sabato 5 ottobre 2024

Ulf Durling : L’ospite che non arrivò (Gammal ost, 1971) – trad. Monica Bianchi – Il Giallo Mondadori N.2554 del 1998

 

 


 

Ulf Durling è un nome che ben pochi, sospetto, conosceranno. Eppure ha meritato la menzione nel famoso Mystères à huis clos di Roland Lacourbe, nell’appendice, memore del meeting del 2007 cui partecipò anche l’italiano Igor Longo, e che è espresso nel bellissimo articolo, A Locked Room Library,  del mio amico John Pugmire ( http://mysteryfile.com/Locked_Rooms/Library.html ) . Il perchè è chiaro: in quell’elenco, erano riportate le migliori Camere Chiuse, a parere di un pool di esperti. E Gammal ost ha una gran bella Camera Chiusa, non c’è che dire!

Ulf Durling è uno scrittore svedese, nato nel 1940 a Stoccolma e diventato poi, dopo laurea e specializzazione, un famoso psichiatra. Nel 1971 ha provato ad esordire proprio com Gammal Ost ( trad. Formaggio vecchio) che è stato un grande successo, tanto da convincersi a scriverne altri. E’ tuttora vivente. E’ l’unico romanzo che gli ha pubblicato Mondadori

La trama si svolge in un pensionato svedese, laddove dimorano: il tipografo in pensione, fondatore del Club del Giallo, Johann Lundgren; Carl Bergmann, anche lui socio fondatore, e libraio in pensione, e il dottor Nylander, appartenente al club del giallo; Alex Nilsson; il commesso viaggiatore, Johanson; le due insegnanti, signorina Hurting-Olofson e la signora Soderstrom; il maresciallo dell’esercito Renqvist.

Uno degli ospiti della pensione, Alex Nilsson, 52 anni, già dimorante da alcune settimane nella pensione, è trovato morto nella sua camera, chiusa a chiave dall’interno: giace “completamente vestito, vicino al letto, come se si fosse ferito battendo la testa contro la spalliera…sangue sul viso e sul davanti della camicia. Sul tavolo..una bottiglia di vino rovesciata ed il vino..sparso sul pavimento…e anche sul viso e sulla camicia di Nilsson” (Prima parte, cap.2 pag.21). Inoltre viene trovato nel cestino della spazzatura un pezzo di formaggio; e sul comodino, un diuretico molto potente, il Diclorotride-K. Inoltre c’è un asciugamano macchiato di rosso (solo vino?).

Però qualcuno ha sentito del trambusto in quella camera la sera prima, come se ci fosse stato un litigio: quindi c’era una seconda persona, anche perchè compare la richiesta della stessa vittima di un cerotto, al Signor Blom, il padrone della pensione: eppure non c’è nessuna ferita, neppure piccolissima sul corpo di Nilsson.

Efraim Nylander suppone che la lite sia finita in tragedia, e che l’assassino non si sia neppure accorto di quanto era accaduto: in sostanza, la morte sarebbe sopravvenuta in un secondo momento, e quindi sarebbe stata la stessa vittima a spegnere la radio, rimasta accesa durante buona parte della notte, richiudere la porta e quindi rimanere quindi soccombere per un colpo già precedentemente riportato; Johann Lundgren invece lega il misterioso visitatore di Nilsson a suo fratello Edvin, che sarebbe stato il responsabile di un avvelenamento mortale da metanolo ( un po’ quello che accadde in Italia tanti anni fa), e che sarebbe ritornato per via di una misteriosa eredità e del resto lo stesso Alex Nilsson anni prima era stato ricoverato varie volte per disintossicazione dall’alcool: sarebbe stato ospite del fratello nella sua stanza al pensionato, senza che nessuno lo sapesse e per farlo avrebbero escogitato un trucco, cioè Alex avrebbe finto di essere zoppo perchè il fratello lo era, e in questo modo sarebbe ro stati scambiati l’uno per l’altro e non ci sarebbero stati problemi. I due avrebbero avuto una lite ed Edvin avrebbe ucciso l’altro fratello. Infine Carl propone la sua teoria: la radio accesa durante la notte, avrebbe significato un modo come un altro per Nilsson di addormentarsi a causa del vino bevuto, perche lui aveva un appuntamento col suo assassino che si suppone sia il marito della figlia: Nilsson ricattava il genero e la figlia. In pratica, secondo questa ultima ricostruzione, ci sarebbero state due visite: la prima casuale di un amicone di Nilsson, con cui si mangia formaggio e si beve vino e durante la quale il visitatore si ferisce tanto da far chiedere a Blom da Nilsson un cerotto; poi questo va via ed ecco che avviene la seconda visita durante la quale il secondo visitatore uccide Nilsson e poi, dopo averlo ucciso con un oggetto contundente, salta dalla finestra, utilizzando come materasso delle coperte prese dalla pensione, che poi riporta furtivamente dentro da una porta secondaria.

