Si chiamava
Leo Wollemborg Junior,
ed era figlio di Leone Wollemborg, un ricco economista di origini
tedesche che era stato Ministro delle Finanze del governo Zanardelli nel
1901 e senatore a vita dal 1914, e di Alina Regina Fano, sorella del
matematico Gino Fano. Nacque a Loreggia, in provincia di Padova (ma
secondo alcune fonti, tra cui un arbitrato internazionale tra USA e
Italia, pare che potesse essere nato a Roma) nel 1912, e a Padova seguì
gli studi, iscrivendosi all’università e diventando più tardi
giornalista. Nel 1932 scrisse il romanzo
Elena. Qualche anno dopo
consegnò alle stampe il suo unico romanzo poliziesco, la più bella
Camera Chiusa italiana degli anni ’30, che Mondadori pubblicò ne
I Libri Gialli nel 1935, con il titolo
Il mistero dell’Idrovolante, anche se in realtà il titolo originale era
Il mistero dell’Idroplano: per l’occasione Leo Wollemborg J. utilizzò lo pseudonimo di
Franco Vailati. Riparato
in America nel 1939, dopo la promulgazione delle leggi razziali in
Italia, in quanto ebreo, e poi diventato cittadino americano prima e
soldato americano dopo (combattè nella seconda Guerra Mondiale), ritornò
in Italia negli anni ’50 , in come corrispondente del Washington
Post, occupandosi di Politica estera e collaborando anche con testate
italiane. E’ morto nel 2000 a New York. La “Columbia University” ha
instituito in suo nome una borsa di studio. Scrisse saggi, tra cui
Stars, Stripes And Italian Tricolor: The United States And Italy, 1946-1989.
Il Mistero dell’Idrovolante è una complessa Camera Chiusa che rende omaggio al romanzo deduttivo in voga negli anni ’30.
Il DORNIER-WAL 134 è il più grande degli idrovolanti di ultima generazione ormeggiati alla foce del Tevere, ad Ostia, e “
per
ampiezza, comodità e perfezione tecnica, poteva realmente rivaleggiare
con i migliori modelli in servizio sulle linee straniere” (pag.7): è
utilizzato sulla tratta di mare Ostia-Palermo, per portare 15 persone a
bordo (dodici passeggeri, due piloti, ed un meccanico che può
necessitare per interventi di necessità ed emergenza).

Il
giorno 12 luglio, sta per partire dall’Idroporto, quando arriva un uomo
trafelato: è il Rag. Larini, e deve arrivare in tempi strettissimi a
destinazione per trattare un importantissimo affare per la Banca di cui è
dipendente, la Banca Metropolitana, ma non c’è più posto sul velivolo,
come gli viene più volte ripetuto dagli impiegati. Pertanto corrompe il
meccanico in servizio sul DO -WAL 134, con una grossa somma, e quello
accetta di cedergli il posto in cabina, al fianco dei due piloti, mentre
lui farà il viaggio nel deposito bagagli. L’idroplano sta per prendere
il volo ma manca l’ultimo passeggero che arriva trafelato: è il
banchiere Agliati, un tipo con dei baffi ed una bella pancia. Prende
posto nel velivolo e questo parte. Nulla di rilevante: i passeggeri
cominciano a prendere conoscenza, almeno alcuni di loro. A bordo c’è
anche il giornalista Giorgio Vallesi, che è sul velivolo per scrivere
per conto del suo giornale, un articolo di colore proprio sulla
traversata di codesto aereo, vanto dell’Italia. Oggetto dei suoi sguardi
interessati è la bella Marcella Arteni, che sembra corrispondere; e poi
c’è una strana signora che attira i suoi sguardi, tale Vanna Sandrelli,
per il fatto che pur vestita elegantemente di rosso, ha con sé
stranamente una borsa color verde, che stride notevolmente con l’abito
di Ventura, ed è per giunta stranamente nervosa. Gli altri passeggeri
sono: una coppia, i coniugi Martelli; tre mercanti di campagna:
Marchetti, Sabelli e Bertieri; e tre personaggi di rango politico: un
pezzo grosso del Ministero degli Esteri e i suoi due segretari.
