lui, vestito con
quegli abiti immacolati, si fosse mai issato in una canna fumaria?
Fatto sta che Daniel Gault arriva, e poi arrivano i
due amici, il dottor Crowley e uno dei quali è il suo legale, Stoper.
Edgar fa in modo che i due ospiti sentano la voce
dello zio, cosicchè si debba escludere che egli fosse già morto, e poi
invitandoli ad aspettarlo, occupando il tempo a giocare a carte, finge di aver
dimenticato le carte da gioco in camera sua. Così prega gli amici dello zio di
aspettare il tempo che egli vada su in camera sua a recuperare le carte da
gioco e, non visto, si reca invece in biblioteca, dove in men che non si dica,
trafigge la gola dello zio con la sciabola, lasciandola infissa nel seggiolone
su cui la vittima era seduta.
Poi mette in esecuzione tutto il suo piano, e lassù dal
comignolo dov’è arrivato in men che non si dica, senza neanche una particella
di fuliggine sul suo completo bianco immacolato, lascia cadere dei foglietti
impregnati di una sostanza infiammabile al contatto dell’aria, che accenderanno
il fuoco, e quando sente la vampa e l’aria calda che sale, si precipita alla
finestra del solaio, che aveva lasciato precedentemente socchiusa, e da lì
raggiunge le scale e quindi, in men che non si dica, è dagli amici dello zio,
con le carte da gioco.
Delitto perfetto? No.
Edgar viene scoperto e deve rinunciare ai suoi sogni
di vivere agiatamente grazie ai soldi dello zio. Tuttavia quello che lo rende
molto amareggiato non è tanto il fatto che è stato scoperto e che è manifesto
il fatto che solo lui può aver ucciso lo zio (mentre se non lo fosse stato, pur
il fatto di avere il solo movente valido per uccidere, non sarebbe stato
sufficiente a farlo incriminare e magari si sarebbe potuto tirare in ballo
un’oscura maledizione o qualcos’altro che stornasse i sospetti da lui), ma che “nessuno
avrebbe potuto ammirare il delitto perfetto da lui studiato. Che avrebbe
pensato di lui il dottor Fell, ora? Che avrebbe pensato Sir Henry Merrivale?
Che cosa avrebbe pensato lo stesso John Dickson Carr? Che cosa mai poteva
pensare chiunque , di un perfetto delitto della Camera Chiusa” finito
in quel modo?
Racconto molto leggero, di sole sei pagine, è una
sorta di parodia, con il suo humour britannico, cosa strana per William E.
“Bill” Brittain, newyorkese, nato a Rochester il 16 dicembre 1930 e morto a New
York il 16 dicembre 2011. Brittain, che era un insegnante, cominciò a scrivere
racconti accolti su magazines del peso di Ellery Queen’s Mystery Magazine
e Alfred Hitchcock’s Mystery Magazine, e pertanto capì ben presto che
avrebbe potuto anche non insegnare ma vivere della sua scrittura creativa. Ideò
tre serie di racconti, una delle quali è quella citata precedentemente.
Il racconto è un gioiellino, anche se giocato sulla
presa in giro. Non ha nulla che non sia stato precedentemente utilizzato da
altri, e questo ha uno scopo, perchè Edgar è venuto a contatto con tutta
una letteratura e quindi ha assorbito quello che Carr ha scritto.
Per quanto possa sembrare strano, la traduzione
italiana non è integrale: nelle sei pagine tradotte da Hilia Brinis mancano dei
riferimenti, di cosiddetta “coloritura”, nomi e titoli di romanzi..
