Seconda
puntata sulla serie per ragazzi di Boileau-Narcejac, che poi tanto per
ragazzi non mi sembra, semmai fu il tentativo di cavalcare quell’onda
degli anni ottanta in cui c’era una scoperta delle letteratura
“juvenile” come la chiamano in America.
Questo, rispetto a
quello che ho analizzato qualcvhe giorno fa, è ancora più da adulti,
presentando un plot di tutto rispetto, con due vittime, e colpi di scena
a volontà. Dei romanzi scritti, mi pare forse il migliore, ed è legato
persino per una certa cosa, ad un romanzo di molti anni prima di Pierre
Boileau, pur differenziandosi nella trama, resa più accattivante dalal
partecipazione di Narcejac, ritengo.
Questa volta Sans
Atout, a causa della sua bronchite, avendo il suo medico detto ai suoi
genitori che abbisogna di un periodo di riposo e di ossigenazione, sta
accompagnando il padre all’Isola di Oleron, sull’Oceano Atlantico, al
Castello di Bugeay (il posto è reale, il castello no. almeno un castello
che si chiami così). In sostanza Raoul Chalmont, il figlio di Roland
Chalmont, proprietario di quel castello, ex compagno di studi
dell’Avvocato Robion, padre di François (Sans Atout), vi si è rivolto
perchè risolva un mistero: il nonno di Raoul è stato assassinato
misteriosamente un anno prima, e da allora girano voci su un apparizione
nelle sale del castello, cosa che sta mandando alla malora gli affari
di Raoul convinto di poter alleggerire le spese di gestione del
castello, trasformandolo in un albergo.
Del resto
quest’atmosfera sinistra, influenza persino il giovane François, il
quale nel mezzo della notte sente come la presenza di qualcuno, ma è
troppo spaventato per vedere in giro cosa sia, anzi si raggomitola sotto
le coperte, salvo suonare il campanello e far accorrere il maggiordomo,
il vecchio Simon, il quale dopo aver bussato, rassicura il giovane
sull’infondatezza delle voci e delle dicerie.
Il padre, ha
cominciato ad investigare e si è rivolto al commissario che ha gestito
la cosa all’epoca dell’assassinio, non riuscendo però a trovare
significativi indizi: il vecchio è stato assassinato ma in condizioni
impossibili: qualcuno lo ha ucciso sfondandogli il cranio, ma l’oggetto
non è stato trovato. E neanche l’assassino, visto che nel brevissimo
intervallo di tempo tra il grido e la scoperta dell’assassinio, nessuno è
stato visto scappare, e del resto le tre vie erano presidiate: Simon al
piano superiore, Raoul a quello inferiore assieme ad un cugino del
padre, Georges Durban, Roland passeggiava nel parco. E cosa ancora più
pazzesca, l’unica via possibile sarebbe stata quella del parco, perchè
la finestra è stata trovata aperta: ma se qualcuno fosse salito
arrampicandosi sull’edera che è abbarbicata al muro, e poi sceso per la
stessa strada, sarebbero state trovate tracce, foglie strappate, danni
al fusto, impronte. Ed invece…nulla.
L’avvocato Robion
comincia a sospettare che sia uno dei presenti in quel momento: ma come
avrebbe fatto? Del resto dalle testimonianze non emerge nulla di
interessante: Simon è stato quello che ha scoperto la vittima, ed è
sempre stato molto devoto al vecchio, avendolo quello cresciuto in
quanto il ragazzo era in sostanza un trovatello; Raoul era al piano di
sotto in compagnia del cugino, Roland era nel parco: Roland è quello che
al tempo aveva pessimi rapporti col padre, per via della gestione del
castello: il vecchio voleva vendere il castello ad un compraore esterno,
ma Roland vi si opponeva. Dopo la morte del vecchio, Roland si è
rinchiuso in se stesso, sta ore ed ore chiuso nella sua ala, a forgiare
soldatini e ricostruire le fasi della battaglia di Verdun, con
precisione e cura maniacale, rifiutando di vedere anima viva, come se
fosse roso dal rimorso, o comunque dal dolore per la perdita del padre,
al quale era molto attaccato.
Al castello padre e
figlio hanno trovato pochi villeggianti: una coppia e Alfred Nourey, un
riccone. E’ lui colui al quale il padre stava per vendere il castello?
