Quella raccolta di racconti di Adey pubblicata da Garden,
"The Art of Impossible", ebbe il compito di far conoscere dei racconti mai pubblicati prima. E se si
tien conto che soprattutto Garden non si può dire sia mai stata una diretta
concorrente di Mondadori (qual è ora per es. Polillo per quanto attiene al
Mystery), la cosa riempie ancor più di meraviglia.
Fatto sta che il primo volumetto dei tre, conteneva tra gli
altri, un pezzo eccellente, un racconto che per molti anni è stato unico in
Italia, “Dall’altra parte”, di Hake Talbot. Poi, nel 2012, proprio Polillo, si
è ricordato di questo splendido racconto e l’ha inserito nella sua strenna
natalizia, Delitti Impossibili, con
altra traduzione. Tanto più che di Hake Talbot, c’è veramente poco in giro: i
suoi due romanzi, Rim of the Pit e The Hangman's Handyman (entrambi tradotti da
Mondadori) e solo due racconti, The
High House e The Other Side. In realtà, Henning
Nelms, questo il vero nominativo di Hake Talbot, di racconti ne scrisse molti,
ma al momento risultano dispersi, come pure scrisse addirittura un terzo
romanzo,The Affair of the Half-Witness, che in seguito, siccome non
trovava chi volesse pubblicarlo,non si sa se sia stato distrutto oppure se sia semplicemente ancora dimenticato (magari in qualche soffitta della città di Arlington, dove egli visse).
Anticipo che del racconto darò la soluzione perché data la
brevità di esso, per potermi addentrare in certe sue caratteristiche, non posso
fare altrimenti. Per cui, chi non l’abbia letto ancora, se lo procuri e poi,
solo dopo, legga questa analisi.
I
personaggi sono quelli già visti in The
Rim of the Pit, cioè il giocatore Rogan Kincaid, e l’illusionista Svetozar
Vok.
Questa volta sono impegnati a smascherare il capo di una
setta, tale Ergon, ungherese , che ha acquisito un notevole potere su Imogene
Lathrop, tutrice della sedicenne, e quindi ancora minorenne, Daphne Lathrop,
figlia di un fratello di Imogene, prematuramente deceduto e grazie a questa
influenza, sta tentando di acquisire a sua volta la tutela sulla ragazza, per
poterne amministrare l’ingente fortuna. Tuttavia, al suo piano si oppongono i
due fratelli di Imogene, il Colonnello Boyd Lathrop molto alto e secco, e il
maggiore dei due, e il Maggiore Clifford Lathrop, più grasso, basso e il minore
dei due. Il maggiore dei due, Boyd, ha incontrato per caso Kincaid, che ha già
conosciuto nel passato, e a lui chiede aiuto per smascherare Ergon. Così lo
conduce a casa sua, e qui Kincaid fa anche la conoscenza di Ergon, giacchè
questi abita nell’appartamento adiacente a quello dei due fratelli e della
ragazza. Proprio davanti a Kincaid ha luogo l’ennesimo scontro tra Ergon e i
due fratelli: Ergon vuole restare solo coi due, poi c’è uno scontro tra di
loro, a cui dopo seguirà il
pronunciamento di un’ oscura minaccia, che in sostanza è una maledizione
mortale, nei confronti di Boyd reo di avere sfidato colui che è protetto da
potenze dell’Oltretomba.
Mentre l’atmosfera è surriscaldata, e Boyd è turbato dalla
minaccia di morte indirizzatagli dal santone, accade l’irreparabile: con la
scusa di andare nel salotto, laddove c’è il camino e una collezione di armi da
tiro, di cui i due sono fanatici, a provare una pistola, accade che Boyd sembra
che abbia rivolto una contro se stesso, giacchè un secondo dopo che è uscito
dalla stanza dov’è il fratello e Kincaid, si sente lo sparo e Roger appena
varcata la soglia della stanza, vede cadere a terra Boyd Lathrop, ferito mortalmente da un
proiettile, sopra l’occhio destro.
Nella stanza non c’è nessuno, le finestre sono chiuse
dall’interno, e non c’è altra apertura, tranne quella attraverso la quale è
passato Kincaid attirato dallo sparo; e il fatto che sia arrivato appena in
tempo per vedere il corpo senza vita di Boyd accasciarsi a terra, significa che
nessun altro ha avuto la possibilità di uccidere il colonnello e uscire da lì
senza non dover volatilizzarsi per forza.
