Keigo
Higashino è uno scrittore giapponese molto conosciuto (anche in Italia ) non
solo per alcuni suoi romanzi tradotti, ma anche per il soggetto della
famosissima serie cartoon, Detective Conan.
In
Italia già parecchi suoi romanzi sono apparsi:
Il
primo comunque ad essere pubblicato nel 2000 da Mondadori nella collana de Il Giallo Mondadori, col titolo Filastrocca
per l’assassino fu Hakuba Sansō Satsujin Jiken (白馬山荘殺人事件?) del 1986.
Era
stato anni fa il secondo romanzo di Kigashino ad essere stato pubblicato, dopo
l’esordio fulminante dell’anno prima di Hōkago (放課後?), un romanzo con un delitto in una camera chiusa anzi…in uno
spogliatoio di una scuola, chiuso dall’interno.
Anche 白馬山荘殺人事件 che
significa “Il caso di omicidio di Hakuba Sanso” in realtà è una camera chiusa,
ma il romanzo non si impernia su di essa ma su una serie di delitti, la cui
spiegazione è affidata alla comprensione di una serie di filastrocche di Mamma
Oca.
Infatti
Makoto e Naoko, due amiche intime, fanno un viaggio alla volta della pensione
di Hakuba Sanso, una costruzione a forma di L, in mezzo alle montagne, dove ha
trovato la mort, un anno prima, il fratello di Naoko, Koichi Hara. Naoko non si
fa registrare alla pensione con il suo vero cognome ma con un altro, per non
rendere palese la sua consanguineità col fratello e poter svolgere le indagini
in tutta calma: infatti entrambe non sono persuase della motivazione di morte
data dalla polizia: suicidio. Il ragazzo è vero che era piuttosto chiuso, ma la
sorella è persuasa che non avrebbe mai fatto un gesto simile, tanto più che non
aveva mai dato luogo a manifestazioni di depressione violenta. Tuttavia se la
polizia ha dato quella motivazione, è perché il giovane è stato trovato nella
sua camera, chiusa dall’interno, e con la finestra ermeticamente chiusa, e dopo
aver fatto esperimenti ha sancito che non poteva essere in alcun modo rinchiusa
dall’esterno.
Tuttavia
le due amiche, che fanno conoscenza con due coppie di persone e con una serie
di individui, più o meno strani, vengono a sapere dell’esistenza nella
pensione, di una serie di incisioni, una per ogni camera, recante ognuna una
delle filastrocche di Mamma Oca, sia nella versione inglese che in quella
tradotta giapponese; e vengono anche a sapere della strana disposizione
testamentaria della padrona di quella casa, una inglese, vedova, che alla morte
del marito, l’aveva venduta per pochi soldi, ad un amico giapponese del marito,
che lì avrebbe voluto impiantare una pensione: in sostanza, non avrebbe dovuto
spostare dalle camere quei quadri.
Ciascuna
camera ha un nome particolare.
Naoko
viene a sapere il fratello prima di morire di era interessato accanitamente a
quelle filastrocche, tanto da procurarsi il libro originale in inglese di Mother Goose, anche se del libro non era
stata trovata alcuna traccia.
A
queste strane filastrocche, che secondo lui sarebbero dovute essere lette
secondo un ordine ben preciso, e avrebbero celato un significato nascosto, si
aggiungono altri interrogativi (che noi chiamiamo Subplots): la morte due anni
prima di un gioielliere, Kawasaki, malato terminale di cancro, fuggito da casa d’inverno
con una cassetta piena di pietre preziose e diamanti, destinata ad un suo
figlio illegittimo, e riparato presso quella pensione, che era stato ritrovato
nella scarpata di un ponte di pietra, franato nel mezzo, come se fosse
scivolato sul ghiaccio; una strana statuetta della Madonna, con due corna; la
morte, mentre le due amiche dimorano nella pensione, di un tipo, Oki, che aveva
sentito rientrare nel cuore della notte in camera, proveniendo non si sa da
dove fuori della casa, e tendendo presente che fuori la temperatura era
sensibilmente bassa e c’era neve e ghiaccio. In verità prima che Oki venga
ritrovato morto, sfracellato anche lui nella scarpata sotto il ponte, le due
ragazze avevano trovato sotto il ponte un asse nuova di legno, pesante e
stabile che forse qualcuno avrebbe potuto utilizzare come passarella per
passare al di là del ponte, forse Oki. Quando lo trovano morto, la polizia
trova anche un asse, che non è quella che le due ragazze avevano trovato, ma
un’altra, vecchia e tarlata, con le orme dell’uomo. E’ evidente che qualcuno,
fidandosi dell’oscurità, avesse cambiato l’asse sotto il ponte, e Oki pensando
che fosse la sua, l’avesse utilizzata, rompendosi essa e morendo lui.