La seconda parte del romanzo supporta invece la teoria di Gunnar Bergmann, figlio di Carl, e poliziotto (Vice Commissario), secondo la quale la morte sarebbe stata dovuta a cause naturali : una emorragia cerebrale, non causata dalla botta, ma che avrebbe causato lo sbandamento alla base della botta.

La terza parte infine è quella in cui uno dei tre appassionati, il dottor Nylander, rivede la sua teoria precedente e integrandola con tutte le novità apprese, la rimodula: Nilsson avrebbe avuto precedentemente al suo ritorno in Svezia dall’ America, un attacco apoplettico o una emorragia cerebrale, che avrebbe causato una emiparalisi: da qui il movimento claudicante. Inoltre avrebbe sofferto di pressione alta: lo avrebbe fatto rilevare l’ingrossamento del cuore. Proprio alle sue condizioni di salute sarebbe stata connessa l’assunzione del medicinale trovato sul comodino, un diuretico molto potente, il Diclorotride-K. Come avrebbe fatto a morire di emorragia cerebrale un paziente molto assiduo nell’assumere il medicinale prescritto, per di più molto efficace? Per via di un pezzo di formaggio stagionato e di un altro medicinale del tutto innocuo. Efraim Nylander troverà l’omicida, che ha dovuto agire per proteggere la figlia e il suo matrimonio da un passato che non sarebbe dovuto ritornare, con un’azione delittuosa insime semplicissima ma altrettanto altamente geniale.

In sostanza nel romanzo di Durling, le 3 ipotesi sostanziali fanno capo a tre diverse sezioni del romanzo, che inquadrano ovviamente le stesse verità, secondo tre prospettive ed inquadrature diverse:

  1. La prima, elaborata da tre appassionati di Mystery classico, mette in primo piano il fatto che la porta fosse chiusa dall’interno e quindi si dovesse in sostanza spiegare un Mistero di Camera Chiusa: questa prima teoria viene di volta in volta supportata da tre diverse ipotesi che recano a tre diversi postulati accusatori e quindi a tre possibili soluzioni diverse ;
  2. La seconda, approntata da un ufficiale di polizia, figlio di Carl Bergmann, che ridicolizza l’azione dei tre investigatori dilettanti, paragonandola a quella di tre vecchi troppo innamorati dei libri, che ragionano sulla base delle letture fatte, perdendosi per strada: la verità sarebbe purtroppo molto più semplice e banale: morte per cause naturali.
  3. La terza sviluppata da uno dei tre investigatori, il medico, eliminando le ipotesi più fantasiose, riesce basandosi sugli indizi raccolti, a formulare la soluzione, individuando l’omicida, un altro anziano.

Il romanzo è il pretesto per confrontare e raffrontare 3 diversi modi di vedere le cose: lo stesso fatto, con l’aggiunta o la mancata visione di determinati particolari, è passibile di tre distinti, separati e contrastanti giudizi, tre diverse ipotesi con altrettante diverse individuazioni dei responsabili: In sostanza Ulf Durling sviluppa, alle estreme conseguenze, il confronto/scontro presente ne “I tre investigatori” di Leo Bruce, laddove i tre investigatori non sono quelli dei romanzi omonimi pubblicati da Mondadori negli anni settanta ottanta (e scritti in origine da Robert Arthur), ma delle parodie di Poirot, Lord Peter Wimsey e Padre Brown, che parlano e si atteggiano come i loro rispettivi riferimenti originali. Del resto non va dimenticato che già in Berkeley, ne Il caso dei cioccolatini avvelenati, diverse esposizioni dello stesso antefatto, svolte da diversi personaggi, avevano portato a diverse ipotesi con individuazione di responsabili altrettanti differenti. E’ il caso ancora di segnalare, come lo stesso procedimento fosse stato adottato ne I Cinque frammenti di George Dyers (The Five Fragments, 1932) , pubblicato da Mondadori ne I Libri Gialli (Palmine) col numero 110 nel 1935, altro straordinario romanzo assai poco conosciuto; uno stesso fatto, che visto secondo la prospettiva diversa di cinque testimoni, rivela diverse angolazioni e verità.