E’ lui a diffondere storie sulla presunta infestazione del castello.
Se tuttavia Simon fa
di tutto per ridimensionarle, qualcosa in effetti accade: l’auto della
coppia di villeggianti viene ritrovata piena di letame, cosa che non si
riesce a capire da dove venga, non essendoci nessuno nei paraggi che ne
abbia in quantità; inoltre Sans Atout, rinviene per caso nella sua
valigia, volendo prendere un paio di calzini, un piccola croce, con un
elmo attaccato, una croce con due lettere incise S A, che prima non
c’era. Ha saputo da Nourey che anche lui ha trovato dei sassolini che
prima non c’erano nella sua stanza, e i sassolini sono il primo indizio
di un Poltergeist. E infine, nel cuore della notte, scoppia un incendio
in un’ala del castello, intorno ad una poltrona, che rovina
irrimediabilmente la tappezzeria della camera: anche qui, senza
spiegazioni, tranne quella di uno scherzo di qualche spirito infastidito
da qualcuno.
Sans Atout si rivolge
a Simon che gli presta ascolto, anzi lo introduce nelle stanze del
vecchio Roland, e in un cassetto trovano centinaia di quelle croci.
Sans Atout non sa che
pesci pigliare: sospetta di tutti. Sospetterebbe anche di Simon , che
poi cosa c’entrerebbe col resto? Ma sospetta innanzitutto di Roland e di
Raoul. Anche di Durban , ma soprattutto di Nourey, il cui gioco non sta
capendo. Ovviamente il più sospettabile è Roland, perchè ammesso che
fosse effettivamente nel parco, avrebbe dovuto vedere l’assassino che
invece non ha visto. Eppure ad un certo punto anche Roland viene trovato
morto, ucciso da un colpo di pistola, ma la pistola non si trova,
quindi non è suicidio ma omicidio. Eppure anche in questo caso nessuno
avrebbe potuto farlo, perchè apparentemente gli altri presenti nel
castello erano altrove: la vittima è stata trovata nel museo, con le sue
centinaia di piccole croci sparse attorno, vestito, come se aspettasse
qualcuno. Qualcuno deve essere venuto dall’esterno, ma mancano le prove
che ciò sia avvenuto.
L’Avvocato Robion
scoprirà l’astuto colpevole, con l’aiuto del figlio, dopo aver saputo
dell’avventura del figlio e della presenza di qualcuno nella sua stanza,
poi fuggito prima dell’arrivo di Simon.
Il romanzo è scritto
meravigliosamente, tenendo presente che è rivolto precipuamente ad un
pubblico adolescenziale: quindi castelli e fantasmi. Ma emerge anche
forse il tentativo di raccogliere altri lettori, perchè la trama ricca
di colpi di scena, è contorta e “nera” quanto basta: vi sono due
vittime, morte in situazioni impossibili. Ed un’atmosfera palpabile,
densa. I sospettati ci sono, ma i moventi no. E’ proprio la mancanza di
moventi in sostanza a spingere il padre di François a cercare una
soluzione alternativa che spieghi e ricostruisca le due morti. In
sostanza la prima è stata un assassinio non premeditato, se vogliamo
l’aggravamento di un’aggressione precedente; la seconda è stata un
suicidio, ma resa omicidio dalla sparizione dell’arma. Perchè
l’assassino abbia voluto simulare un altro assassinio, è il tentativo di
ampliare le voci di un’infestazione sovrannaturale.
Anche qui, anche in
questa mancanza di moventi e quindi nell’impossibilità di sondare
psicologicamente le personalità dei vari attori del dramma, si attua
quella che è la caratteristica del romanzo francese ad enigma: proporre
un problema insolubile, risolto il quale l’assassino non può che essere
una determinata persona. In sostanza il Mystery francese è l’opposto di
quello anglosassone: lì il mistero si risolve, solo inquadrando
l’omicida e analizzando i moventi e gli alibi; qui si scopre
l’assassino, risolvendo prima il puzzle. E’ un po’ una sorta di
rivincita sciovinista contro gli amici-nemici “cugini” inglesi: non era
stato forse Maurice Leblanc il primo a ridicolizzare il metodo deduttivo
anglosassone, opponendo a Sherlock Holmes il suo Arsene Lupin, in Arsene Lupin contro Herlock Sholmes?
