Nato nel 1895 a New York, Charles Daly King si laureò in psicologia,
dopo aver militato come ufficiale durante la Prima Guerra Mondiale.
Divenne uno dei maggiori seguaci di Gurdjieff, interessandosi del sonno e
delle sue componenti, sin dalla sua tesi di laurea, pubblicando saggi
di psicologia di forte spessore, tra cui Beyond Behaviorism (1927) e The Psychology of Consciousness (1932). Dopo la guerra riprese a occuparsi di psicologia
A partire dal 1932, scrisse sette romanzi, di cui sei pubblicati che
costituiscono il lascito di scuola vandiniana forse più di più alta
espressione. Ricordiamo che a Van Dine si rifecero una serie di autori
che in massima parte utilizzarono lo stile più tipicamente vandiniano
per il loro esordio da romanzieri: Rex Stout, Ellery Queen, Clayde
Clason, Anthony Abbot, Stuart Palmer e appunto Charles Daly King.
Un alibi di troppo è contraddistinto, come tutti gli altri
cinque romanzi (ma dovremmo dire sei, perché si sa per certi che Daly
King ne ultimò un settimo che era in attesa di essere pubblicato dopo la
Seconda Guerr Mondiale, ma che non lo fu più, a testimonianza che dopo
la guerra cambiarono le aspettative degli editori) da atmosfere gravide
di sospetti, e da un plot come al solito complicatissimo: qui Michael
Lord (tenente di polizia, promosso Ispettore, dopo Obelists Fly High),
sempre accompagnato dallo psicologo Rees Pons, è invitato ad Hartford, a
casa della ricchissima Victoria Timothy moglie di un egittologo (per
meglio dire, predatore di tombe) che ha portato con sé in America una
parte cospicua delle cose da lui trafugate in Egitto, costituendo in un
ambiente annesso alla sua casa, un dotatissimo museo: Perkette.
Quella sera ci sarà un ricevimento, durante il quale sono previsti
degli intrattenimenti musicali, e al quale parteciperanno Grant
Worcester amico di Lord (è lui che lo ha invitato) e sua moglie Garde;
Charmion Dannish, amica del Dottor Earley, giovane protetto della ricca
vedova, che canterà, e lo stesso Earley che dovrebbe suonare qualcosa;
l’avvocato Gilbert Russell, legale della vedova; e anche due egittologi,
Ebenezer Quincey ed Elisha Springer. Tuttavia a metà serata, durante
l’intervallo, Charmion avendo un po’ di mal di gola e ricordandosi che
nel bagno vicino alla camera da letto della padrona di casa, al primo
piano, c’è un tubetto di aspirine, vi si reca. Prende l’aspirina, fa
anche qualche gargarismo, poi sente qualcosa nella vicina camera, e
quindi passando non per la porta dalla quale è entrata, ma da un’altra
attraverso la quale il bagno comunica con lo spogliatoio annesso alla
camera da letto, si reca qui. Pochi minuti dopo, l’Ispettore Lord,
dabbasso, mentre gli invitati e il suo amico Pons sono nella sala dove
ci sarà il concerto, sente il suono di un telefono, ma non capisce a
prima vista da dove venga; quando alza la cornetta, viene a sapere dal
dottor Earley, andato via poco tempo prima perché chiamato a casa di un
paziente che sta molto male, che quegli non ritornerà a casa per
esibirsi, perché il suo paziente è morto e quindi deve sbrigare anche
faccende di carattere burocratico: prega Lord di riferire
l’inconveniente alla padrona di casa scusandolo. Mentre posa il
ricevitore, Lord è incuriosito da un debole bagliore di luce in fondo ad
un corridoio, in cui sa che non ci sono luci, ma mentre sta per andare a
vedere, sente prima un grido forte e poi lo stesso grido più attenuato,
provenire dal piano di sopra. Slanciandosi per le scale, sente un
rumore provenire dalla camera da letto padronale, vi entra, e vede
Charmion mortalmente pallida che guardando in un punto sta per svenire.
La sorregge in tempo per vedere anche lui, un corpo disteso per terra
vicino al letto: è la padrona di casa, morta, con un pugnale
dall’insolita foggia, ficcato in gola, cosicchè il manico esca parallelo
al mento.