Anzi mi verrebbe quasi da pensare che, siccome nel romanzo trovano spazio molti riferimenti ad autori del Giallo Classico, cui il romanzo è un omaggio (Bentley, Sayers, Carr, Allingham, Christie, Millar, Brand, Milne, etc..), e addirittura un riferimento alla Conferenza del Dottor Fell in The Hollow Man di John Dickson Carr, potrebbe essere benissimo accaduto che piuttosto che prendere ad esempio Case for Three Detectives di Leo Bruce, egli avesse preso come propria ispirazione, proprio The Five Fragments di George Dyers: potrebbe essere valida sia la prima che la seconda ipotesi, poiché se tre sono le sezioni del libro che sottendono a tre diverse formulazioni dell’ipotesi accusatoria, è anche vero che nel primo caso abbiamo tre diverse sotto-ipotesi, che unita alla seconda e alla terza, assommerebbero a cinque.

Nell’ambito del divertissement, che è quello che poi è, il romanzo è per di più scritto in forma parodistica. Non è un caso unico, perchè almeno in tempi molto vicini a noi, altri autori hanno cercato di portare il loro mattone all’edificazione del palazzo del Giallo, scrivendo dei romanzi in cui i protagonisti sono investigatori dilettanti che prendono le mosse dai libri che leggono: così John Sladek, così Isaac Asimov, così Peter Lovesey, cosi…Ulf Durling.

La Camera Chiusa, viene spiegata, solo nelle prime tre ipotesi della prima parte, perchè esse fanno capo ad una idea di assassinio che preveda la presenza diretta dell’omicida assieme alla vittima, mentre nella seconda, non si parla di omicidio perchè è morte naturale, mentre la terza parte pur inquadrando la morte di Nilsson con un omicidio, esso pur scaturito dal tentativo di salvare qualcuno e quindi di evitare il male, lo provoca, con la premeditazione dell’omicidio di Nilsson, che presuppone che l’passassino non sia presente nella stanza quando muore Alex, che chiude lui la porta a chiave dall’interno e poi muore, per una emorragia cerebrale, causata non da eventi naturali ma da un farmaco sostituito e da un vecchio pezzo di formaggio ultrastagionato, il Cheddar, acocmpagnato da una buona bottiglia di vino.

Tutto sommato un romanzo assai interessante, la cui soluzione è presente già nella prima parte, solo che non è sondata a dovere, e in cui la soluzione finale avviene tra lo stupore del lettore distolto da altro, non avendo avuto il modo per metabolizzare quanto letto.

 

Pietro De Palma

mercoledì 2 ottobre 2024

Richard Forrest : Identikit per un delitto antico ( A Child’s Garden of Death, 1975) – trad. Oriella Bobba – Il Giallo Mondadori N. 1470 del 3 aprile 1977

 

 

 