Naoko
si confida a Muramasa, l’ispettore di polizia, che sembra essere meno
intelligente di quel che si pensa fino a quando lui scopre una cosa a cui le
ragazze non avevano pensato: la carbonaia, il luogo che c’è al di là del ponte.
In attesa di vedere come la carbonaia possa essere collegata al resto, le due
ragazze fanno una scoperta: ogni primo verso della filastrocca non finisce con
una virgola come gli altri versi, ma con un punto. Leggendo ogni prima frase
accanto a quella di ognuna delle filastrocche presenti nelle varie stanze,
comprendono di avere un testo, in pratica un codice cifrato, nascosto.
E così
comprendono il messaggio finale che allude a qualcosa sepolto laddove in un
certo periodo dell’anno le ombre dei due monconi del ponte crollato, si
allungano e per un attimo lo restituiscono intero. Quando vi si recano, trovano
ad attenderli l’ispettore e il suo attendente, che hanno capito tutto: una
cassetta di legno c’è ma è vuota.
A
questo punto l’Ispettore, come in un romanzo anglosassone, convoca tutti i
clienti della locanda e il personale in una sala della stessa ed espone i
fatti, risolvendo il problema della Camera Chiusa e ovviamente individuando il
colpevole, anzi..i colpevoli. Perché l’omicida ha avuto un complice.
Responsabili anche delle altre due morti.
La
storia finirebbe qui ma lascia un grande quesito al lettore attento: se la
pensione esisteva da prima che arrivasse il gioielliere, e pure le
filastrocche, com’è possibile che facessero riferimento ad un luogo posteriore
nel tempo? A questo non indifferente quesito pone rimedio un doppio finale, in
cui Makoto e Naoko, rivedendo la propria soluzione delle filastrocche capiscono
di aver fatto un errore e che invece del tramonto per osservare le ombre, si
parla dell’alba, quando le ombre si ricongiungono in un’altra parte di terreno.
Anche qui trovano una cassa, più grossa
e dentro uno scheletro, quello di un bambino, del figlio dell’antica
padrona della pensione, l’inglese che aveva venduto tutto a Kirihata prima di
uccidersi. Non a caso una delle filastrocche faceva riferimento ad una
sentinella, a qualcuno sepolto sotto il ponte, erede di una tradizione macabra
medievale, quella di seppellire viva una persona dentro le fondamenta di un
ponte o di un castello, per una sorta di protezione magica.
Un
triplo finale, spiegherà la presenza di un pezzetto di ferro, trovato da chi
era insieme a Naoko e Makoto all’apertura della cassa, e occultato prontamente,
testimone della morte di un bambino durante una tormenta di neve, e poi di una
signora inglese, che era costata la felicità anche di un’altra persona.
Romanzo
notevole di Kigashino, si apparenta per
un’atmosfera costantemente triste più che macabra, e per una fantasia
straripante, forse anche troppo straripante, che appassiona ma talora frastorna
anche.
Nel
romanzo si distingue 1 plot , sostantazialmente, cioè la morte di Koichi Hara
all’interno di una Camera Chiusa, e vari subplots che dipendono direttamente o
indirettamente dal plot: le filastrocche, la morte del gioielliere Kawasaki e
la sparizione delle pietre preziose che portava con sé, la morte del bambino
dell’antica padrona della pensione e di lei stessa per suicidio, la morte di Oki
durante l’avventura delle due ragazze nella pensione.
Tutto
viene spiegato dettagliatamente, persino l’improbabilità di reperire un veleno
così raro come l’aconitina.