La pistola viene trovata sotto un divano. Viene lasciata lì
in attesa che arrivi la polizia scientifica e il tenente Nichols, conoscente di
Kincaid. Quando viene esaminata, si trovano solo le impronte del colonnello, e
risulta che è proprio quella l’arma usata per uccidere.
A questo punto parrebbe che solo l’ipotesi del suicidio stia
in piedi: la pistola l’ha maneggiata solo lui, è la pistola che ha sparato,
nella stanza non c’era nessun altro, l’uscio era solo quello attraverso cui era
passato lui e poi Kincaid, e le finestre erano sbarrate. Insomma…
Ma il fretello della vittima non si rassegna: non c’era
alcun motivo che suo fratello potesse suicidarsi; e poi perché? Piuttosto…può
darsi che sia stato indotto ad uccidersi. E come? Mediante la cantilena che
tutti hanno sentito pronunciare dal Santone, pochi minuti prima della tragedia.
Poi si pensa che l’induzione sia stata possibile attraverso un’altra forma di
istigazione all’omicidio: l’ipnotizzazione.
Insomma Kincaid a questo punto chiama in causa il suo amico
Svetozar Vok perché lo aiuti a scoprire come abbia fatto Ergon a uccidere il
colonnello senza lasciare traccia di sé.
Vok arriva ed elabora un piano per prendere di sorpresa
l’ungherese. Lui è ceco ma l’idioma ungherese lo conosce: cercherà di
costringerlo a tradirsi. Cosa che
accade. Il successivo tentativo di uccidere Vok sarà la prova della sua
colpevolezza.
Diciamo subito che la Camera Chiusa è veramente tale: qui
non c’è qualcuno che aiuti il santone come accade altre volte, né vi sono
trucchi a riguardo del tempo spostato avanti o indietro, e del resto non
potrebbe essere perché Kincaid quando sullo slancio entra nella stanza da dove
ha sentito lo sparo, non vede la pistola fumante (in quel caso vari potrebbero
essere i trucchi per far accadere ciò) ma il corpo che cade fulminato: quindi
non v’è tempo per imbastire un trucco, semmai se ve ne sia uno (e c’è), esso è
stato già messo in pratica. Semmai vi è stata prima dell’uccisione una
messinscena, che non è connessa direttamente all’uccisione ma invece ha un
compito diversivo: far pensare che ci sia stato un suicidio o comunque che
Ergon tramite una maledizione o intimazione ipnotica lanciata dall’appartamento
adiacente Lerd ferbeh maghaad, “ti
farai saltare le cervella”, sia riuscito a far sì che il colonnello si
uccidesse.
In realtà il trucco è stato un altro e in questo è il tocco
di genio di Talbot: siccome i due appartamenti, quello occupato dai fratelli
Lathrop e quello del mago ungherese sono identici e adiacenti e hanno anche i
medesimi accessori, cioè un caminetto per lato, col lato in comune e la canna
fumaria pure in comune, potrebbe essere stato esso la porta per entrare
nell’altro appartamento, per esempio una porta segreta nella muratura interna
del camino (come per es. in Indiana Jones
e l’ultima crociata). Invece il caminetto non c’entra nulla, e del resto,
essendoci stato del fuoco e cenere, se qualcuno fosse passato, non essendoci
stato il tempo materiale per pulire – sparo, morte, entrata in scena di Kincaid
– sarebbe rimasta la traccia di polvere sul pavimento. No. Il trucco è un
altro, più geniale: a lato del caminetto, in ambedue gli appartamenti, vi sono
dei portalampade fissati nel medesimo punto: lasciando un foro nel muro per
lato, in sostanza, essendo le pareti divisorie tra i due appartamenti sottili,
tanto che si sente la maledizione lanciata da Ergon, è bastato sfondare quel
poco di muratura, per avere un foro comunicante: attraverso questo è stata
introdotta la canna della pistola, e quando l’alto colonnello si è chinato per
esercitarsi con una pistola contenuta nella cassetta vicino al caminetto, è stato
centrato alla fronte da un colpo di pistola sparato quasi a bruciapelo.
Detto così il racconto sarebbe un must. Tuttavia a me non
pare. Mi spiego.