Molti anni fa, uno Speciale del Giallo Mondadori,dal titolo “L’Ultima Sfida” (N.21 del Luglio 1999) presentò 2 romanzi della Camera Chiusa: uno già famoso ai lettori italiani, “Gideon Fell e la gabbia mortale” (The Problem of the Wire Cage, 1939), di John Dickson Carr;  ed un altro assai meno noto, “Identikit per un delitto antico” (A Child’s Garden of Death, 1975), di Richard Forrest. Tale romanzo, era stato pubblicato, ventidue anni prima, nella Collana Il Giallo Mondadori, col numero 1470, e siccome aveva registrato un buon successo, era stato seguito da  altri romanzi di Forrest 
Questo romanzo fu inserito nella lista delle 99 migliori Camere Chiuse, proposta come appendice a Mystères à Huis Clos (Mysteries In Camera) Omnibus 2007, di Roland Lacourbe.
Ma chi era Richard Forrest?
Poche e scarne le notizie su di lui..
Richard Stockton Forrest,nacque l’8 maggio del 1932. Discendente di Richard Stockton , un firmatario della Dichiarazione d’Indipendenza, fu un dirigente assicurativo prima di diventare uno scrittore a tempo pieno. Visse a Old Saybrook, Connecticut, con la moglie e tre figli. In seguito si trasferì a Charlottsville, Virginia, dove morì il 14 marzo del 2005, all’età di settantadue anni.
Who Killed Mr Garland’s Misteress?, romanzo pubblicato nel 1974, senza personaggio fisso, fu  nominato per un Edgar Speciale nel 1975, come “Best Paperback Original“. Utlizzò anche gli pseudonimi di Stockton Woods, Lee Evans, Rebecca Morgan.
Scrisse più di 24 romanzi – pubblicati in USA, UK, Giappone, Italia, Finlandia, Francia, Germania e Svezia – 8 dei quali basati sulla coppia Lyon e Bea Wentworth, di cui A Child’s Garden of Death, 1975, fu il primo.
Lyon Wentworth, è una figura emblematica di detective: scrive libri per bambini, ama errare per i cieli sul suo piccolo pallone aerostatico (mentre la moglie trema di paura) ma nello stesso tempo ama risolvere degli enigmi.
Non v’è l’introduzione tipica dei romanzi britannici, che descrive l’ambiente in cui si muovono i personaggi tra i quali matura il delitto, ma il romanzo comincia nel momento in cui vengono trovati i resti dei corpi: è da questo momento che comincia l’indagine investigativa.
In una fossa, sulla collina vicino a una strada, nel territorio attorno alla città di Murphysville, vengono ritrovati i tre scheletri di un uomo, una donna, e di quel che sembra una bambina. Accanto al piccolo scheletro vengono ritrovati i resti imputriditi di una bambola con dei pattini, probabilmente una delle bambole che rappresentavano la famosa pattinatrice Sonja Henie.
Tuttavia qui finiscono le tracce. E cosi, il capo della polizia locale, Rocco Herbert, chiama in suo aiuto Lyon Wentworth, un amico scrittore di libri per bambini, che si diletta in investigazioni.
Dai temi della guerra in Corea i due si conoscono: il poliziotto era allora un capitano dei Ranger, mentre Lyon era un agente dello spionaggio dell’esercito, impegnato in operazioni in Estremo Oriente; da allora son stati sempre insieme. Proprio Lyon suggerisce la pista da seguire: per lui questa bambola, costituisce la spia di quando il delitto fu consumato: almeno trenta, trentacinque anni prima. Infatti, tale bambola, anche piuttosto costosa a suo tempo, era di moda agli inizi degli anni ’40; per di più, il costo della stessa, convince che si trattasse di una famiglia non di poveracci.
Rocco, che intravede la possibilità di riuscire a risolvere un caso importante senza interessare la Polizia dello Stato del Connecticut, alletta la curiosità dell’amico, che è piuttosto restio a farsi coinvolgere, facendo leva sul fatto che la bambina, che trent’anni prima era stata uccisa, dovesse aver avuto più o meno la stessa età della figlia di Lyon, nel momento in cui era morta, anni prima.
Lyon si mette al lavoro: non capisce per quale motivo l’omicida avrebbe dovuto trascinare tre cadaveri per una salita scoscesa esponendosi al rischio di essere visto. Per questo, volendo esaminare il territorio, fa una passeggiata “fra le nuvole”: con un pallone aerostatico che possiede, sorvola il terreno, scattando delle foto, prima di finire su un par, durante una partita di golf. Esaminandole assieme al poliziotto, scopre che l’assassino avrebbe potuto trasportare i tre cadaveri direttamente sulla cresta delle collina attraversando una strada che era servita tempo prima per il trasporto di tronchi e che la collegava al lago: proprio facendolo dragare, successivamente vengono trovate un’automobile del 1938 ed una roulotte dello stesso tempo, che confermano le ipotesi di Lyon circa il tempo del triplice delitto.