Il romanzo ha ancora
altre attrattive, prima fra tutte quelle di riutilizzare una idea
geniale già maturata molti anni prima in un capolavoro di Pierre
Boileau, analizzato già in questo blog: L’assassino invisibile (L’assassin vient les mains vides, 1945):
http://lamortesaleggere.myblog.it/2015/04/08/pierre-boileau-lassassino-invisibile-lassassin-vient-les-mains-vides-1945-trad-aldo-albani-i-grandi-gialli-pagotto-n15-anno-iii-milano-1951/
non solo
riutilizza una stessa idea, ma anche personaggi presenti in quel romanzo
di trent’anni prima: Simon, il maggiordomo devotissimo al padrone in L’Invisible aggresseur che accorre all’omicidio del vecchio in pantofole e vestaglia, fa da pendant con il Simon in L’assassin vient les mains vides, devotissimo
alla vecchia zia brutalmente assassinata, perchè da loro allevati
quando erano in tenera età. Tutto il resto cambia. E devo dire anche in
meglio, visto che qui l’atmosfera è maggiormente densa di quel romanzo
precedente.
Inoltre un’altro motivo di interesse è dato dalla strana forma di racconto: in sostanza, il romanzo è scritto in forma di diario, nella forma colloquiale di una seie di lettere che François scrive al suo amico Pierre, per alleviare la solitudine, parlandogli in tempo reale di quello che sta facendo, delle cose che gli accadono, e infine della soluzione del padre.
L’escamotage
stilistico non è male, perchè in certo qual modo assicura una certa
tensione nello svolgimento della storia. Ed è anche la prima volta che
un romanzo epistolare non mi annoi, dopo che anni fa, cercai, nelle mie
estati di ventenne appassionato di letture romantiche, di leggere l’Oberman di Etienne Pivert de Sénancour, non riuscendolo a finire.
L’assassino non è
casuale, ma è il meno probabile, anche se il suo movente visto da una
certa ottica, è il più forte di tutti. In più il romanzo, è molto
classico in quanto l’assassino non cala dal cielo ma è sempre presente
nella storia, ed un certo suo comportamento agli inizi dell’indagine del
padre indirizzerà alla soluzione finale: in questo, la componente
psicologica fa il suo capolino. L’investigatore capendo come l’assassino
si sia comportato in altra circostanza , lo inchioda sulla sua
caratteristica principe: la mimesi, che gli ha consentito di farla
franca un anno prima, e che gli consentirebbe di rifarla franca, se
l’avvocato Robion non lo inchiodasse scoprendo la sua capacità
camaleontica di mimetizzarsi, e di cambiare personalità e modi di fare
all’occorrenza.
Siccome il romanzo
prende molto dal primo ed in sostanza utilizza l’escamotage narrativo
del romanzo di trant’anni prima, ed essendo questo molto difficile a
trovarsi, ritengo che sarebbe per il lettore italiano il caso di
verificare se vi sia la possibilità di reperire questo romanzo con Sans
Atout, in quanto trattasi ancora di un eccellente romanzo.
Me ne aveva già
anticipata la qualità due anni fa, il noto critico ed editore americano
John Pugmire, un mio buon conoscente, il quale dopo aver letto il mio
articolo in inglese (traduzione di quello già in italiano) sul mio blog
in lingua inglese, su L’assassin vient les mains vides, mi aveva scritto:
Dear Pietro,
I thought there was something familiar about your description, so I
looked up my copy of l’Invisible Aggresseur by Boileau-Narcejac, and
it’s the same story.
l’Assassin Vient les Mains Vides was Boileau’s earlier version which was
never published in book form. Your analysis nevertheless applies and is
very good, as usual.
Un motivo in più per cercarlo, mi pare.
Pietro De Palma
Meravigliosi ricordi vacanzieri giovanili la serie di Sans Atout (come quella di Nancy Drew, io ero innamorato di Nancy Drew, o gli Hardy boys). Spero di riuscire a recuperarne qualcuno, di Sans Atout in realtà ho vaghi ricordi per quanto riguarda il plot in se, il che è meglio. Di certo mi ricordo come già avessi notato una scrittura più elaborata (non perchè fossi un genio, avevo 12 anni, ma appunto perchè certe cose non le capivo! =-). E' lo stesso problema che ho poi avuto con Carr (il primo fu "Fantasma party")...
RispondiEliminaMatteo