Lord, immediatamente vede un telefono e cerca di chiamare la polizia,
ma la linea è muta perché qualcuno ha reciso i fili: si scoprirà che la
forbice usata è quella che proviene dal cestino dei lavori di ricamo
della padrona, posto altrove. Lord, depone Charmion sul letto e, dopo
essersi accertato della morte di Victoria Timothy, scende dabbasso per
chiedere al maggiordomo, Rath, quando la padrona di casa fosse salita.
Inoltre si rivolge al suo amico Grant Worcester, pregandolo di avvisare
la polizia perché c’è stato un omicidio, anche se quegli sulle prime non
gli crede. Intanto, l’attenzione di Lord è nuovamente attratta dal
corridoio buio dal quale esce fioca una luce: vi si reca e capisce che è
attraverso di esso che il museo è comunicante alla casa. Penetratovi,
trova in una enorme stanza, rischiarata da una debole luce, due tali,
Springer e Quincey, sedicenti egittologi, che stanno discutendo sulla
datazione di qualcosa che attrae l’attenzione di Lord: è lo stesso
pugnale che pochi minuti fa era conficcato nella gola della vedova
Timothy Come mai è lì, per di più del tutto pulito?
Presentandosi ai due e informandoli della morte della padrona di
casa, Lord riesce a sapere non solo i loro nomi ma anche a capire che
quel pugnale è il gemello dell’altro utilizzato per l’omicidio, e che
entrambi si trovavano in una vetrina del museo. Quando i tre entrano in
casa, stanno arrivando i poliziotti, al comando del tenente Bergman
della polizia di Hartford
In base ai tempi, l’omicidio parrebbe commesso nell’arco di circa
sedici minuti, dalle 22.45 (orario in cui la padrona di casa è stata
vista salire, dal maggiordomo, che lo testimonia) alle 23.01 (momento
della scoperta del cadavere da parte di Lord). Solo che in questo arco
di tempo tutti sembrerebbero essere in una botte di ferro: la maggior
parte degli invitati, compresi i coniugi Worcester, il dottor Pons,
Russell, erano al ricevimento e ancora lì erano quando è stata data la
notizia della morte di Victoria Timothy e nessuno ha visto qualcuno
allontanarsi; i due egittologi erano al momento del grido, nella loro
saletta del museo a esaminare l’altro pugnale, e, a meno di non coprirsi
l’un l’altro, non sarebbero potuti essere stati loro (inoltre loro non
avrebbero mai saputo dell’esistenza del filo telefonico e del posto dove
trovare le forbici, oppure si? ); il dottor Earley addirittura era
fuori casa e la telefonata arrivata da fuori lo testimonia. E allora?
Chi mai può esser stato ?
All’udienza davanti al coroner, il tenente Bergman, riunite tutte le
prove, chiamati Charmion e Lord a testimoniare, ricostruita la scoperta
del corpo, chiamata Charmion successivamente a spiegare perché mai una
volta finito il gargarismo, non fosse semplicemente uscita dal bagno per
scendere giù ma avesse allungato il percorso entrando nello spogliatoio
e da qui nella camera della defunta da cui sarebbe dovuta uscire nel
vestibolo che portava alle scale, e non avendolo saputo spiegare, il
capo delle indagini la incrimina come assassina, pur nella irritualità
di ciò.
A questo punto, Michael Lord, il dottor Earley e altri convengono di cercare di salvare la ragazza.
Durante l’interrogatorio davanti al dottor Earley, il coroner
incaricato di definire la natura della morte della Signora Timothy,
Grant Worcester. amico di Lord (è lui che lo ha invitato al
ricevimento) accusa pubblicamente un tale Kopstein, politicante con
amicizie poco raccomandabili, di aver fatto uccidere la donna, oppostasi
alle sue pretese; e dice di aver visto un uomo fuggire dalla casa.
Tuttavia, per nuove che siano queste rivelazioni, sono poi smentite
dalla rivelazione che nessuno è uscito di casa dopo che era andato via
il dottor Earley: è testimoniato da molti.
Tuttavia Kopstein rimane un altro punto da chiarire. Come pure si
viene a sapere che i due presunti egittologi, amici del marito della
vecchia uccisa, non erano stati effettivamente sempre insieme nel museo a
datare il pugnale, come hanno rivelato agli inquirenti, ma a turno
erano andati alla toilette lasciando quindi la vetrina dei due pugnali a
disposizione dell’altro, sempre che non sia stato quello che ha detto
di esser andato alla toilette, a uccidere la riccona.
In altre parole, se prima gli alibi erano inattaccabili, ora cominciano a vedersi delle smagliature.