Tuffandosi nel lago ed esplorando al suo interno la roulotte, scoprono un libro infracidito con una parola ancora leggibile sulla copertina: “Das”; due servizi di piatti diversi, che rimandano a costumanze ebraiche; un set di strumenti di precisione, da tecnici stampisti, e da ciò ricavano che chiunque avesse usato quella roulotte sarebbe dovuto essere un operaio specializzato, ebreo, di origini tedesche, quindi emigrato in America, probabilmente impiegato da quelle parti, ad Hartford. Basandosi su queste tenue supposizioni, ricostruiscono l’identità del tecnico ucciso assieme alla moglie e alla figlia; di come fosse diventato un elemento di spicco nelle officine aeronautiche trent’anni prima per il suo attaccamento al dovere; ma anche di quanto incorruttibile fosse: si chiamava Meyerson. E guarda caso una famiglia Meyerson risultava scomparsa nel 1943: lui aveva lavorato presso la Houston Company e aveva lasciato in banca un conto in banca di tremila dollari senza che nessuno mai si fosse presentato a ritirarli.
Padrone della piccola industria al tempo, poi diventato un magnate delle industrie aeronautiche, è Asa Houston: egli si mette a disposizione della polizia. E dà ordini ai suoi collaboratori di rispondere a tutte le domande della polizia: è Graves, un suo collaboratore, a fornire dei rilievi importanti: Meyerson era stato caporeparto. Un tizio in gamba. Ma poi – dopo una rissa con un altro caporeparto di nome Bull Martin – era andato via dalla città; e lui, Graves, era diventato a sua volta caporeparto.
Ricostruendo la storia di Martin, ipotizzano che questi avrebbe potuto avere una relazione sessuale con la moglie di Meyerson e da qui fosse originata la zuffa.
Martin è proprietario di un ristorante con annesso night, nel quale si svolgono spettacoli di strip-tease, ma anche orge. Rocco interroga Martin, restio a fornirgli informazioni, ricorrendo anche alle maniere forti e ottiene la confessione che sì lui aveva conosciuto Meyerson, e che si era portato a letto la moglie. Rocco, che si illude di avere per il mattino seguente la piena confessione di Martin, nella notte finisce investito da un’auto pirata, e si trova a combattere contro la morte. Toccherà poi allo stesso Lyon, essere sparato da un ignoto killer armato di un fucile: Lyon, per il rotto della cuffia, scamperà alla morte, e riuscirà persino ad uccidere il suo assalitore, scoprendo che si tratta di Martin.
Tutto finito? Per Rocco sì: secondo lui è stato Martin a tentare di ucciderlo e ad aver tentato la stessa cosa con l’amico, perché aveva ucciso lui i Meyerson. Per Lyon invece la verità è più complessa: Martin in punto di morte non gli ha confessato di aver ucciso Meyerson e famiglia, ma solo di aver avuto una relazione extraconiugale con la moglie di lui e di aver cercato di massacrarlo di botte molti anni prima. Solo questo. In verità i suoi sospetti su un possibile ricatto di Bull Martin si rafforzano allorché la moglie di Asa cerca in tutti i modi, ricompensandolo con 5000 dollari, di chiudere la faccenda, tentando di fargli accettare che proprio Bull Martin fosse stato ad uccidere i Meyerson. Questo tentativo di corruzione, lo convince a investigare più a fondo, scoprendo che l’industria di Asa, trent’anni prima costruiva motori per aerei caccia e bombardieri.
Dopo indagini serrate, Lyon scopre una vicenda di corruzione, che aveva riguardato una commessa per l’aeronautica militare, risalente al tempo in cui la famiglia Meyerson era stata trucidata, di motori di aerei, risultati poi difettosi. E, partendo dal fatto che Martin anni prima, fosse riuscito un bel giorno, così quasi per incanto, senza aver mai avuto il becco di un quattrino, a creare un ristorante dal nulla, disponendo subito di molti soldi, Lyon ricostruisce un ricatto. Chi Martin avrebbe potuto ricattare?
Prima che possa arrivare all’identità del ricattato, Lyon scopre un altro ricattatore: Cyprus Coop, un ispettore governativo, che aveva preferito non rivelare che i motori dei B-24 fossero difettosi, in cambio di soldi datigli da Asa, tanti da acquistare una bella villa ed uno yacht. A distanza di tanti anni, Coop, che era stato già contattato da Lyon a proposito del suo incarico governativo presso le Industrie Houston durante la guerra, rivela di aver estorto ad Asa, un assegno extra: Coop ha un tumore maligno e sa di essere alla fine, ma la moglie non lo sa. Egli le vuole risparmiare quello è il suo calvario; e per non soffrire, in alto mare, fuori da sguardi indiscreti, assume morfina. Con i soldi extra di Asa, vorrebbe assicurare alla moglie qualche anno di serenità economica.
