Kate Wilhelm è nata ottantasei anni fa in Ohio. Ha
scritto molti racconti e romanzi di fantascienza: nel 1965 il suo primo
romanzo, The Clone, fu finalista al Nebula Award; tre anni prima, aveva scritto il suo primo romanzo giallo: More Bitter Than Death, 1962. Ha vinto parecchie volte il Nebula Award nella categoria “Short Story” e una volta, nel 1977, l’Hugo per il miglior romanzo di fantascienza: Where Late the Sweet Birds Sang
(l’anno prima era stata finalista con lo stesso romanzo al Nebula
Award). Ha scritto parecchi romanzi mystery e thriller psicologici, e in
particolare ha creato due serie fisse, quella di Barbara Holloway (detective fiction) e quella basata sulla coppia Charlie
Meiklejohn e Constance Leidl (mystery classici con delitti
impossibili). Dopo la morte del suo secondo marito, il noto scrittore di
racconti di fantascienza, Damon Knight, avvenuta nel 2002, attualmente
vive in Oregon.
La sua produzione di romanzi e racconti, comprende:
Constance & Charlie: Omicidio in tre atti (The Hamlet Trap, 1987)
La porta oscura (The Dark Door, 1988), pubblicato da Mondadori nel 1990 nella collana Urania
La casa che uccide (Smart House) (1989)
Constance & Charlie: dolce veleno (Sweet, Sweet Poison, 1990)
L’arte del delitto (Seven Kinds of Death, 1992)
A Flush of Shadows (1995)
The Casebook of Constance and Charlie (1999).
Charlie
Meiklejohn e Constance Leidl sono una coppia nella vita e nel lavoro:
infatti gestiscono un’agenzia investigativa ben avviata.
Constance è amica di Marion Olsen, Tootles per gli
amici, un’artista che ha raccolto attorno a sé, in una piccola fattoria,
un gruppo di giovani promettenti: pittori, scultori, etc..
Tootles le chiede aiuto perché deve inaugurare una
mostra di opere, una sua rassegna personale, in cui la parte più
importante l’ha Seven Kids of Death, l’opera che l’ha lanciata
nel mondo dell’arte, ma intorno a cui lei ha costruito un suo percorso
personale di arte contemporanea. La “personale” è stata sponsorizzata da
Max Buell suo secondo marito e noto costruttore edile, che intende
lanciare definitivamente Tootles ma nel tempo stesso sponsorizzare un
complesso condominiale ultramoderno che ha edificato nel frattempo, poco
distante dal luogo dove è previsto il ricevimento che deve
ufficialmente lanciare il progetto; al condominio hanno lavorato oltre
che Max, anche suo figlio Johnny, desideroso di mettersi in luce presso
il padre e riuscire quindi a convincerlo a lasciare a lui l’impresa, e
Thomas Ditmar, capo cantiere e braccio destro di Max Buell da quasi
trent’anni.
Alla manifestazione sono stati invitati molti
diversi personaggi: la risonanza dell’evento è alta, e fra gli invitati
c’è la creme dell’ambiente. Vi sono anche personaggi della finanza e
dell’imprenditoria, perché il villaggio ultramoderno, costruito non
lesinando soldi e tecnologie all’avanguardia, è destinato ad accogliere
artisti ma non solo.
Fra gli invitati arriva anche Paul Volte noto
critico d’arte e la sua ex Victoria Leeds, editor newyorkese che, a sua
volta, avendo conosciuto Toni, giovanissima scultrice, l’ha introdotta
nel gruppo di artisti che fa capo a Tootles.
Al momento dell’inaugurazione, tuttavia, proprio
Victoria Leeds scompare. Si mettono molti alla sua ricerca, ma invano.
Battendo vari luoghi, esaminano dapprima il fienile, dove sono state
accatastate le casse contenenti le opere che devono partecipare alla
mostra: sospettando che in una possa essere stato celato il corpo
dell’amica di Paul, sempre che sia stata uccisa o comunque messa fuori
gioco, le aprono una ad una e rinvengono le varie opere o imbrattate di
vernice o rotte o comunque lesionate gravemente, tale da non poter
essere più esposte: perché sono state chiuse addirittura nelle casse
d’imballaggio, quando per una persona che si sospetta si sia dovuta
assentare furtivamente dalla festa per compiere il misfatto, sarebbe
stato necessario non perdere tempo per evitare di essere sorpresa?
