martedì 31 ottobre 2017

Charles Daly King : L'episodio del chiodo e del requiem (The Episode of the Nail and the Requiem, 1935) - trad. Dario Pratesi - in "I delitti della camera chiusa", I Bassotti, Polillo, 2007

Circa un anno fa ancora girava ancora la voce, di cui aveva dato per la prima volta notizia lo stesso Boncompagni sul Blog del Giallo Mondadori, che si sarebbero potuti pubblicare tutti i racconti di Mr. Tarrant di C.Daly King, in uno Speciale apposito. In passato, anni fa, si era fatto per Lovesey, per Carr, per Queen, nei Supergialli; così come talora ancora escono dei numeri speciali del Giallo Mondadori. Quindi sulla possibilità che potesse accadere, nulla quaestio. Poi, però la cosa non ha avuto seguito. Visto che da una parte la sensibilità c'era a tradurre in Italia un must, e visto che poi non se n'è fatto nulla, è chiaro che chi doveva decidere, ha deciso di soprassedere. Ora che a Forte il romanzo mystery degli anni '30-'40  non piaccia, si è capito chiaramente, e che prediliga piuttosto quello contemporaneo, altrettanto chiaramente lo si è compreso. Oddio, non ci sarebbe nulla di male. Ognuno la pensa come crede. E la produzione contemporanea potrebbe essere anche interessante, se rispondesse sempre ad un canone di qualità pari a quella di quegli anni che furono. Cioè in parole povere, se avessimo romanzi di Lovesey, Colin Cexter, Cook, Martin Edwards, Paul Doherty, Paul Halter, Lehane,Bazell, Lansdale, nessuno umanamente potrebbe dire alcunchè.
Ma il bello è che abbiamo altri romanzi, di altri autori, o meglio autrici. Non sono sessista, affatto. Ma oramai Anne Perry ha fatto il suo corso. E lo dice uno che ha i primi suoi venti romanzi. Ma, chi anche è innamorato della Perry, non potrà non riconoscere che le trame sono sempre quelle, e si ripete in continuazione, un po' come i romanzi di Amelia Peabody.
Ora al di là del gusto, forse, dico forse, nella decisione di Forte hanno pesato anche i diritti. Forse. Nonostante ciò al di là delle considerazioni personali, se ci si fosse basati su quelle dei "professionisti storici del Mystery", i racconti di Mr Tarrant di Daly King,  sarebbero dovuti essere pubblicati non fosse anche perchè celebrati  nientepopodimeno che da Ellery Queen.
Fatto sta che i racconti di Mr Tarrant non si faranno più. E allora è necessario cercare di raccogliere quelli che sono almeno stati pubblicati in Italia: i due pubblicati almeno fino a questo momento da Polillo ed uno virtualmente introvabile, legato agli albi della Garzanti degli anni '50.
Originalmente,i racconti di Daly King pubblicati nel 1935 erano otto:
1 - The Episode of the Codex’ Curse

2 - The Episode of the Tangible Illusion
3 - The Episode of the Nail and the Requiem