Asa è l’assassino dei Meyerson? Messo in difficoltà dalla ricostruzione di Lyon, Asa ammette che aveva tentato invano di pagare il silenzio di Meyerson, ma nega di esserne l’assassino. Purtuttavia è pronto a fare qualsiasi cosa perché il nome degli Houston non venga infangato, e che non abbia a risentirne la bella moglie Helen, già ingegnere presso la sua stessa compagnia.
Lyon lo aggredisce ma viene cacciato dalle guardie della sicurezza.L’indomani mattina Lyon apprenderà che Asa si è ucciso: è stato trovato con una pistola accanto, ed un registratore in funzione con quello che pare un testamento spirituale, nella suo studio chiuso dall’interno.
Lo studio ha due ingressi: quello principale ed uno secondario, entrambi chiusi. Proprio la porta chiusa dall’interno esclude che sia avvalorata altra ipotesi, quella dell’omicidio. Ma un rumore sospetto durante la registrazione del nastro, convince Lyon di un abilissimo tentativo di depistaggio e quindi dell’ipotesi più remota, di omicidio.
Come avrà fatto l’omicida a uscire dalla stanza? E chi sarà mai?
In un finale convulso, verrà prima ipotizzata una spiegazione altamente tecnologica della Camera Chiusa, poi un’altra meno d’effetto, ma definitiva, che inchioderà il vero assassino.
Romanzo veramente notevole, l’opera prima del ciclo Lyon & Bea Wentworth, di Richard Forrest, è un romanzo ibrido, che mischia azione e indagine, hard-boiled e giallo classico, in un connubio senza sbavature, di forte intensità.
La trama, serrata, si snoda senza pause: per essere una delle sue primissime opere, la riuscita è veramente eccezionale. Non so se il ritmo forsennato, in talune sezioni, sia stato raggiunto, eliminando, in un secondo tempo, delle parti ritenute inutili oppure scrivendo il tutto, di getto. Certo è che lo sviluppo del plot si snoda su una girandola di trovate che lasciano il lettore assolutamente incapace di formulare una qualche ipotesi personale, tanto l’azione investigativa è rapida e nello stesso tempo risolutiva.
Parrebbe che lo stile fosse quello di un Pronzini già maturo, o anche di un Kaminski, scrittori in cui l’Hard-boiled di fondo si sviluppa su una base ancora classicamente Mystery: solo che in questi autori, spesso si nota una certa auto-ironia ed un umorismo sottile, che stemperano il dramma narrato. Nel romanzo di Forrest, invece, l’umorismo e l’ironia mancano del tutto: è la rappresentazione di una tragedia, con un prologo, uno sviluppo ed una conclusione altrettanto drammatica, in cui il dolore, la rabbia, la volontà di fare giustizia, sono espressioni cieche sorte alla vista dei resti di una bambina, a cui, come quella di Lyon morta anni prima, è stata negata l’infanzia e la vita. Del resto tra i due, solo Pronzini ha cominciato a scrivere prima del romanzo di Forrest. Ma siccome la prosa di Forrest è molto dolente, sembrerebbe derivata, a mio parere, più da quella di Jonathan Latimer, autore che mischiava azione ad una detection di stampo classico, e in cui mancava qualsiasi umorismo ed anche autocompiacimento. Tuttavia il Crane di Latimer era un detective privato ancora parecchio hammettiano, che risolveva enigmi per campare; il Lyon Wentworth di Forrest, invece, non risolve misteri per vivere, ma più per pensare ad altro che non ai suoi tristi ricordi.
Per di più la Camera Chiusa, intorno alla quale non gira l’intero romanzo, ma solo la sua conclusione, è veramente notevole: non solo per la sua complessità, con una soluzione sbagliata che porterebbe all’individuazione di un certo assassino, seguita dalla soluzione esatta, che reca invece all’individuazione di un diverso colpevole, questa volta giusto; ma anche per la natura stessa della tecnica della soluzione. Ci troviamo dinanzi, ad una soluzione iper-tecnologica, che proprio per la sua complessità verrà poi accantonata, sulla base di una contro-deduzione che metterà in luce come la vittima avesse già previsto la possibilità che la porta potesse essere aperta e violato il suo studio con tutti i suoi segreti, e che pertanto avesse schermato la porta contro un tentativo del genere; e che verrà invece seguita da una soluzione molto più semplice, ma nel tempo stesso che non avrà alcuna falla nella sua costruzione. Soluzioni di questo genere, create per spiegare Camere altamente tecnologiche, verranno anni dopo elaborate da Herbert Resnicow: in Forrest ne troviamo la prima espressione.
A ragione, mi vien da dire, venne inserita nella Lista di Lacourbe!

Pietro De Palma