Perché chiudere le casse, quando sarebbe bastato aprire le casse e
distruggere o rovinare per sempre i capolavori di Tootles? E perché
alcune opere sono state lesionate e altre no?
Fatto sta che qualcuno comincia a sospettare che la
persona scomparsa, sia quella che abbia intenzionalmente voluto
distruggere la fama di Tootles: ma perché Victoria Leeds, critico e
amica di Tootles avrebbe dovuto compiere un’azione tanto meschina? Ma,
sempre non tralasciando nulla, si sente la necessità di andare a
perquisire il complesso condominiale, ancora disabitato, in cui andranno
ad abitare sia Tootles che suo marito: pur essendo virtualmente
impossibile, perché l’appartamento, come tutti gli altri del villaggio, è
protetto da sistemi di sorveglianza elettronici di ultima generazione,
trovano Victoria Leeds strangolata.
L’ora della morte è presumibile, ma neanche tanto,
visto che l’aria condizionata, presente nell’appartamento è così
inferiore a 18° da far rabbrividire dal freddo chi vi si avventura
dentro. Visti gli spostamenti delle persone interessate, sarebbe proprio
l’organizzatrice della mostra peronale, Tootles, la maggiore
sospettata, in quanto si ipotizza che, avendo trovato Victoria Leeds
intenta a rovinare per sempre i suoi capolavori,
avrebbe potuto ucciderla: ma perché proprio nel suo appartamento e non
invece nel fienile, dove sarebbe stato più comodo e più pratico? Perché
correre il rischio di essere scoperta, portando il corpo ? E se invece
la vittima vi fosse andata di persona, vi è stata costretta oppure no?
Lo sceriffo della contea è perplesso, e non vuole
arrestare Tootles senza prove, e così è contento quando apprende che
Constance e Charlie sono stati assunti da Max per trovare il vero
colpevole e scagionare la sospettata principale. Ben presto si riesce a
capire, come apparentemente in modo impossibile, la vittima si trovasse
lì: il fatto è che le porte sono accessibili solo mediante ascensori
esclusivi per ciascun appartamento e usabili con chiavi elettroniche;
quindi, escludendo che la vittima vi si fosse recata personalmente e
fosse riuscita ad accedere da sola, è chiaro che qualcun altro l’avesse
fatta entrare. Il fatto è che, monitorando i tempi, parrebbe che nessuno
avrebbe potuto farlo, perché all’ora in cui si ritiene sia stata
uccisa, nessuno parrebbe essere stato lontano dal ricevimento, tranne il
figlio di Max, Johnny, che era lì assieme ad alcune sue amiche, le
quali però giurano che nell’appartamento non vi fosse nessun cadavere. E
poi da lì è andato via con loro, e il suo alibi è stato confermato.
Quindi dev’essere stato qualcun altro. Ma nulla si trova. Tanto più, ci
sarebbe anche il custode dello stabile che nega di aver visto qualcuno
avvicinarsi al complesso. In sostanzam le possibilità che qualcuno possa
avere ucciso Victoria Leeds in quell’appartamento, sembrano
inesistenti.
Ben presto altre indagini si intersecano a questa:
quella di uno strano incidente dell’architetto Muscleman, uno dei
professionisti che erano stati incaricati di approntare il progetto del
complesso abitativo, sfracellatosi al suolo cadendo dal terrazzo di uno
degli stabili del complesso condominiale. Pare che lui avesse preso
contatto, alcuni giorni prima della sua morte, proprio con Victoria
Leeds. C’è un filo comune che unisce le due morti?