Uno dei mercanti, Sabelli, si alza e va
al bagno: è un piccolo locale di un metro quadrato di ampiezza e un
metro e settanta d’altezza, un buco in sostanza, con un gabinetto, ed ha
un piccolo finestrino sul soffitto per aerare. Dopo di lui, si alza
Vallesi che fa una passeggiata sino alla cabina di pilotaggio, separata
da una porta a vetri, e ritornato dai suoi compagni di viaggio, annuncia
che a bordo c’è un quasi clandestino, il Rag. Larini, che viaggia
assieme ai due piloti, avendo corrotto il meccanico, che ora sta nel
vano bagagli, perché gli cedesse il suo posto dietro ai due piloti, e
aggiunge scherzosamente che è parecchio grasso, e potrebbe il suo peso
compromettere il tonnellaggio dell’aereo. Tutti non ci fanno caso: solo
il banchiere Agliati, che è pure grasso lui, sembra preoccupato: si alza
e va al bagno. Dopo un po’ si vede uscire dal vano bagagli un uomo in
tuta, il meccanico, che va in cabina di pilotaggio e poco dopo ne
ritorna portando un involto. Intanto, un altro mercante Marchetti va al
bagno: aspetta, poi ritorna indietro; poi di nuovo, finchè sbotta
rivolto ai compagni sul fatto che il banchiere si sia chiuso nel bagno e
non ne esca nonostante sia passata mezzora. Preoccupato Vallesi bussa
ma non ottiene risposta, cerca di aprire la porta ma è chiusa, e così
devono avvisare il comandante, che decide allo scalo previsto a Napoli,
di cercare di portare aiuto al banchiere: ma, qual è la sorpresa di
tutti quando, sfondata la porta, che risulta essere chiusa dall’interno
da un chiavistello, trovano il vano completamente vuoto: dov’è finito il
banchiere Agliati? Volatilizzato nel cielo attraverso la finestrella,
oppure spinto giù fra le nuvole attraverso lo scarico del WC? E
qualsiasi sia stata la sua meta, la sua sparizione a cosa è stata
dovuta? A suicidio, disgrazia o omicidio?
All’Idroscalo di Beverello, vicino
Napoli, a occuparsi delle indagini è il Commissario Boldrin, che però
non cava un ragno dal buco: il locale e quello che sembra, non vi sono
aperture nascoste, e l’unica via di uscita sembra essere la finestrella;
tuttavia l’impossibilità della situazione è data dal fatto che il
banchiere era piuttosto grasso e non sarebbe mai passato attraverso una
finestra piccola come quella. E allora? Boldrin non sa che pesci
prendere.
In suo soccorso arriva il Vice-Questore
Renzi, della Questura Centrale di Roma, nipote di un pezzo grosso del
Ministero degli Interni: Renzi, letta la notizia su un giornale di Roma,
chiede di essere inviato a Napoli come osservatore, in quanto son tutti
romani i passeggeri, e il mezzo è partito da Roma; inoltre ha letto che
tra i passeggeri c’è un suo vecchio amico, il giornalista Vallesi,
compagno di bisbocce molti anni prima.
Le indagini sono estremamente complesse:
Boldrin ha eliminato come cause sia la disgrazia, che il suicidio, per
le impossibilità manifeste che un tipo grasso come Agliati abbia potuto
issarsi fuori da una finestra molto più piccola della sua circonferenza,
o sia potuto scivolare via, tanto più che l’aereo non si è rovesciato
in volo e quindi non sarebbe potuto scivolare attraverso la piccola
apertura posta sul soffitto. Tuttavia l’unica possibilità rimanente è di
per sé impossibile a sua volta, perché se fosse stato ucciso, almeno
un’altra persona ci sarebbe dovuta essere in quel minuscolo bagno, cosa
che è assolutamente impossibile che sia accaduta vista l’angustia dello
spazio destinato a ritirata.
Presente Renzi, tuttavia, le indagini
pur non facendo luce sulla scomparsa impossibile, consentono, attraverso
gli interrogatori dei testi, di stabilire che: la signora Vanna
Sandrelli, la signora in rosso, ha fornito false generalità; due dei tre
mercanti, Sabelli e Marchetti, commercianti di granaglie, si
conoscevano, mentre il terzo, Bertieri è in realtà Pagelli, una vecchia
conoscenza della polizia, e non è un commerciante ma un inviato della
Banca d’Itala e Argentina, che deve concludere un determinato affare a
Tunisi. Inoltre il commissario Boldrin fa una scoperta: perquisendo i
bagagli dei passeggeri, si accorge che in una delle valigie di Sabelli,
sulla fodera spicca una sequenza di numeri: sembrerebbe un codice, ma
poi si ipotizza (e viene confermato dalle indagini successive) che siano
più numeri telefonici messi uno accanto all’altro. Pur non sembrando
avere alcuna connessione col resto degli eventi, cercano di dare una
paternità a quei numeri ed ecco che una delle sequenze stranamente porta
ad uno dei Vice-Direttori della Banca d’Italia e Argentina.