Interessantissimo
il meccanismo della Camera Chiusa:
Koichi Hara era stato trovato avvelenato nella
sua camera da letto, la cui finestra era chiusa dall’interno, e la stessa
porta, e chiusa era stata trovata anche la porta che comunicava col corridoio,
perché la stanza si componeva di una camera da letto e di un salottino esterno
ad essa. I tempi del suo ritrovamento erano stati tre: prima Takase, un giovane
dipendente aveva trovato chiusa la porta della camera da letto, poi aveva
trovato chiusa anche la porta che dava sul corridoio, e infine era andato ad aprire entrambe con un
passe-partout trovando morto l’ospite. Ora per come ho capito dopo aver letto e
riletto parecchie volte il passo, l’assassino avvelena la coca cola di Harata;
poi lascia il complice nella camera da letto, e quest’ultimo chiude la porta
dall’interno con serratura a scatto automatica e la finestra col chiavistello. L’assassino
va a chiamare Takase e gli ricorda che Hara ancora non si è fatto vivo per la
cena. Entrambi vanno e trovano la camera da letto chiusa dall’interno. Poi l’assassino
convince Takase ad andare a vedere di avvertire Hara attraverso la finestra, ma
ovviamente è chiusa. Tutto per far capire a Takase che entrambe, porta e
finestra siano inaccessibili. Intanto arriva Takase che bussa: il complice è
ancora nella stanza. Dopo che Takase va via, il complice riapre la porta della
camera da letto e va a chiudere la porta che dà sul corridoio; poi attraverso
la finestra della camera da letto, esce fuori lasciandola socchiusa e rientra
in casa. Mezzora dopo, l’assassino rientra dalla finestra, chiude dietro di sé la
finestra e la porta della camera da letto e si nasconde dietro il divano.
Intanto la complice ha convinto Takase ad entrare usando il passe partout. Dopo
aver aperto la porta del salottino, e poi quella della camera da letto, lui
sguscia fuori da dietro il divano e va via, riuscendo a materializzarsi dietro
Takase, come se stesse giungendo da altro ambiente della pensione. E il gioco è
fatto! E’ un’altra di quelle grandi camere chiuse che per la loro
spettacolarità e difficoltà, devono necessariamente abbisognare di una
messinscena in cui entrino per forza due persone, che agiscono a turno per
truccarla.
Per
comodità ho diviso l’azione tra assassino e complice, ma nella realtà dei
fatti, è più probabile che il complice abbia assassinato Koichi mentre l’altro
ha provocato la morte di Osaki che li ricattava. In sostanza abbiamo due
soggetti uniti da un patto criminale che assassinano a seconda
dell’opportunità. Interessantissima la soluzione come si vede. Tuttavia lascia
uno spiraglio, che per me rende la
soluzione un po’ debole: il passe partout. L’esistenza di un passe partout, e
il fatto che le camere siano aperte da Takase, riduce l’impossibilità di
parecchio: qui non abbiamo porte chiuse dall’interno mediante chiavistelli e/o
con chiavi inserite dentro, ma porte chiuse con serrature a scatto. In
definitiva, chiunque dotato di passe partout senza fare il macello descritto,
sarebbe potuto entrare ed uscire comodamente. Perché questo non potesse
verificarsi si sarebbe dovuto eleminare dai sospetti sia Takase e Kirihara,
rispettivamente dipendente e padrone della pensione. Non solo. Chiunque sarebbe
potuto entrare col passe partout, se dipendente . E dipendenti sono anche
Kurumi, la cameriera; e lo chef. Quindi si sarebbero dovuti eliminare anche
loro dai sospetti. Quello che il romanzo non dice abbastanza è sul passe
partout: sull’impossibilità che esso potesse essere usato anche dagli altri; e
sull’innocenza di Kirihara e Takase.
Al di
là di questo punto debole, il romanzo è un tripudio di situazioni misteriose,
una vera bellezza.