4 - The Episode of the ‘Torment IV
5 - The Episode of the Headless Horrors 
6 - The Episode of the Vanishing Harp 
7 - The Episode of the Man with Three Eyes 
8 -The Episode of the Final Bargain
Tuttavia alcuni anni più tardi, nel 1944 Daly King fu persuaso da Frederic Dannay (uno dei due cugini Queen, editor del EQMM) a scrivere altre 2 storie per l'Ellery Queen Mystery Magazine: una del settembre 1944 e un'altra del dicembre 1946. A queste due si aggiunse una pubblicata sul mensile Fantasy and Science Fiction nel febbraio 1951 (con lo pseudonimo di Jeremiah Phelan), ed una pubblicata postuma nell' aprile 1979 in quanto scoperta dopo la morte dell'autore, avvenuta nel 1963.
The Episode of the Little Girl Who Wasn't There 
The Episode of the Sinister Invention 
The Episode of the Absent Fish
The Episode of the Perilous Talisman 
Queste ulteriori quattro storie, mantengono molto alti i range narrativi di King; purtuttavia differiscono in modo marcato, in quanto il maggiordomo-dottore Kaoth viene rimpiazzato da un altro maggiordomo sempre orientale ma  filippino.
Perchè Daly King scrisse solo sei romanzi e solo otto storie prima della guerra, e dopo non ne scrisse  più (un settimo romanzo è attestato essere stato scritto ma il manoscritto ad oggi è da ritenere perduto), tranne appunto le quattro storie di cui si è parlato? Edward D. Hoch lo spiega nella sua introduzione dell'antologia di tutte le storie di Mr. Tarrant pubblicate da Crippen & Landru nel 2003: The Complete Curious Mr. Tarrant. A suo parere, la disaffezione a scrivere storie poliziesche nacque nello scrittore dal poco calore con cui vennero accolte in patria. Per Hoch questa disaffezione potrebbe essere spiegata con quella sorta di bizzarria di situazioni, che se incontrò il favore del pubblico britannico, tanto da meritare la pubblicazioine di tutti e sei romanzi presso Collins, non altrimenti fu accettata sempre calorosamente in America: per definire il tipo di storie, del resto Hoch usa il termine "too landlish" (=troppo strane).
I due racconti pubblicati da Polillo sono tratti dalle prime otto storie, mentre quello pubblicato sugli albi della Garzanti, è tratto dalle addizionali quattro storie.
Dei due pubblicati da Polillo, il più interessante e il più famoso è quello "del chiodo e del requiem", che è una Camera Chiusa che più chiusa non si può. Per certi versi è una delle camere chiuse più chiuse che vi siano mai state, e questo è il suo limite, sia in un senso che nell'altro. Cosa significa? Beh, forse è meglio dire quale sia la trama.
Mr. Travis Tarrant, e il suo amico e narratore Mr. Jerry Phelan, sono alle prese con un caso impossibile. Nell'attico di un palazzo, dove si trovano a parlare con l'amministratore, un antennista ha avvertito che c'è della musica che esce ad alto volume da una casa in cui sembra non esserci nessuno: il bello è che dovrebbe esserci invece, almeno una ragazza che è stata accompagnata sopra, e che non è stata vista allontanarsi. La musica che si ode, è quasi il presagio che qualcosa di luttuoso è avvenuto: è infatti un requiem, il Requiem di Palestrina.
L'attico è un guscio di cemento e vetri, in cui tutte le uscite, finestre e lucernario sono chiuse dall'interno; e così lo è anche la porta di entrata, con un catenaccio. Il passepartout dell'amministratore non funziona  essendo chiusa la porta dall'interno col catenaccio. Ma, per quanto strano, il padrone potrebbe essersi addormentato: è un pittore, Michael Salti, che non ha mai dato problemi agli altri condomini da quando un anno prima è venuto ad abitare. Così Tarrant si arrampica e cerca di guardare dal lucernario, che da luce al grande studio del pittore. Quello che vede però lo costringe a intimare all'amministratore dello stabile, di chiamare la polizia al più presto. Infatti, quando assieme ad un agente dipolizia, sfondano la porta, trovano una donna completamente nuda, oscenamente esposta su un divano e uccisa per mezzo di  pugnale che l'ha trafitta al petto, e che ancora è conficcato sotto il seno sinistro.Ai quattro lati del divano, quattro candele accese, completano la scena macabra.
La donna, nota negli ambienti cittadini, come una ragazza disinibita di facoltosa famiglia, ha portato alla rovina più di un uomo, da quando si è presentata un anno prima alla società perbene della città. Quindi, che prima o poi potesse finire male, non è un dato sul quale interrogarsi. Ci si interroga invece su uno più stringente: è un fatto che qualcuno la donna deve pur averla uccisa. Non solo: l'ha anche dipinta, nella posa straziante. E ha piantato un chiodo, laddove nel cadavere è infisso il pugnale. E per di più ha pure ritratto il sangue uscito copiosamente dalla ferita. L'opera di un pazzo, certamente pensa Tarrant. Ma un pazzo che deve aver escogitato un piano perfetto ed un trucco di altissimo ingegno se gli è riuscito di scappare da una stanza da dove non sarebbe potuto uscire neanche uno spillo. E volatilizzarsi, giacchè nessuno per di più l'ha visto uscire.
Tarrant tuttavia nota dei particolari di cui non riesce a capacitarsi: la presenza di un buco in un asso del pavimento, che corrisponderebbe al foro di un chiodo, come quello usato per forare la tela sul cavalletto, e il fatto che il cavalletto non dovrebbe stare dove è lecito che sia, cioè di fronte al divano, su cui giace il cadavere, ma è girato, dove non c'è ragione che stia, anche perchè il lucernario, anche questo sbarrato dall'interno, la funzione la possiede in qaunto la luce che da esso penetra, dovrebbe illuminare proprio il posto dove il cavalletto è presumibile che in un primo tempo fosse, da cui poi invece è stato spostato.
Tarrant si chiede questo, ma non riesce a venirne a capo. Potrebbe supporre che l'assassino si sia nascosto da qualche parte, per esempio sotto il pavimento, ma oltre quello che trovano nel bagno, non c'è nulla di simile nel resto dell'appartamento: sotto la vasca, sono state tolte delle assi de pavimento cosicchè c'è un buco, che si apre su una intercapedine che c'è tra il soffitto dell'ultimo piano dello stabile e l'attico propriamente detto. In uno spazio di settanta centimetri, un uomo potrebbe starvi nascosto: ma lì trovano solo polvere e sudiciume.
Tuttavia cosa stanno a farci un buco sotto la vasca, un asse del pavimento in cui è stato infisso un chiodo che poi presumibilmnente è stato infisso nella tela, e perchè il cavalletto è fuori posto?
Sono domande che sono senza risposta. Tuttavia il buon senso vorrebbe che se nessuno è uscito da quell'attico, l'assassino stia ancora lì, come sentenzia Katoh,il domestico dottore di Tarrant. E perciò Tarrant vorrebbe che montassero la guardia davanti alla porta dell'attico, due poliziotti e non uno che invece è messo dall'autorità di polizia. Lui ha provato ad utilizzare il grosso chiodo per cercare di svellere l'asse o per pigiarla, utilizzandolo cioè come un pomello, pensando ad una botola nascosta
Fatto sta che la mattina dopo, il poliziotto sembra svanito, anzi qualcuno testimonia di averlo visto uscire alle 3 e mezzo del mattino, e dirigersi verso una tavola calda. E qualcosa è avvenuto di strano: qualcuno ha tolto il chiodo dal quadro, per rimetterlo dopo al suo posto. Lo testimonierebbe il fatto che il foro nella tela sia più largo di prima.
Come ha fatto l'assassino a fuggire dall'attico ? E perchè il poliziotto è andato via violando la consegna?
Tarrant risponderà al quesito, scoprendo un secondo cadavere occultato e rivelando il modo come l'assassino si è nascosto.
E' evidente che un nascondiglio dovesse esservi. E siccome, nelle pareti è impossibile perchè sono in cemento, è altresì evidente che un nascondiglio deve essere stato in qualche modo ricavato proprio nel pavimento. Tuttavia il trucco di Daly King è direttamente connesso al perchè sotto la vasca del bagno vi sia un buco e manchino lì delle assi. Il trucco è particolarmente ingegnoso, ed è da mettere in relazione alla presenza di un foro di chiodo in un asse vicino in sostanza al muro dello studio in prossimità del bagno.
Al di là del trucco, che è poi l'anima del racconto, e che spiega anche il perchè il chiodo sia stato tolto e poi rimesso ( e già in questo viene messo ancor più alla prova il ragionamento: come fa l'omicida ad usare il chiodo che è infisso nella tela se egli è nascosto?), è proprio la particolare posizione del cavalletto, girata rispetto a quella iniziale, a fornire la prova che qualcosa debba essere avventio a livello del pavimento. E questo è il solo elemento a cui l'assassino non ha pensato, e quindi è il neo di tutto il piano delittuoso.
E' evidente che ci troviamo nel tipico caso di Camera Chiusa in cui l'assassino non è uscito, e aspetta che qualcuno gli dia la possibilità di uscire: il fatto come avvenga, lo mette in relazione con un altro celebre racconto di camera chiusa - in questo blog già analizzato -The Gemminy Cricket Case  di Christianna Brand, a questo successivo di oltre trent'anni. Probabilmente per come avviene, potrei anche ipotizzare una filiazione diretta del secondo dal primo. Un'altra filiazione da questo racconto potrebbe essere il romanzo di Charles Ashton (1948), Dance for a Dead Uncle, sempre in questo blog recensito:  lì intorno alla bara ci sono quattro candele accese; qui il divano con il cadavere fa pensare ad una bara.