Quando analizzai The
Rim of the Pit, ebbi a dire : “non riesce, al pari di Carr, cui si
richiama, a fornire una spiegazione chiara ed accettabile dei delitti, che
invece rimane farraginosa ed irrisolta, a testimoniare che non sempre,
arrampicandosi sugli specchi, si riesca poi a scalarli. Insomma quello che in ambiente molto più
specialistico del mio, altri affermano : “The
actual impossible murders (there are two) are well set up but less convincingly
resolved, though they’re certainly original. In my opinion it’s very good, but
not great.”.
http://camerechiuse.blogspot.it/2015/12/hake-talbot-lorlo-dellabisso-rim-of-pit.html
L’ho detto in quell’occasione, lo ribadisco in questa:
Talbot è grande nella messinscena, crea un grande trucco ed è abile anche nel
tentare un’azione diversiva facendo credere al suicidio, e in questo caso
riesce anche a creare un’atmosfera tangibile tale che fino a poco prima della
fine, veramente si pensi ancvhe allo scontro tra due entità psichicamente
forti: Vok ed Ergon. Quando Vok, assieme a Kincaid e tre poliziotti tra cui
Nichols, entra nell’appartamento di Ergon, e lì psichicamente i due, il ceco e
l’ungherese si affrontano, la scena è fortemente caratterizzante e il lettore
tiene il fiato sospeso e fino all’ultimo pensa finanche che Ergon sia stato a
sua volta ipnotizzato da Vok e costretto ad autoaccusarsi. Però il racconto è
debole proprio sul fronte della risoluzione del problema: in altre parole
Talbot, una volta ideato il plot e creati un trucco spettacolare che spieghi
l’arcano, poi non riesce a trarne tutto il vantaggio che vorrebbe perché è
deficitario in qualche parte.
I difetti
del plot io li individuo in :
nella sostituzione
della pistola: si è detto che è stata trovata una pistola sotto al bordo
del divano. Come ci sia finita, verrà esemplificato nella spiegazione finale:
Ergon si è impossessato di due pistole, e nel momento in cui è apparso per la
prima volta dinanzi a Kincaid e ha chiesto di rimanere solo, portando nelle ampie maniche
del saio che indossa una pistola, è riuscita a farla cadere vicino al divano.
Ora, far cadere qualcosa rimanendo in piedi, si può anche fare (non si accenna
a tappeti in grado di attutire il rumore) sperando che non si produca alcun
rumore in grado di richiamare l’attenzione o magari producendo un rumore pari
per distogliere l’attenzione. Ma poi è stato necessario – per forza –
sostituire questa pistola, usata già e con le impronte dei due fratelli, con
l’altra, quella che ha sparato. E come ha fatto Ergon? Di questa seconda
entrata in scena, non ne viene data alcuna esemplificazione
disattenzione del
Maggiore Boyd : è possibile che dopo la morte del fratello, il Maggiore non
abbia controllato le armi di cui lui e il fratello si servivano e non abbia
osservato che dalla cassetta mancava un’altra pistola? Inverosimile
ma soprattutto il
foro nel muro : perché la morte sia stata possibile, era necessario non
solo che Ergon togliesse il supporto del portalampade dal suo appartamento, ma
anche quello dell’appartamento adiacente, altrimenti il colpo di pistola
avrebbe fatto saltare in aria il portalampade dell’appartamento dei due
fratelli e non il cervello di Boyd Lathrop. Ma allora, si dovrebbe
automaticamente supporre che il supporto dalla stanza dei due fosse stato
preventivamente asportato per rendere esecutivo l’assassinio. In questo caso,
ci si dovrebbe chiedere per quale motivo i due fratelli non si siano accorti
del portalampade asportato dal muro del proprio appartamento. Ma anche posto
che il portalampade fosse al suo posto nel muro, mascherando il foro e che solo
un momento prima dell’omicidio Ergon lo abbia spinto dall’altra parte facendolo
cadere e liberando il foro, come mai sarebbe riuscito a rimascherare il foro dopo
lo sparo? E’ questo il punto. Perché dopo la morte di Boyd Lathrop, pur
riconoscendo in altra parte del libro la sottile psicologia deduttiva di
Kincaid che riesce a vedere e spiegare ciò che altri non vedono e non spiegano,
nel momento in cui è entrato nella stanza e ha visto cadere fulminato il povero
Lathrop, non ha visto nessun foro nel muro; e del resto un momento dopo è
arrivato nella stanza Clifford, e neanche lui si è accorto di un foro nel muro
e dell’assenza di un supporto per lampada? Del resto, vi è anche una conseguenza
diretta di ciò nello scontro finale tra Vok ed Ergon: quale fine avrebbe avuto
uno scontro tra Vok ed Ergon se il metodo di uccidere senza entrare nell’appartamento
fosse stato già chiaro prima?
