martedì 14 agosto 2018

Cinque enigmi per Max Carrados, di Ernest Bramah - I Bassotti, Polillo, 2018


Una delle ultime uscite di Polillo è stata “5 enigmi per Max Carrados”, di Ernest Bramah.

Devo dire che quando uscì, Igor Longo, uno dei miei più grandi amici, perso per nove anni e ritrovato grazie a John Pugmire che mi disse che gli risultava che fosse presente su Facebook, mi implorò di non comprarlo, ma piuttosto di prendere le tre o quattro serie di storie di Calvados in inglese, dato che già così le avrei avute tutte e avrei pure pagato una bazzecola. Detto, fatto. 
Non lo comprai. Ma poi il caso ha voluto che lo avessi in regalo. E cosa dici quando uno ti regala una cosa? Grazie. E quindi giacchè l’ho avuto in mano , l’ho letto.

Ora, devo dire che il giudizio di Igor, ancora una volta, mi è sembrato che abbia centrato il bersaglio: lui parlava di un’operazione assolutamente priva di un benchè minimo requisito di cultura ( a che serve pubblicare cinque casi pescati tra tre serie, di anni poi diversi? Sarebbe stato meglio che magari fossero stati pubblicati tutti i casi di una serie, e così almeno avremmo avuto un’antologia completa, magari la prima, anche se in inglese si trova. Ma non tutti sanno l’inglese e quindi…) e io devo a questo punto dargli completamente ragione. Tanto più che con questa uscita mi sembra che si sia toccato il fondo. Ho detto altre volte e ho parlato tante volte bene di Polillo, del suo fiuto etc etc, ma stavolta non posso affermarlo, anzi devo parlare di mera operazione commerciale e non invece culturale della collana