Per di più si scopre che Quincey aveva un serio motivo anche lui per
uccidere: aveva una cambiale in scadenza di duemilacinquecento dollari
che avrebbe dovuto pagare alla vecchia il giorno dopo l’omicidio della
stessa.
Il Dottor Earley chiama al telefono e tutto contento afferma che in
seguito a una serie di verifiche, la posizione di Charmion si è
modificata, perché non è emerso alcun possibile movente a suo carico,
come pure qualcuno, il Capo della Polizia, aveva insinuato che vi
potesse essere.
Altre cose strane tuttavia avvengono: dalle mappe dei vari piani
della casa, utilizzate nella ristrutturazione della stessa, risulta
strappata quella concernente proprio il primo piano, dove è stata
assassinata la vecchia Timothy, un dedalo di corridoi, angoli bui, e
stanze, senza un nesso, a cui si accede non solo attraverso la scala
principale per la quale sono saliti Charmion e Lord, ma anche attraverso
una secondaria. Nuovi interrogativi.
Lord vorrebbe reinterrogare Quincey a proposito della cambiale di cui
non aveva parlato, ma trova la porta del museo chiusa, sprangata
dall’interno e per di più vede scorrere sotto alla porta dei rivoli di
un liquido viscoso e rosso scuro che è indubbiamente sangue. Spara ai
cardini della porta, riescono ad abbatterla, senza che cada addosso al
povero Quincey riverso per terra, che loro trovano con l’altro pugnale
gemello, conficcato nella scapola sinistra, il quale dopo aver
farfugliato delle parole che al momento sono senza senso, muore.
La stanza era chiusa dall’interno. Gli astanti la perquisiscono: non
c’è nessuna porta o finestra che possa essere stata usata per scappare e
per di più i sarcofagi sono tutti sigillati da pezzi di scotch vecchio e
ingiallito. Come è riuscito l’accoltellatore a eclissarsi, qualche
minuto prima che arrivassero tutti quanti, senza che loro avessero visto
alcuno fuggire?
Dopo che Lord avrà innanzitutto decifrato le parole mormorategli
all’orecchio dal morente Quincey, che Springer rivelerà essere una
formula magica egizia: Quincey avrebbe mormorato sersew wah wah wah wah,
cioè 6-1-1-1-1, perché ossessionato dalla magia di Ser Wah, l’omicida
verrà inchiodato nel corso di uno spettacolare finale in cui verrà
chiarito come sia stato commesso un primo delitto senza che nessuno
potesse averlo commesso, e come abbia potuto fuggire un assassino da una
stanza chiusa, non prima che un inattaccabile alibi sia stato
frantumato.
Straordinario romanzo di Daly King, Arrogant Alibi è uno dei
più bei romanzi degli anni ’30: fantastica ambientazione, in una casa
sinistra, piena di nascondigli e corridoi bui, mischia il mystery ad
enigma (qui abbiamo il trionfo del Whodunit) con il mystery psicologico
(con il trionfo del Howdunit), un delitto impossibile e un delitto in
una camera chiusa (meccanismi di un romanzo basato sul Whodunit)
mischiati al procedimento psicologico per frantumare un alibi
inattaccabile (Howdunit), creando una superba messinscena in cui i
sospetti e sospettabili appaiono e scompaiono, gli indizi misteriosi si
accavallano (il filo del telefono reciso, i pugnali, l’orario
dell’orologio elettrico nella camera dell’uccisa avanti di oltre venti
minuti rispetto all’ora precisa, il misterioso numero 6-1-1-1-1), in cui
persino le piantine dei vari piani in cui si consuma la tragedia
contengono enigmi (la pagina strappata con la mappa del primo piano di
Perkette). Un romanzo straordinariamente vandiniano, se per vandiniano
riteniamo il mystery ad enigma più complesso in assoluto.
Il ragionamento che sottende alla frantumazione di un alibi
inattaccabile e all’inchiodamento di un omicida diabolico, è
complicatissimo, figlio degno di tutta quella letteratura che proprio da
Van Dine originò. Non posso infatti non pensare al ragionamento
estremamente complicato cui si rifanno The Bishop Murder Case, di S.S.Van Dine, The Greek Coffin Mystery, di E.Queen e anche About the Murder of Geraldine Foster
di A. Abbot: è come se Daly King avesse attinto da tutti gli altri
autori vandiniani che prima di lui avevano esordito nell’ambito del
romanzo, creando un super romanzo che ha caratteristiche prese da varie
fonti, ma che nel tempo stesso non è mero collage, ma nuova opera
originale che trascende le sue stesse fonti originarie, che crea e
ricrea tutte le problematiche del romanzo ad enigma anni ’30 portandole
ad un livello inusitato di perfezione stilistica.
