La Società Editrice Pagotto, se mai ha avuto un
pregio, è stato quello di aver cercato, in un periodo, in cui il Giallo in
Italia si dimostrava tenacemente anglofilo, di invertire il senso della
tradizione, cercando oltralpe dei validi sostituti al giallo d’Albione.
Ovviamente, diciamo noi, avrebbe potuto raccogliere
ben altra messe, magari attingendo a Lanteaume o a Vindry; invece egli si
accontentò di pubblicare gran parte della produzione di Steeman, autore che in
quegli anni era al massimo della conoscenza e della fama in Italia, e qualcuno
degli autori francesi che si erano segnalati maggiormente: tra questi, Decrest
e Boileau, e minori, come Duvic, Renard, Mandelstamn, Ashton, Mc Orlan.
Pubblicò persino, come battistrada, il primo romanzo di Pierre Very, altro
grande romanziere francese, di cui nelle Palmine Mondadori era stata pubblicata
la sua Camera Chiusa, Le Vipere di cristallo (Les Quatre
Vipères), molto famoso in Francia, il cui primo romanzo, Le Testament de
Basil Crookes, quello presentato come primo romanzo della serie Pagotto,
aveva meritato il Prix du Roman d’Aventures .
Di Boileau, vennero pubblicati in codesta serie ben
otto romanzi (precedenti come periodo, alla sua collaborazione con Thomas
Narcejac): tra questi, anche, L’assassino invisibile, “L’assassin
vient les mains vides ” (1945).
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Mentre stanno a Parigi, Brunel si accorge che qualcuno
li sta tenendo d’occhio, e più tardi riconosce in costui il domestico personale
della vecchia Apolline, Simon.
La vecchia, appena arrivati, nonostante Alex sia il
suo nipote prediletto, non lo saluta, mentre maltratta l’altro nipote, Georges
reo di non averla frequentata negli ultimi tempi, e accoglie i nuovi venuti con
molte smancerie.
Avute le stanze, dopo cena, Brunel, Pierre, Alex e la
fidanzata, decidono di giocare a bridge, dopo che hanno fumato e bevuto, mentre
Georges fa un giro fuori, nel giardino. La vecchia chiede ad Alex di passare a
fare un’ispezione e di chiudere tutto, cosa che Alex fa, per poi tornare dai
compagni: mentre tuttavia stanno giocando, sentono delle grida altissime, provenire
dal primo piano, dalla stanza della vecchia. Lanciatisi per le scale, la
trovano pugnalata, in un lago di sangue: mentre Alex resta a vegliare il
cadavere della zia, Brunel e Pierre si dividono i compiti: uno va sopra e uno
giù: Pierre appura che se mai qualcuno fosse entrato dal di fuori in casa, si
sarebbe trovato davanti Gustave, che stava rimettendo a posto il vasellame e le
posate usate per la cena, quindi l’assassino può essere andato solo sopra, al
secondo piano, dove non trovano nessuno. Dal secondo piano, è sceso solo Simon,
il domestico personale di Apolline Fontaille, fidatissimo, con i piedi nudi
nelle pantofole e la veste da letto infilata alla bell’e meglio nei pantaloni:
a meno che non sia lui l’assassino, questo deve essersi volatilizzato: infatti,
anche se la finestra era aperta, essendo estate, l’assalitore non può essersi
calato, perché sull’edera che si abbarbica sulle pareti esterne, non si nota
nulla che possa far supporre tale ipotesi. L’assassino, se non è Simon, si è
volatilizzato. Ma perché Simon avrebbe ucciso la vecchia? Non aveva nessun
motivo per farlo, tanto più che percepiva un salario altissimo, non commisurato
alle sue mansioni: se in un primo tempo si sospetta un ricatto, poi si viene a
sapere che Simon era carissimo alla vecchia che lo aveva allevato da quando era
piccolo, salvandolo dalle grinfie di genitori snaturati che lo bastonavano
senza pietà pur in tenera età, e lui aveva sempre ricambiato con dedizione e
affetto la cura della sua padrona. Quindi, Simon è da escludere: ma allora
dov’è finito l’assassino? E cosa stava facendo Simon a Parigi? E’ chiaro
tuttavia che egli debba conoscere qualcosa che non intende rivelare, che possa
esser messo in relazione con l’omicidio della vecchia.
Dall’esame del corpo della vecchia, che è
indubbiamente morta, si scoprono due ferite molto vicine, segno di due
pugnalate: l’arma è un tagliacarte affilatissimo, trovato vicino al copriletto,
con un manico intarsiato, tanto da eliminare la possibilità che su di esso
possano trovarsi impronte.