Che sia stata un’operazione commerciale priva di qualsiasi requisito culturale, lo si apprezza non solo visionando le origini degli enigmi proposti, ma anche accorgendosi leggendo sul risvolto, che addirittura la traduttrice impiegata qui, Sara Caraffini, ha tradotto solo tre dei racconti proposti, mentre gli altri due sono stati tradotti da Fernando Rocca: questo perché, tre anni fa già la Valsecchi aveva pubblicato al costo di 12,50 euro un libro con quattro storie di Max Calvados, libro che a me risulta essere fuori catalogo, visto che sul sito l’autore non risulta essere presente. La Valsecchi ha ceduto quindi (temporaneamente?) i diritti a Polillo. Ora una domanda emerge chiara: visto e considerato che il volume di Polillo un costo ce l’ha (euro 15,90, non 22 ma neanche 8) perché non pubblicare tutti e quattro (cioè tre visto che anche lì La moneta di Dionigi, veniva proposto come battistrada per gli altri racconti) i racconti proposti, invece di utilizzarne tre? A questo punto mi sembra che la considerazione precedente sia abbastanza avvalorata: perché allora non pubblicare tutte le storie di un’annata invece di fare queste figure? Tanto più che con quest’uscita si sia voluto puntare solo ad un mero successo commerciale. Ma il consumatore italiano non è fesso. Non sono il solo che l’abbia notato. Alberto Minazzi in un suo commento su Anobii aveva già espresso la sua delusione. 
Delusione? No. Rammarico piuttosto perché non avrei mai pensato che anche Polillo potesse mettersi a fare cose che da qualche anno fa Mondadori. In questa sede esamino solo il racconto con situazione impossibile. Posso capire che abbia sbalestrato il buon Alberto. Questo perché oramai quando si dibatte di situazioni impossibili, in un romanzo, si parla sempre di delitti. Ora, in THE GHOST AT MASSINGHAM MANSIONS, di delitti manco a parlarne. Si tratta di un caso sottoposto a Max Calvados, il detective cieco, protagonista delle serie di Bramah: in un certo appartamento di un complesso, disabitato da molti anni, e in cui non c’è acqua né gas, parecchie testimonianze narrano di aver visto luci e il gorgoglio dell’acqua nella vasca. Eppure gas non ne passa e acqua pure. Eppure quando Calvados fa il sopralluogo, si accorge che il beccuccio del lume a gas è caldo, e nella vasca c’è umidità. La soluzione del raccontino, ben fatta, è in un trucco: il rubinetto del gas è stato limato, per cui anche se la chiave è chiusa, il gas passa lo stesso, e all’apice del beccuccio c’è una pallina di Nero platino, un composto chimico che a contatto con l’idrogeno del gas accende, funzionando da catalizzatore. Il mistero dell’acqua è invece spiegato con un sistema di pompe che spingono l’acqua nella vasca direttamente dallo scarico, intercettando la tubatura. Qui il responsabile è il meno probabile, cala dal cielo: è un simpaticone, che è stato danneggiato nel contratto di affitto dell’appartamento dall’aver constatato che il rubinetto della cucina non era stato riparato a dovere prima della sua entrata in casa e ora lui si è trovato a far fronte ad una situazione che sarebbe dovuta essere sanata all’origine, prima che lui entrasse in casa. E’ UNA VENDETTA contro il proprietario dello stabile, affinchè la proprietà si deprezzi ed egli sia costretto ad abbassare i fitti delle case e quindi anche  quello del sabotatore, che così rientrebbe nelle spese sostenute. La vicenda del passato che si connette alle manifestazioni del presunto fantasma (la morte di una cameriera che usava il gas per leggere fino a tarda sera, e il suicidio del padrone di casa, il tutto spiegato dalla gente come un tentativo di suicidio omicidio-omicidio omicidio, suicidio della donna travolta dalla vergogna per esser rimasta incinta oppure omicidio del padrone di casa di un tempo per mascherare alla moglie la scappatella con la cameriera, e omicidio del padrone di casa affogato nella vasca da bagno, probabilmente dalla moglie, ipotizzo io. Il racconto non lo dice. Come è molto vago sulla spiegazione dei due trucchi. C’è chi ha messo in dubbio la qualità della traduzione. La traduzione è buona, perché il racconto ce l’ho in inglese: è proprio il tipo di scrittura che non è molto precisa.

Racconto simpatico, ma niente di più. Non c’è mordente, è tutto così slavato. Risente dell’atmosfera, anni venti. Bisogna capire che Max Calvados non è altro che un clone di Sherlock Holmes, come l’agente investigativo Carlyle che appare in “La moneta di Dionigi”, il primo dei racconti, che presenta il detective cieco, sembra il dottor Watson. Non scordiamoci che negli stessi anni Meirs ci consegnava il celebre poliziotto Tharps col suo fido asssistente, e Matthew Phipps Shiel il Principe Zaleski. Sono tanti cloni di Sherlock Holmes, e come le storie di S.H. non tutte hanno a che fare con delitti: ci sono sparizioni di oggetti, situazioni impossibili, deduzioni impossibili (anche se qui ci sono anche altre tre storie con delitti). Come qui in cui non vedendo, Max Carrados spiega all’attonito Carlyle gli antefatti di una moneta.

Quindi non aspettiamoci più altro. 
Posso capire che uno, avendo letto qualcosa di Baynard H. Kendrick, si aspetti un detective cieco come il suo. Ma qui il detective cieco, non mette in uso i suoi sensi rimasti, come avrebeb fatto Devil. Si comporta da detective dilettante, punto e basta.
Se uno leggendo questo libro si aspetta che possano essere delle storie alla Carr, acquisti dell’altro. Se invece si vuol trovare qualcosa che assomigli alle storie di Conan Doyle, scritte da un altro, allora è il caso di prenderle. Ma forse sarebbe meglio acquistarle su Amazon nell’edizione completa in inglese e leggersele in santa pace.

Consiglio personale.

P. De Palma

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