Per me lo scorso 23 dicembre è stato un giorno importante, perché ho
incontrato di nuovo un amico che ritenevo perso. Non sentivo Igor Longo
da 9 anni. Non starò qui a dire le cause, e cosa gli sia capitato. Ne
parlerò se lui vorrà un giorno, perché sarebbe anche una storia
istruttiva in un certo senso. Fatto sta, che Igor nel frattempo, se già
era a detta di Giulio Leoni “un’enciclopedia vivente” prima nel 2009,
ora nel 2018, non saprei dire cosa sia diventato. Forse un computer
vivente? Non so come faccia a leggere tanto, sia in italiano, ma
soprattutto in inglese, francese e anche in spagnolo.
Qualche
giorno mi ha accennato a certi racconti che Simenon scrisse alla fine
degli anni 20, dei racconti non con Maigret, ma con altri investigatori e
basati esclusivamente su enigmi: io gli ho parlato di un volume della
Adelphi, in cui erano proposti tre racconti. Lì per lì ho pensato che
appartenessero ad una delle due raccolte, al che lui mi ha risposto che a
quel punto non valeva la pena: sarebbe più intelligente acquistarli in
francese. La mia sorpresa è stata totale quando invece ho scoperto che
il volume non presentava una selezione Les treize mystères (1929, 13 racconti) o da Les treize énigmes (1929, 13 racconti), bensì era la traduzione italiana di Les sept minutes o G.7 (1938, 3 racconti): Tre inchieste dell'ispettore G.7 (Adelphi, 2015).
L’ho
acquistato senza chiedere cosa fosse, e ho fatto bene, perché Igor mi
ha detto che sono magnifici, soprattutto il secondo dei tre, quello che
da il titolo al volume: La nuit des sept minutes (1931).
In
sostanza, un preambolo che parla dell’Ispettore G.7, chiamato così
perché proprio nel cappello introduttivo, si presenta al narratore, che
diventerà suo amico e mentore, come passeggero di un’auto rossa, della
compagnia G.7 di taxi parigini, serve e fare da collante tra i tre
racconti che compongono la mini-antologia e a spiegare il rapporto tra
il narratore e l’Ispettore e perché egli sia chiamato G.7. Due romanzi
brevi fanno da ali al racconto più famoso, che presta il proprio titolo a
quello stesso della raccolta: L'énigme de la Marie-Galante, Le Grand Langoustier e La nuit des sept minutes.
La nuit des sept minutes è una Camera Chiusa.
Una lettera avvisa la polizia che un tale Ivan Nikolaevic Morozov verrà assassinato il seguente 19 giugno nella casa propria.
La
polizia, nella persona dell’ Ispettore G.7, cerca notizia su tale
candidato all’obitorio, ma non risulta nulla dal casellario giudiziale
né da altre fonti: si riesce a risalire solo alla sua abitazione,
Lungosenna 11, e al fatto che abbia una bella figlia, che lavora nel
campo della moda.
La sera dell’ipotetica uccisione, il cadavere
ambulante viene sorvegliato da quando cena in un bistrot italiano fino
all’entrata in casa sua, casa precedentemente perquisita e dichiarata
vuota: ne osservano i movimenti in camera, quando arriva, si sveste, si
mette il pigiama, e va a dormire.
L’attesa è snervante. Il
narratore, l’agente Aubier, e l’Ispettore G.7 montano la guardia davanti
all’abitazione: il narratore può testimoniare di essere stato sempre
attento, tranne che in un periodo di soli sette minuti durante il quale
si è assopito. Questo fatidico intervallo di sette minuti sarà fatale,
perché pare che proprio durante esso, Morozov sia stato assassinato,
cosa che scoprono in seguito. La cosa emblematica è che la casa è chiusa
dall’interno, fuori sulla terra umida vi sono solo le impronte dei tre e
di Morozov, la vittima presenta un foro di proiettile all’altezza del
cuore, ma nessuna pistola è stata trovata sulla scena del crimine.
E’
ovvio che si parli di omicidio ma siccome di progressi non ce ne sono,
perché nessuno è trovato nella stessa casa, G.7 perde il caso. Lo stesso
suo amico, ragionando sul fatto che gli attori oltre la vittima siano
lui stesso (ma non dubita della propria salute mentale), Aubier a cui è
stato comandato di piantonare ma che non ha alcun legame con la
situazione in oggetto, e G.7 (a cui strappa la confessione che conosceva
la figlia di Morozov da prima che si sapesse della morte di lui) per
forza di cose comincia a dubitare dell’amico, tanto da rivolgersi ad un
detective privato e farlo sorvegliare. Sapeva già che Morozov, generale
dell’esercito imperiale russo, fuggito a Parigi, ha sperperato al gioco
il suo enorme patrimonio, e che qualche tempo prima aveva fatto
un’assicurazione per 200.000 franchi. Ma poi viene a conoscere anche che
G.7 è innamorato della ragazza, ricambiato, e quindi è parte in causa
nella vicenda. Tuttavia, dopo una spiegazione alquanto imbarazzata con
l’amico, G.7 spiegherà la soluzione della faccenda.
Bel racconto,
facile facile. Pieno di inventiva, dimostra la filiazione sicuramente da
Gaston Leroux (i poliziotti fuori dalla casa in cui si consuma la
vicenda, è una caratteristica tutta francese che ci riporta alla memoria
“Il mistero della Camera Gialla” di Leroux, cosa che poi si ripeterà in
altri scrittori francesi: Vindry in Le Piège aux diamants e in La Bête hurlante, e molto più tardi Le onzième petit
nègre di Jacquemard & Senecal) ma soprattutto da S.S. Van Dine.
Innanzitutto è rispettoso delle sue regole, ma poi applica direttamente
alcune caratteristiche al racconto: lo scrittore è amico del detective e
partecipa in secondo piano allo svolgersi dell’azione (anche se qui
entra nella storia commissionando ad un detective privato la
sorveglianza del poliziotto), la scomparsa della pistola si collega ad
un celebre romanzo della trilogia per antonomasia, in quanto è replicato
esattamente lo stratagemma vandiniano (applicato anche successivamente
al romanzo di Alexis Gensoul Gribouille est mort). L’unica
defaillance è data dall’esiguità degli attori del dramma, altra
caratteristica che ci riporta all’ambiente francese (molti romanzi di
Pierre Boileau hanno per es. pochi sospettati per cui alla fin fine
trovare l’assassino non è cosa ardua), per cui ben presto si capisce chi
possa aver ucciso il generale.
Per spiegare l’impossibilità della
camera Chiusa non si fa riferimento a trucchi concernenti la chiusura
della porta o alle orme, ma a cause psicologiche, che legittimano il
ricorrere ad un tipo di spiegazione per assurdo, la cui prova tangibile è
acquisita non da G.7 ma dallo stesso narratore, nella sua incredulità.
Ritmo scorrevole, racconto delizioso.
Pietro De Palma
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