In attesa che l’indomani arrivino i poliziotti, Pierre
dovrà vegliare, alternandosi a Brunel, il cadavere della vecchia, nella sua
stanza. Ma, Pierre si addormenta; ad un certo punto, tuttavia, si
ridesta, sudando dalla tensione, perché si accorge che nel buio della stanza,
c’è qualcun altro che si muove: vorrebbe fare qualcosa ma non ha armi e quindi
pensa al da farsi, mentre l’altro sta prendendo delle carte, di cui sente il
fruscio. D’improvviso, si ricorda del campanello elettrico che la vecchia aveva
fatto sistemare nella sua camera, che usava per chiamare Simon: lo preme
ripetutamente, e poco dopo sente qualcuno che bussa alla porta. Dopo il suo
invito a entrare, l’interruttore della luce viene premuto, la luce si irradia
nella stanza: Simon è sulla porta. Ma oltre lui, Pierre, nella stanza c’è solo
il cadavere della vecchia: a meno che essa sia un vampiro, anche stavolta il
misterioso visitatore si è volatilizzato.
Possibile che vi sia un passaggio segreto?
Impossibile. Tutti negano che vi sia. E allora? Come ha fatto il visitatore ad
eclissarsi? Brunel è dubbioso, ma Pierre insiste. Inoltre ha sentito un fruscio
ed un rumore caratteristico, come di qualcosa che fosse stato aperto. Brunel ha
un’illuminazione: il secretaire. Lo aprono, e lì, da un cassetto, vedono uscire
una carta: è un testamento olografo che sostituisce un altro precedente: in
esso Georges Durbans viene nominato unico erede. A questo punto, se mai si era
fatta strada la possibilità che fosse lui l’assassino (del resto era nel
giardino, era l’unico che del gruppo, non fosse assieme a Brunel e Pierre) ora
diventa una possibilità più reale, anche se Georges sembra tutto fuorchè un
assassino. La cosa strana è che la vecchia aveva prima di allora redatto altro
testamento che nominava Alex suo erede universale: perché quel testamento
allora? Brunel si maledice di non aver esaminato subito dopo il ritrovamento
del cadavere il secretaire, perché ora doppia è la possibilità: perché il
visitatore ha aperto il secretaire? Chi ha messo quel testamento, vergato con
calligrafia che sembra quella della vecchia ma tremolante, come se la mano che
l’avesse buttata giù non fosse stata del tutto sicura: la stessa Apolline
Fontaille o l’assassino? In altre parole è un testamento vero o falso?
Nenche il perito calligrafo nominato l’indomani per
dare un giudizio, si sbilancia di molto: sembrerebbe essere della vecchia, ma
poi non è del tutto sicuro.
Mentre non si riesce a cavare un ragno dal buco dalla
morte dell’anziana donna, e Brunel teme che qualcos’altro possa accadere (e
vedono che dalla camera di Simon in pieno giorno esce del fumo come se stesse
bruciando qualcosa, che poi riescono con un tranello a verificare cosa sia,
cioè della corrispondenza con Monique pare), ecco che un secondo delitto, turba
l’atmosfera: viene ucciso Alex, anche lui pugnalato al cuore da un tagliacarte
molto simile al primo. Pierre vede un’ombra che si cala dalla finestra, si
butta addosso, ma quello lo evita, invece di uccidere anche lui: perché mai ha
rischiato di essere preso, se ha prima ucciso un uomo, ed ora invece non ha
voluto aggredire Pierre?
Brunel. Indaga e scopre che quell’ombra era qualcuno
che si era incontrato con Alex: che era il primo marito di Monique, un
gentiluomo. Se non è stato lui ad uccidere Alex, chi è stato? Simon, Monique,
Gustave , Brigitte, o Georges? Siccome è stato escluso che per la forza
necessaria a sferrare quella pugnalata sia stata una donna, rimangono tre
uomini: Gustave, Simon o Georges?
Per di più, Alex, prima di essere trovato ucciso,
aveva chiuso con due scatti la porta e di questo Pierre era sicuro, perché
aveva sentito distintamente i due scatti: ma poi, dopo la scoperta del cadavere
di Alex, hanno trovato la porta di casa non più chiusa a mandate: il che
significa che vi è un complice oltre che un assassino, che evidentemente non sa
che l’assassino è scappato dalla finestra, perché evidentemente il piano
presumeva che egli dovesse scappare attraverso la medesima uscita, per cui
sicuramente dovrà ridiscendere per chiudere la porta ed impedire che si possa
pensare a lui come complice, a meno che egli non sia Simon, che in quanto
maggiordomo, ha anche il compito di chiedere e aprire la porta di casa di
mattina. Si mettono d’accordo per vegliare la porta così da beccare il complice
oppure no, nel qual caso sarebbe vera l’altra ipotesi. Nessuno scenderà.
Brunel, dopo una notte insonne, riuscirà a dare un nome all’assassino e a
risolvere l’enigma, scoprendo come la veste da camera della donna presenti non
due ma un solo taglio, cosa non opportunamente vagliata in sede di
ricostruzione del delitto. E anche ad assolvere dall’accusa di complicità
nell’assassinio di Alex, Simon.