Inoltre, il testo ci appare come…slavato, insomma di natura meno
interessante di quanto sia in effetti. E’ un’impressione reale, che viene
spiegata col fatto che il testo originale è molto più fluido e anche più
divertente ed è costruito su paradossi:
Edgar è così vestito di bianco che Lemuel Stoper, uno
dei due amici, dice: “White, white, and more white,” he sneered, looking at
Edgar’s clothing. “You look like a waiter in a restaurant.” Bianco,
bianco e ancora bianco…tu sembri un cameriere in un ristorante (dialogo
che in italiano manca)
John Dickson
Carr would be proud of me…He hoped that the investigation of his crime would
not include any theories involving the supernatural. He remembered his
disappointment at the ending in The Burning Court with its overtones of
witchcraft. ( John Dickson Carr sarebbe fiero di
me…Sperava che l’indagine del suo delitto non includere qualsiasi teoria che
coinvolgesse il soprannaturale. Ricordava la sua delusione per la finale di
The Burning Court, con le sue sfumature di stregoneria). Anche questo
periodo manca nella versione italiana.
Tuttavia, egli, che vuole stupire il mondo intero e
Carr in particolare, ricorre purtuttavia ad un metodo di fuga che era stato
attraverso il Dottor Fell, precedentemente bistrattato. Brittain, infatti, ad un certo punto,
dice: “The necessity of escape by chimney somewhat
disappointed Edgar, since Dr. Gideon Fell had ruled it out during his
famous locked-room lecture in The Three Coffins” (tuttavia questa
considerazione nella traduzione mondadoriana non è presente). Nonostante ciò vi
ricorre, perchè aggiunge, che purtuttavia, il piano da lui messo a punto,
avrebbe l’approvazione di Carr: “But it was the only exit available, and
Edgar had devised a scheme to make use of it that he was sure even John Dickson
Carr would approve of.” (altro passo non tradotto).
Un altro passo non tradotto, spiega perchè lo zio dica
al nipote di preparare il tavolino da gioco e di invitare i suoi due ospiti ad
accomodarsi. Dalla traduzione italiana, si capisce che i due avrebebro dovuto
giocare con lo zio. In realtà, precedentemente, in un passo che viene dopo
immediatamente l’annuncio del cambio di testamento ( che avverrà la stessa
sera, ad opera di Stoper, il legale di Daniel Gault), si legge un passo
che non esiste nella traduzione italiana: “Even the weekly game of bridge,
in which Edgar was usually a reluctant fourth to Uncle Daniel, Lemuel Stoper,
and Dr. Harold Crowley, was a part of The Plan. Even the perfect crime needs
witnesses to its perfection“. In altre parole, lo stesso Gault era parte
delle partite di bridge che si giocavano con lo zio ed i suoi due amici.
La presunzione di Edgar è talmente colossale da fargli
perdere qualsiasi cautela, ed egli addirittura si permette di ipotizzare che il
suo delitto premeditato è talmente perfetto che probabilmente qualcuno scriverà
un libro per spiegare il suo crimine, come aveva fatto Carr con l’omicidio di
Sir Edmund Godfrey: “Maybe Edgar would even get a book written about his
crime-like Carr’s The Murder of sir Edmund Godfrey” (neanche questo periodo
è stato tradotto).
Il paradosso dei paradossi sta nella facilità con cui
Edgar Gault (notare come Gault richiami moltissimo Gaunt, che è il nominativo
di un personaggio carriano in The Bowstring Murders ) viene scoperto,
per un suo errore, che Carr sicuramente non avrebbe commesso, e per cui tutta
la sua costruzione accuratamente calcolata al secondo, cade rovinosamente.
Molti anche i riferimenti a romanzi carriani, di cui
nella traduzione italiana non si fa menzione, e se se ne fa, si compiono anche
marchiani errori: è il caso di quando Edgar uccidendo il vecchio zio
trapassandogli il collo, ridacchiando, si ricorda di una scena simile in “Carr’s
The Bride of Newgate” (in La Sposa di Newgate di Carr); ma la Brinis
legge non Bride ma Bridge e così “la sposa”
diventa “il ponte” di Newgate !!!!
Insomma….
Pietro De Palma
Che gusto c'è a tagliare tutti i riferimenti (o quasi) carriani in un racconto che si intitola L'uomo che leggeva Dickson Carr? Forse non volevano anticipare particolari di libri che magari non erano tradotti? Spero di recuperarlo, intanto le chiedo se quello relativo a Chesteron è stato mai tradotto in italiano. Grazie di tutto come sempre. G.
RispondiElimina