Il
romanzo di Carr risale al 1960. In origine questo romanzo in Italia era
stato pubblicato da Editrice Ellisse col titolo “E adesso, Dottor
Fell?”.
La prima edizione Mondadori fu allestita nel 1992 per Il Giallo, con
la traduzione di Mauro Boncompagni, una delle prime che lui realizzò per
Mondadori.
Eva Eden è un’attrice famosa, ma lo diventa maggiormente quando,
nella Germania nazista, fa propaganda al regime. Fidanzata di Hector
Matthews, viene invitata con lui a Berchtesgaden, nel Kehlsteinhaus di
Adolf Hitler. Mentre è lì, Matthews, un bell’uomo alto, ma che non ha
mai sofferto di vertigini , cade dalla terrazza, sfracellandosi nel
burrone sottostante. E’ evidente che si tratti di incidente, perché non
ci darebbe stato alcun motivo per suicidarsi, e per di più Eva era
distante qualche passo da lui come i testimoni Gerald Hathaway e Paula
Catford, pure lì affermano, cosa del resto suffragata dai gerarchi
nazisti lì presenti. Che però avrebbero avuto validi motivi per mentire e
fare un favore alla bella Eva, che alcune voci dicono sia stata la
causa della morte di Mathhews.
Anni dopo, Eva, che si è sposata nel frattempo col famoso attore
Desmond Ferrier e vive a Ginevra, vorrebbe togliere definitivamente ogni
chiacchiera maligna sul proprio conto. Ecco perché invita i due
testimoni del lontano episodio del 1939 di Berchtesgaden. E invita anche
Audrey De Forrest, di cui è infatuato il figliastro di Eve e figlio di
Desmond. Audrey in realtà ha accettato la corte di Philipp quasi per
ripicca nei confronti di Brian Innes, un pittore che vive a Ginevra, che
non vuole riconoscere di esserne innamorato e che è amico del padre di
lei, il quale, conoscendo la sinistra fama di Eve, chiede a Brian di
impedire che la figlia accetti l’invito di Eve. Infatti lui è uno di
coloro che credono Eve essere stata la causa della morte di Matthews, ed
ora stranamente gli altri due invitati sono quelli che erano presenti
diciassette anni prima alla morte dell’attore. Audrey non accetta e
parte per Ginevra. Quando Eve Ferrier va all’Hotel du Rhône, dove Innes
sta cenando con Sir Gerald Hathaway, avviene uno strano incidente: una
bottiglietta che dovrebbe contenere profumo, contenuta nella sua borsa,
in realtà contiene, a sua insaputa, acido solforico. L’indomani di
questo strano incidente, ne avviene uno ben più grave, quando Eve, nella
sua villa, cade da un alto balcone, sfracellandosi nel burrone
sottostante, come se fosse stata buttata da qualcuno; solo Audrey è
vicina, ma non tanto da averla spinta. Stranamente questa morte ripete
quella di Matthews.
Desmond Ferrier, il marito di Eve, padre di Philipp ha nel frattempo
chiamato Gideon Fell, suo amico a sbrogliare la matassa, cosa che il
mastodontico Fell farà non prima che un attentato da parte di un
personaggio mascherato, ne L’antro delle Streghe, un caratteristico
locale di Ginevra, abbia mancato per un soffio Audrey.
Classico romanzo di un Carr già acciaccato da problemi di salute, non
è incentrato su una Camera Chiusa, come suo solito, ma su un’
affascinante variazione del delitto impossibile: ossia come sia
possibile uccidere a distanza e con che arma, senza lasciare traccia, e
facendo in modo che tutto lasci pensare che si tratti di un incidente.
Questa variante di delitto impossibile era stata già vagliata da Carter
Dickson, pseudonimo di Carr, precedentemente, nel 1939. E proprio il
1939, diventa il trait d’union tra il romanzo di oggi ed uno di ieri,
tra John Dickson Carr e Carter Dickson, tra le due facce di una stessa
medaglia. E’ come se Carr, cinquantatreenne, avesse voluto riprendere un
discorso, riaffermando la sua identità, e legando In Spite of Thunder a
filo doppio con l’altro: The Reader Is Warned, Lettore, in guardia !,
un romanzo della serie di Henry Merrivale, in cui si dibatte se è vero
che un assassino possa uccidere a distanza, realizzando il cosiddetto
“delitto perfetto”. Ma, come due romanzi sono legati attraverso il
tempo, così anche nello stesso romanzo presentato oggi, due delitti si
ripetono nel tempo, parrebbe alla stessa maniera: infatti, attraverso il
delitto attuale, si reitera il ricordo di un altro accaduto nella
fiction nello stesso anno in cui Carr/Carter Dickson aveva pubblicato il
suo romanzo, appunto il 1939.