Ma la filiazione principale è di questo racconto da altri soggetti precedenti. Come non parlare di The Big Bow Mystery (1892) di Israel Zangwill? Se questo romanzo cardine non ci fosse stato, altri costruiti sul medesimo espediente, magari variato, non li avremmo letti: da  Le mystère de la chambre jaune (1907) di Gaston Leroux a Whistle Up The Devil (1953) di Derek Smith, da Le petit onzième nègre (1977) di Jacquemard & Senecal a The Bone Collector (1996) di Jeffery Deaver.
Però l'esistenza di una botola, rappresenta il limite negativo del racconto, laddove il virtuosismo massimo di una camera chiusa sta proprio nel non contemplare botole, che quando presenti non sono funzionali alla  Camera, mentre qui una lo è.
Il racconto testimonia la sua discendenza vandiniana nelle figure dei due protagonisti: Travis Tarrant è nelle corde un'altra specie di Philo Vance, un uomo che pensa di vincere la noia solo risolvendo casi che metterebbero alla prova il cervello di ogni detective che si rispetti, mentre il Van Dine della stituazione è rappresentato da Mr. Jerry Phelan, il narratore, che parla sempre in prima persona, che entra nell'azione ma come soprammobile quasi, che partecipa all'azione in quanto solo testimone e narratore. 
Ovviamente vi è un servitore: questo è un maggiordomo orientale, Katoh, in sostanza una spia giapponese. Nel 1935, è un personaggio che si poteva accettare. Più tardi sarà rimpiazzato da un maggiordomo filippino con identiche caratteristiche: i giapponesi nel periodo bellico erano "i musi gialli". Se pertanto Kaoth nel 1935 si poteva ancora accettare, nel 1944 sarebbe stato impensabile.

P. De Palma



1 commento:

  1. Letto di un fiato, ho trovato immediatamente anche io degli elementi col ben più magistrale Gemmity della Brand.

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