Mentre si sta cercando di venirne a
capo, un altro fatto delittuoso turba l’opinione pubblica: Marchetti che
si sarebbe dovuto incontrare con l’amico Sabelli alla stazione di
Napoli per proseguire per Palermo (cosa che avrebbero fatto altri
passeggeri dell’idrovolante, bloccato per le indagini a Napoli) non lo
trova e allora su indicazione avuta precedentemente dallo stesso, avendo
le sue valigie, le mette al posto dell’amico, in attesa che sul treno
si faccia vivo. Ma di Sabelli nessuna traccia, finchè a qualcuno non
viene in testa di aprirle alla presenza di Marchetti ed in una di esse
ne trovano in mezzo a segatura, le braccia e la testa . Marchetti viene
messo in stato di fermo per omicidio, ma non sa nulla, almeno così dice;
e nel frattempo, qualche ora dopo viene scoperta un’altra coppia di
valigie, uguali a quelle di Sabelli nelle mani della polizia, sul treno
Napoli-Brindisi, in cui viene trovato il tronco, e le gambe di Sabelli.
Ha connessione la morte di Sabelli con quella di Agliati, sempre però che sia morto?
Un altro fatto strano avviene: in Corso
Italia a Roma, dove Renzi è ritornato, un ufficio è stato messo a
soqquadro, ma la cosa strana è che non manca nulla. Renzi per un caso
viene invitato ad occuparsene, e in una stanza trovata chiusa dal di
dentro, trovano delle casse piene di segatura, mentre in un’altra, Renzi
trova vicino ad un telefono un numero che s’inquadra nella stringa di
numeri trovata nella valigia di Sabelli , mentre risultano scomparsi
tutti gli asciugamani nel bagno. Renzi ipotizza sia stato quello il
luogo dove Sabelli è stato ucciso e fatto a pezzi. Successive indagini
consentiranno di ricostruire la dinamica dei fatti che gira tutta
attorno alla Banca d’Italia e Argentina, e ai rapporti col banchiere
Agliati, non prima che qualcuno abbia cercato di uccidere la stessa
moglie di Agliati e la figlia quattordicenne, nei pressi di Villa
Borghese.
GiorgioVallesi propone una propria
soluzione al mistero della scomparsa di Agliati: egli non sarebbe stato
in realtà grasso ma solo avrebbe usato un salvagente a ciambella
moderatamente gonfio; una volta entrato nella ritirata, attraverso il
finestrino, essendosi sbarazzato del salvagente facendolo volare via, si
sarebbe issato e camminando sulla carlinga esterna dell’idrovolante
(ipotesi pazza) sarebbe riuscito ad introdursi nel deposito bagagli,
attraverso la porta esterna che può aprirsi anche dall’esterno; lì
dentro, avrebbe comperato il silenzio del meccanico, che sarebbe uscito e
rientrato con un pacco, che a detta di Vallesi sarebbe potuta essere
una tuta da meccanico; in quella veste, mentre gli altri fossero stati
intenti a buttare giù la porta, sarebbe uscito dall’aereo. Tuttavia la
soluzione di Vallesi ha delle pecche evidenti: il molo di Beverello era
supersorvegliato dalla polizia e nessuno oltre i presenti era uscito
dall’idrovolante; inoltre viene confermato dalla testimonianza dei
piloti, che il meccanico non aveva portato altro con sé nel deposito che
un pacco, e che questo conteneva non una tuta ma una pagnotta di pane, e
frutta, come attestano i noccioli di pesca trovati nel vano bagagli.