Ovviamente Carr ci sguazza in situazioni di alterazione storica, di
flash-back: ha modo di inventare un contesto plausibile, di descriverlo
con colori vividi e di far calare il lettore in un’atmosfera ancora una
volta unica: quella della Germania nazista, pochi mesi prima
dell’invasione della Polonia. Secondo me, Carr è stato il più grande
romanziere storico di genere poliziesco, mai nato. La sua tecnica è
diversa da quella seguita più comunemente oggi, almeno in Italia: mentre
oggi più che altro si affermano gli artisti e letterati detectives
(Leonardo Da Vinci, Dante Alighieri, Pico della Mirandola) in
Inghilterra c’è ancora il Giallo storico, derivato da Carr, quello cioè
in cui viene ricreata l’ambientazione, fedele il più possibile, in cui
si muove un certo personaggio: è il caso seguito in
The Devil In Velvet, oppure in
The Witch of the Low Tide,
e in quei tutti romanzi quasi tutti senza personaggio fisso, in cui
Carr ricrea mirabilmente un certo avvenimento storico (a questa
impostazione è fedele da noi, Comastri Montanari più che altro).
Tuttavia, Carr, nel romanzo che presento, crea una sintesi: allaccia il
passato al presente, e lo fa attraverso la rievocazione storica di
taluni personaggi: ricrea così il tempo immediatamente antecedente
all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Come fa? Introduce un certo
ambiente (nel nostro caso è il Nido d’Aquila di Adolf Hitler, la
Kehlsteinhaus, a Berchtesgaden, sulle Alpi Bavaresi, il famoso rifugio
di Hitler su un picco delle montagne ( dotato di un ascensore personale )
in cui il dittatore riceveva di solito rappresentanze (Mussolini glielo
dotò di camino adornato di marmo rosso italiano). E lo fa in maniera
suggestiva. Mette persino intorno a Eve e Matthews, sulla terrazza –
quella che si vede in alcune foto d’epoca con Hitler, Eva Braun, Gobbels
– lo Scharführer Hans Johst con alcuni altri personaggi minori nazi .
Ora che Hans Johst fosse o meno Scharführer non lo so né gli fosse
stato conferito il grado come una sorte di riconoscimento ( era il primo
grado di ufficiali delle SA e poi uno dei gradi più bassi delle SS, una
specie di Sergente) ma è certo che Hans Johst non è un soggetto
inventato: infatti Johst fu nella Germania nazista quello che nel
regime sovietico fu Majakovskij, ossia il poeta di regime.
E’ bene dire che anche il modus operandi dell’assassino, il suo
strumento di morte, l’arma cioè, per quanto impropria e già introdotta
in un radiodramma del 1942, già prima che Fell chiarisca come abbia
fatto l’assassino ad uccidere a distanza ( il modo và detto è quantomai
carriano perché carico di suggestioni) viene annunciata in tono
sommesso, come se Carr desse al lettore attento un indizio su come
indirizzare la sua indagine, sottovoce. Infatti a pag. 122 dell’edizione
del 1992, Carr fà raccontare la storia di un celebre delitto, per cui
la Svizzera è famosa, quello dell’Imperatrice Elisabetta d’Austria, nel
1898, a Paula Catford: l’imperatrice fu pugnalata da uno stiletto così
sottile che non si accorse di esserlo stata, e così camminava non
sapendo di essere virtualmente già morta: infatti lo stiletto aveva
trapassato il cuore e il polmone, determinando una emorragia interna
importante, cosicchè di lì a pochi istanti la vittima morì non
sapendolo. Ora, attraverso questa rievocazione, a parere mio, Carr
fornisce subdolamente, un indizio importantissimo al lettore attento. E’
come se dicesse: “guarda, anche in questo caso non si tratta di
assassinio a distanza, ma di qualcosa che è stato fatto prima, di cui la
vittima non si è accorta, se non nel momento in cui è deceduta!”. E nel
ricordare il famoso delitto di Ginevra, Carr ancora una volta fa un
flash-back, riprende, cose di cui aveva parlato anni prima.