A queste 2 piste, si unisce un’altra ancora che ha
per fine quello di separare il danneggiamento delle opere dalla morte di
Victoria: e se queste fossero state danneggiate da altra persona? E in
più vi è ancora un altro motivo di confusione: sia Marion che sua
sorella Beatrice (Ba Ba) sono fissate di spiritismo, e in particolare
Marion sostiene di aver avuto un dono, quello dell’arte in cambio del
dolore che avrebbe causato a chi si fosse unito a lei: così le sue
disavventure amorose. Pare che giustifichino questo strano patto
“diabolico”. Il fatto è che Paul Volte si convince di aver ricevuto
anche lui questo dono, e che il prezzo sia stato la morte di Victoria.
Constance e Charlie devono quindi dimostrare che non sia lui il
responsabile della morte della sua ex e che sia qualcun altro.
Innanzitutto dimostreranno chi abbia danneggiato le opere e perché, chi
sia stato ad uccidere Victoria, e che non sia la stessa persona. E che
non c’entrano né Paul che Victoria.
Non si tratta evidentemente di una Camera Chiusa
propriamente detta, perché manca il presupposto della chiusura
dell’appartamento o dell’impossibilità che l’assassino sia potuto
fuggire: infatti la testimonianza del custode non è detto che sia
definitiva. Invece direi che si tratti di Delitto Impossibile:
mancherebbero le condizioni per cui possa essere stato messo in atto.
La soluzione non è però relativa ad uno spostamento dei tempi (come in Hag’s Nook di John Dickson Carr o in Evil under the Sun
di Agatha Christie, che vede l’inganno dell’assassino o della vittima),
ma piuttosto può ricercarsi nello spostamento dei luoghi: come? A me
pare molto simile la soluzione, se non addirittura derivata, rispetto a
quella ideata da John Sladek in By Unknown Hand, il racconto con
cui Sladek si affermò ad un importante concorso letterario inglese nella
cui giuria sedeva nientepopodimeno che la stessa Agatha Christie: un
detective (quindi un testimone oculare) vede la vittima entrare in una
camera d’albergo, mentre lui è seduto nel corridoio di fronte alla porta
(deve sorvegliare perché nulla possa accadere al padrone di casa); poi,
quando irrompe in essa, trova la vittima strangolata, senza che
l’assassino possa essere uscito da qualche parte. La grandezza di
quell’opera, da noi completamente sconosciuta, sta nella sua
sconcertante semplicità di messinscena, come del resto accade nell’opera
della Wilhelm.. Entrambe le opere hanno una sola debolezza, che poi è
l’unico indizio capace di indirizzare il genio deduttivo nella direzione
esatta: nel racconto di Sladek, è una poltroncina arancione, su cui il
testimone era seduto, che poi scompare; nel romanzo della Wilhelm, è un
enorme mazzo di rose, che sarebbe dovuto essere trovato nell’ascensore
privato dell’appartamento, dove era stato messo in bella vista lì, la
stessa mattina, e che invece risulta essere scomparso, senza che nessuno
possa averlo nel frattempo potuto toglierlo, visto che le chiavi
elettroniche sono pochissime ed in mano di persone che hanno alibi di
ferro. In sostanza l’apparizione di un corpo e la sparizione di un
oggetto.
Per il resto, il ritmo del romanzo è lento
nell’incedere almeno all’inizio, con argomenti che alla lunga, risultano
poco in connessione diretta col delitto e pertanto appesantiscono
inutilmente il plot, che risulta troppo complesso. Poi, man mano che
l’indagine procede, acquista ritmo, ma sempre piuttosto relativo, in
rapporto soprattutto alle multiformi personalità dei personaggi, che non
sempre hanno attinenza con il fatto in sè per sè. Di rimando, esse sono
ben delineate e pertanto possiamo dire trattarsi di un mystery con
movenze psicologiche, non eccessive, che risulta molto simile al
racconto di Sladek: chi lo conosce, forse può capire dove io voglia
andare a parare, chi non l’ha letto, dovrà invece procurarsi il libro
della Wilhelm per capire cosa io voglia dire.
L’ambientazione iper-tecnologica distoglie
però l’attenzione del lettore e non lo fa riflettere sulla possibile
facilità di risoluzione: se da un lato, questo causa la sorpresa per la
soluzione, essa risulta però come se cadesse dal cielo, senza che il
lettore sia riuscito a collegare da solo i fatti, seguendo un filo
logico ben definito.
Pietro De Palma
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