Infine vi è il succitato scontro psichico tra Vok ed
Ergon:
quello che non si capisce è cosa sia questo scontro psichico
e che fine abbia, se il fine non è ipnotizzare. Teoricamente Vok si scontra
psichicamente con Ergon per avere delle prove, che altrimenti sarebbero futili:
ma che prove sono se a parlare, cioè a confessare non è Ergon ma Vok che spiega
cosa ha fatto Ergon? Per di più Vok dice che Kincaid aveva capito già tutto, ma
serviva una rappresentazione per indurre una personalità tanto forte, capace di
soggiogare, ad essere soggiogata. Però anche questa asserzione è difettosa:
come ha fatto Kincaid a capire tutto, se entrano nell’appartamento di Ergon
immediatamente prima dello scontro psichico, e solo allora si accorgono che i
due appartamenti sono speculari e arredati con gli stessi accessori, eccezion
fatta per il mobilio che non c’è tranne una rozza stuoia sul pavimento?
Ecco perché dico che al pari di The Rim of the Pit, anche questo racconto non risolve tutto quello
che viene inserito: questo è il grosso limite di Talbot, che non riesce a tener
conto di tutto quello pensa. E’ come se scrivesse di getto le sue opere, senza
tener conto delle aspettative che tutto quello che aveva scritto avrebbe generato.
Pecca ina altre parole di troppa fantasia non mitigata dalla razionalità: come
non chiedersi conto del foro nel muro? E come non pensare che Kincaid che si
spaccia per un cervello fine, proprio in occasione della scoperta del cadavere,
non lo rilevi e neanche il fratello rimasto se ne accorga? E’ del tutto
inverosimile.
Anche se devo riconoscere che in se per se la trovata di
sparare attraverso un foro nel muro mascherato da due appliques è geniale: tuttavia è in un certo modo una variazione
della soluzione di una celebre Camera Chiusa di Carr, The Judas Window , a sua volta variata molti anni dopo Randal
Garrett in Too Many Magicians. Talbot è chiaramente debitore a Carr: crea
delle grandi atmosfere, e qui l’atmosfera francamente è la cosa migliore; e crea
delle grandi camere, e anche in questo è debitore di Carr: però mentre Carr
spiega tutto, e tutto ha una spiegazione razionale, Talbot non riesce a
spiegare tutto quello che immette. Non
ha neanche molti sospettabili, come pure nei racconti di Carr: solo che lì per
spiegare l’arcano ci vogliono veramente i fiocchi e i controfiocchi. E non si
apparenta neanche all’ Howdunnit francese che si basa solo sulla Camera Chiusa
e in cui il colpevole è facile pensare chi sia, ma difficile da provare perché lì
egli viene individuato solo sulla base della risoluzione della Camera Chiusa su
cui si basa tutto lo scritto, che è di per sé quasi sempre un problema
spaccacervelli: qui il colpevole si sa chi sia, ma non si prova fino alla
soluzione finale, solo che essa latita in chiarezza in alcuni punti, che in
pratica non vengono risolti.
Pietro De Palma
Buongiorno Piero
RispondiEliminaHo appena adesso finito il racconto che ho preso da Polillo. Non avevo letto il post perché avevi correttamente segnalato lo spoiler.
Che dire.
A lettura terminata immediatamente ho pensato le tue stesse considerazioni per ciò che riguarda1) la seconda pistola quando e come viene sostituita; 2) un ceco che parla con un ungherese in dialogo accorato e intimo mi sembra strano..ok capire l'idioma, ma parlare di confessioni di delitto....
3) ho colto anche io la simmetria con Judas. Ma li l analisi del pertugio nella porta viene analizzata in due pagine di testo dettagliate. Qui il nulla. Nella stessa raccolta c'è Gentiluomo di Parigi(JDC) Vuoi mettere?