Come nel mio primo breve saggio pubblicato sul Blog Mondadori, che
parecchi ricordano, incentrato sui primi 4 racconti di Bencolin, mettevo
in luce le affinità tra Bethune e Bencolin, e quindi tra il romanzo del
1972, Deadly Hall e quello del 1930, It Walks By Night (
http://blog.librimondadori.it/blogs/ilgiallomondadori/2009/09/07/la-prima-produzione-di-john-dickson-carr-i-quattro-racconti-di-bencolin/
), così Carr in questo romanzo fa un altro flash-back. Infatti,
ricordando il caso del 1890, è come se stendesse un ponte temporale e
ritornasse indietro nel tempo, quando in
He Who Whispers, 1946(
Il Terrore che mormora ),
aveva parlato di un delitto simile: i giochi di specchi sono sempre in
agguato in Carr! Infatti in quel romanzo del 1946, si parla di un
Dottor Georges Antoine Rigaud, che avrebbe dovuto tenere una conferenza
su un celebre delitto che coinvolse una famiglia inglese a Chartres, in
Francia, nel 1939 e che poi muore in circostanze a dir poco misteriose,
sul tetto di una torre. Guarda caso ecco di nuovo il 1939. E’ come se
fosse un catalizzatore! E come non riconoscere l’evidentissima
somiglianza tra il Rigaud di
He Who Whispers e il Grimaud di
The Hollow Man?
Non solo. Il gioco di specchi tra questi altri due romanzi è chiaro:
Fay Seton, personaggio presente nel primo dei due romanzi, era stata
accusata dalla calunnia del popolino, di Vampirismo. E guarda caso
qual’è uno dei temi del secondo? Il vampirismo. Che poi ricorre anche in
un radiodramma,
Vampire Tower, titolo che sarebbe dovuto essere quello al posto di
The Hollow Man, se all’inizio della prima stesura fosse seguito un seguito. Invece, come pochi sanno, dopo il falso inizio di
Vampire Tower,(
il romanzo, non il radiodramma!) in cui era calato di nuovo Bencolin,
Carr preferì cambiare registro e inserire il Dottor Fell:
“
After the false start in Vampire Tower (which he had rewritten
as The Three Coffins), Carr realized that he could not bring back the
satanic Bencolin who had enjoyed tormenting his prey. The original
Bencolin of Carr’s college stories, however, had been gentle, amiable,
and even a bit shambling. If Bencolin were to come back to life, he
would have to be that original Bencolin” (Douglas G. Greene, John Dickson Carr: The Man Who Explained Miracles, p. 173).
E quale personaggio è presente sia in
The Hollow Man/The Three Coffins, sia in Vampire Tower ? il Dottor Grimaud. E di cosa si parla? Di un’avvelenatrice.
Vabbè che le avvelenatrici sono presenti in gran parte dell’opera di Carr: come non ricordare
The Bourning Court? Guarda caso in
In Spite of Thunder,
cosa pensano coloro che ritengono Eve l’assassina di Mathhews? Che
l’abbia ucciso con un fantomatico veleno (quindi è un’avvelenatrice) che
non lascia traccia. Poi si capirà che il veleno c’entra, eccome, in
questo romanzo anche se Eve non era affatto un’avvelenatrice. Semmai lo
è…
Già, un veleno. Usato per uccidere a distanza. Così il veleno è
l’arma. Ma..come ha fatto ad arrivare a destinazione il veleno se non ne
è stata trovata traccia?
Paul Halter in un suo romanzo ha introdotto proprio il medium usato
da Carr, all’interno di un ambiente soprannaturale unico (sarà il
prossimo Halter che recensirò), per di più lo stesso “tramite” è
menzionato nel titolo. Più non voglio dire.
Ma cos’ha di bello questo romanzo ?
Il pregio del romanzo, non sta tanto nell’atmosfera o nella soluzione
(ripresa da un radiodramma: quanta grazia in quei meravigliosi testi!)
quanto nella menata per il naso del grande vecchio, che confonde le
acque con un sacco di discorsi fuorvianti, in cui si dicono sciocchezze a
non finire: tu pensi chi cavolo possa essere il colpevole, analizzi i
possibili candidati, li elimini uno alla volta (Paula è troppo ovvio;
Audrey ti chiedi cosa c’entra iin tutto questo pasticcio; Desmond
potrebbe esserlo ma poi ti chiedi perchè mai avrebbe chiesto l’ausilio
del dottor Fell, anche se qualche volta il colpevole troppo sicuro fa
intervenire il detective; ti chiedi persino se lo stesso Brian Innes
possa esserlo (strano, il cognome richiama un altro grande scrittore!),
ma non riesci a capire chi sia il vero colpevole, che sta lì
nell’angolo, che confonde le acque con lo strano attentato ad Audrey. E
poi Carr il Grande, estrae dal cilindro un colpevole assolutamente
plausibile e nel tempo invisibile. E si spiegano tante cose. Tra i Carr,
della serie Fell, degli ultimi anni,
In Spite of Thunder è il migliore, senza dubbio. E giustamente è stato riproposto da Mauro, dopo tanti anni.
L’ho riletto qualche giorno fa dopo tanti anni, e il piacere è stato maggiore.
Pietro De Palma