Partendo dall’ipotesi di Vallesi,
salvando quello che ritiene interessante e rigettando il resto, Renzi
riuscirà a risolvere il mistero della Ritirata Chiusa, a trovare la vera
identità di Agliati, con un passato di imbroglione e profittatore, a
ricostruire quella di un altro suo ex compare divenuto un personaggio
importante della finanza, che temeva le rivelazioni del suo ex amico, e
ad arrestarlo, in compagni di altri membri della banda, dopo un
inseguimento assieme al Questore di Roma, vicino a Frosinone, in un
campo dove stavano occultando una cassa contenente i resti del banchiere
Agliati.
Movimentato giallo italiano,
Il mistero dell’Idrovolante (o
dell’Idroplano,
come pare fosse stato intitolato da Wollemborg/Vailati) , è un omaggio
al giallo deduttivo anni ’30. Complesso e anche difficile in taluni
passaggi, per esempio quello relativo al ragionamento circa le due
coppie di valigie contenenti i resti umani di Sabelli, in base al quale
viene assolto il più probabile degli assassini, Marchetti, che per di
più ha ammesso che la valigia contenente la testa, pur essendo
dell’amico, era in suo possesso, il romanzo a parer mio ha tuttavia due
grandi pecche: manca di atmosfera e l’assassino non è uno dei
passeggeri, cioè degli attori del dramma.
Sarebbe potuto essere un bel romanzo, se
avesse posseduto un’atmosfera , e invece sembra essere invece una
cronaca giornalistica, nuda e cruda, un mero esercizio di genere, un
divertissement, e come tale deve essere visto, con ritmo certo e anche
tensione, e in certo modo scanzonato e leggero. Probabilmente perché è
un omaggio alla moda del giallo, senza che l’autore ne sentisse il
trasporto o la passione, o il bisogno forse, in cui la parte
predominante è svolta dal ragionamento deduttivo che è sì freddo ma
anche virtuosistico nelle sue elucubrazioni e nelle ipotesi. L’autore
era un giornalista, e il romanzo pare talora qualcosa più d’una cronaca:
quello che gli manca è l’afflato del romanziere che riesce, attraverso
la propria vena innata o attraverso dei trucchi di stile, a creare
un’atmosfera in ragione della quale il lettore sia avvinto. Che qui non
c’è. Su questo piano, il romanzo perde il confronto con il più
disastrato di quelli di De Angelis (sempre che esista) o anche con
Varaldo che, con tutti i “se” e i “ma”, era uno scrittore di mestiere e
non un giornalista imprestato alla narrativa.
Tuttavia, dicevamo, altra pecca che può
esser vista beninteso come una genialata, secondo me è il fatto che
l’assassino non sia uno dei passeggeri: non mi pare di poter dire che
Wollemborg potesse aver letto
Obelists Fly High di Daly King o
viceversa (e questo sarebbe stato possibile se l’autore americano avesse
conosciuto l’italiano), perché entrambi i romanzi sono del 1935, e la
prima edizione del capolavoro di Daly King apparve in Italia, con
traduzione di Franco Invernizzi, nella Collezione Poliziesca diretta e
curata da Augusto De Angelis 1938 (Editrice Ariete). Stessa cosa non può
dire di Wollemborg/Vailati a proposito del romanzo
Death in the Clouds (
Delitto in cielo)
di Agatha Christie , perché anche tale opera apparve nello stesso anno;
semmai si potrà riflettere sul fatto che ben tre opere su un delitto in
cielo, apparvero nello stesso anno, 1935. Però, mentre nei romanzi di
King e Christie, il colpevole va cercato tra uno dei passeggeri, nel
romanzo di Vailati non è così: e allora come è stato ucciso e
trasportato via, Agliati? Ecco questo è il perno del ragionamento, che è
a mio modo di vedere una vera perla. Ancora una volta devo , però,
ragionare sul fatto che le più belle Camere Chiuse, almeno le più
spettacolari, sono quelle che non nascono da una coincidenza o da un
imprevisto o dall’azione solo dell’assassino, ma da una messinscena
operata con l’ausilio più o meno collaborativo se non proprio complicità
di uno o più soggetti, operando un vero e proprio gioco illusionistico.
Da questo punto di vista, il romanzo di Wollemborg/Vailati posso dire che avrebbe fatto invidia a Christianna Brand, autrice di
Tour de Force,
romanzo di qualche anno dopo, che ricorre alla stosso tipo di
messinscena. E per altro particolare, attinente alla tecnica del delitto
impossibile, avrebbe fatto invidia al John Dickson Carr, autore del
posteriore
The Crooked Hinge.
Pietro De Palma