Del resto, che sia un romanzo vandiniano è presto detto: innanzitutto
Michael Lord è accompagnato dal suo amico lo psicologo Pons, e forma
così una coppia, artificio già creato da Conan Doyle, ma reinventato da
Van Dine, in maniera tale che uno dei due elementi sia una figura
istituzionale: Ellery è legato a suo padre che è un Ispettore di
Polizia, Philo Vance è legato a Markham che è un Procuratore
Distrettuale, Abbot è legato a Thatcher Colt che è un Commissario di
Polizia Metropolitana. Infatti qui Pons, psicologo, che a contare le
lettere del nominativo intero, ha lo stesso numero di quelle che formano
quello di Daly King (è come se l’autore si impersonasse nell’amico di
Lord), accompagna un Tenente di Polizia, promosso Ispettore, figura che è
molto vicina, e quindi può esser stata creata avendo come modello
proprio Abbot. Inoltre è presente un artificio che richiama un altro
vandiniano celebre, cioè Ellery Queen (almeno nei suoi romanzi degli
anni ’30), ossia il dying message, il messaggio del morente: cos’altro è appunto Sersew Wah Wah Wah Wah ?
E ancora vandiniano è un’altra caratteristica: l’ambientazione egizia.
Infatti, a partire dai primi anni del 1900 in cui vennero scoperte molte
tombe e vennero intrapresi importanti scavi in Egtitto fino ad arrivare
al 1922, anno della scoperta della Tomba di Tut-Ank-Hammon, molti sono i
romanzi che riportano ambientazioni egizie, da R. Austin Freeman (The Eye of Osiris, 1911) a Dermot Morrah (The Mummy Case Mystery, 1933), ad Agatha Christie (Death on the Nile, 1937 e Death Comes as the End, 1944.
Ma, nei romanzi della cosiddetta scuola vandiniana, essi assurgono ad
un vero e proprio carattere
distintivo. Infatti a
partire dal romanzo di S.S. Van Dine, La Dea della vendetta (The Scarab Murder Case,
1929), coloro che vollero riferirsi a Van Dine copiandone
i tratti dello stile narrativo, finirono per creare un romanzo che
avesse ambientazione egizia o che presentasse comunque manufatti che si riferissero
all’antico Egitto o comunque ambientazioni esotiche o comunque
ambientazioni in Musei che potessero comunque derivare da quella
originaria di Van Dine: Ellery Queen (The Egyptian Cross Mystery,1933); Rex Stout (Red Threads, 1939) in cui l’ambientazione egizia si trasforma in ambientazione indiana, ma un sarcofago c’è sempre; Clyde B. Clason (The Man From Tibet, 1939) in cui all’ambientazione egiziana se ne sostituisce una tibetana ; Richard Burke (Chinese Red,
1940) in cui l’ambientazione esotica diviene qui cinese; e infine
questo romanzo di Daly King. Ci sono persino due racconti di Stuart
Palmer, ambientati in musei, tra cui The Riddle of the Dangling Pearl, 1933).
Lo stesso escamotage che l’omicida utilizza per farla franca, ci riporta al secondo romanzo di Van Dine The Canary Murder Case,
non perché sia lo stesso, ma perché l’uso di un certo meccanismo,
permette che l’omicida costruisca la sua estraneità alla realizzazione
del delitto.
Infine la Camera Chiusa: quando la Camera è più chiusa che mai, e
suicidio non può esserci stato, e non c’è stato qualcosa che abbia
spostato il tempo dell’assassinio, e non ci sono le condizioni tali che
l’assassino abbia potuto confondersi con chi sia entrato nella stanza,
perché magari c’era buio o fumo, la soluzione è solo una: deve esserci
una qualche forma di uscita mascherata. Che poi viene trovata, ma ahimè è
tenuta bloccata dall’altra parte, da un chiodo la cui capocchia
arrugginita porta a ritenere che quella uscita non sia stata uitlizzata
da molto tempo. E allora?
Un nuovo colpo di scena cambierà questa soluzione in un’altra.
Ma il colpevole fuggirà, solo che non scamperà ad una morte terribile, che ci riporterà ad altro capolavoro di S.S. Van Dine, The Greene Murder Case.
Pietro De Palma
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