Hakuba Sansō Satsujin
Jiken diversamente dai romanzi più posteriori, di taglio più psicologico
e più forti, procede nel verso del
Mystery di ispirazione anglosassone, anzi quasi ne è un tributo. Ovviamente ci
mette del suo: lo si vede soprattutto nell’atmosfera, nelle descrizioni sempre
molto vivide, nei paesaggi e nei riferimenti tipicamente asiatici (i due
tronconi del ponte crollato vengono paragonati a due draghi, madre e figlio che
si guardano l’un l’altro). Però il riferimento ai temi anglosassoni è
chiarissimo: La filastrocca di Mamma Oca, già utilizzata in romanzi di Agatha
Christie, S.S. Van Dine ed Ellery Queen.
Ora che Christie, Van Dine ed Ellery Queen, abbiano influenzato la
cultura giallistica nipponica, è un fatto assodato; e anche in maniera alquanto
marcata. E allora come non riconoscere l’influsso di alcuni loro romanzi su questo
di Higashino?
Tra i tre romanzi (There
Was an Old Woman del 1943, di Ellery Queen; The Bishop Murder Case di Van Dine, 1928,
che si sarebbe dovuto chiamare in origine The
Mother Goose Murder Case; A Pocket full of Rye, del 1953 di Agatha
Christie), quello che forse può aver avuto maggiormente peso è proprio quello
di Agatha Christie: infatti in entrambi i romanzi, la vittima del plot, è
uccisa mediante un veleno: aconitina come nel caso di Higashino, tassina in
quello di Agatha Christie. E in entrambi i casi, trattasi di veleni assai poco
conosciuti e difficili da procurarsi anche se mortali: l’aconitina si ottiene per
distillazione delle radici dell’aconito, un pianta dai fiori azzurri; la
tassina, per distillazione di foglie, rami e semi dell’albero del tasso, detto
albero della morte (la bacchetta magica di Valdemort, in Henry Potter , è fatta
di legno di tasso). Altro indizio che ci porta da Agatha Christie, è la figura
dell’Ispettore Muramasa. Infatti a pag.111 leggiamo: “Naoko pensò che l’uomo somigliava al famoso investigatore Poirot. Non
che la sua immagine si sovrapponesse perfettamente a quella del celebre
personaggio, era la scena ad evocarla: le pareva infatti di averla già vista”.
Per il meccanismo della Camera Chiusa, se devo dire la verità, questa
mi ha riportato alla mente, ma probabilmente è solo associazione di idee, la
prima camera Chiusa di Whistle Up The Devil di Derek Smith, anche per la
funzione che ha la finestra e la partecipazione di un complice alla riuscita
del piano.
Quel
che colpisce, è come dicevo l’atmosfera triste che pervade la storia. Ora i
romanzi nipponici sono di solito tristi, melanconici. Non so se sia una
caratteristica loro, oppure se quest’aura di pesantezza sia derivata dal
bombardamento nucleare del 1945. Non lo so. Fatto sta che di solito i romanzi e
i racconti nipponici non sono certo allegri. E normalmente sono pieni di
sangue. Qui invece c’è un accadimento diverso: neanche una goccia di sangue.
La
Camera Chiusa non condiziona tutto il romanzo, ma, esposta all’inizio della
storia, viene abbandonata e sostituita da tutta un’altra serie di vicende,
soprattutto il mistero delle filastrocche, per poi essere ripresa alla fine,
quando viene spiegata: un po’ come lo stesso procedimento che vediamo esposto
nel capolavoro di Alan Thomas: The Death of Laurence Vining. Da questo punto di
vista sembra un mystery anni Trenta; e un’altra caratteristica che ci porta di
filato alla miglior tradizione anglosassone, è la piantina che troviamo
descritta, così come Takate la schizza per desiderio di Makoto e Naoko. E poi
la spiegazione di Muramasa e l’individuazione dei colpevoli, fatte nel mentre
di una riunione nel salone dell’albergo davanti a tutti gli attori del dramma:
altra caratteristica peculiare dei gialli anglosassoni.
Insomma,
un bellissimo romanzo, che non sarebbe male riproporre in Italia.
Pietro De Palma
Gran bel romanzo. Di Higashino c'è anche una serie TV tratta dal suo detective Galileo, ovviamente inedita in Italia.
RispondiEliminaMa detective Conan non è di Gosho Ayoama?
Carter