Romanzo estremamente godibile, si basa su un Delitto
Impossibile, e su una Camera Chiusa, da cui un ladro è stato capace di
volatilizzarsi.
Alla base dell’enigma è la risultante del ragionamento
di Brunel: “i fatti si presentano così: l’assassino si presenta ai
suoi…nemici senza sapere esattamente ciò che farà, e questi temono
terribilmente quella visita, senza tuttavia potere prevedere come si svolgerà.
L’uno non ha armi per uccidere, gli altri non ne hanno per difendersi”.
Infatti per due volte l’assassino ha usato qualcosa che era in casa, e quindi,
non era premeditato che uccidesse, altrimenti avrebbe portato con sé un’arma.
Eppure deve avere un complice, e quindi ha premeditato di introdursi in casa. E
per che fare?
Boileau, come altre volte, si arrampica sugli specchi:
dimostra un virtuosismo ineguagliato ( eguagliato solo da Vindry e da
Lanteaume), nel proporre un problema e la sua soluzione, avendo a disposizione
pochi ingredienti, cosa che del resto è un po’ la tipicità dei romanzi francesi
del periodo: insistere sul mistero, proporne uno o più abbastanza allettanti,
senza invece allargare la rosa dei sospettabili, perché non dalla
contrapposizione di alibi e moventi deve uscire la soluzione, ma dalla
proposizione del problema in sé, in quanto in sostanza è su questo che il plot
e le sue variazioni, si regge. Inoltre altre due differenze con quello
anglosassone si manifestano: innanzitutto non vi è mai una vera e propria
introduzione, in cui matura il delitto, che invece è caratteristica tipica del
romanzo poliziesco britannico (ma non di quello americano); e quindi , come
conseguenza di ciò, il romanzo poliziesco francese, e in particolar modo quello
di Boileau, basa la propria trama su qualcosa che avviene casualmente, senza
che il lettore abbia assistito o sappia già o almeno immagini per quale motivo
un determinato delitto si sia consumato: è un romanzo, potremmo dire, di tipo
poliziesco-avventuroso, erede delle atmosfere da feuelliton, un feuelliton
drammatizzato, di Leroux e Leblanc; seconda differenza, direi, è insita nel
fatto che, mentre il romanzo poliziesco britannico, proprio per differenziarsi
da quello d’appendice, in cui se c’era un delitto, bisognava cercare la donna e
il maggiordomo, tende a presentare tra i sospettabili tutti i possibili
personaggi con l’esclusione dei domestici (e questo sostanzialmente per un
classismo sociale, quasi razzistico, che presenta i domestici un
gradino più in basso rispetto alla nobiltà o all’alta borghesia, l’unica che
potesse consumare un delitto perfetto, che per intelligenza non poteva essere
appannaggio di un ordine sociale inferiore), nel romanzo poliziesco francese,
come conseguenza del fatto che domestici, padroni, poliziotti, giudici
istruttori, tutti nell’ambito delle proprie mansioni sono cittadini della
repubblica, anche i servitori sono sospettabili al pari dei padroni. Questo,
allarga la rosa dei sospetti, che però, come abbiamo riferito precedentemente,
è sempre abbastanza contenuta. Questo porterebbe ovviamente ad un lavoro più
semplice per i detectives, e quindi c’è la necessità di voltare e rivoltare la
matassa, non solo per allungare il brodo (non a caso i romanzi francesi
dell’epoca non sono così lunghi come quelli anglofoni) ma anche per non
attenuare la tensione narrativa che altrimenti si infiacchirebbe naturalmente.
Nel caso di questo romanzo, le peculiarità, oltre che
insistere sugli argomenti che abbiamo testè sottolineato, rivelano un
ragionamento sottilissimo, un vero e proprio virtuosismo della deduzione e del
sofismo, vorrei dire di tipo alessandrino- bizantino: in grado di rivoltare il
problema dando di ciascun fatto due o più possibili soluzioni, da cui derivano
altrettante diverse risultanze, che riguardano qui soprattutto: il testamento,
vero o falso (potrebbe essere che l’assassino avesse creato uno falso per
creare un colpevole perfetto, cioè Georges; oppure è falso perché inserito da
Georges, oppure è vero, e allora è stato inserito tempo prima dalla
vecchia Fontaille); il ladro invisibile: come ha fatto a sparire; il problema
sulla serratura della porta d’entrata e sulle due mandate e su un possibile
complice; il problema dell’esistenza di due ferite e del fatto che la veste da
camera presenti un solo taglio; come ha fatto a sparire l’assassino; perché Alex
ha cercato di difendersi con un ceppo di legno preso dal caminetto (questo gli
è stato trovato stretto nella mano); come mai non esiste un complice; cosa
l’assassino o il ladro hanno preso dal secretaire.
Così facendo Boileau riesce a tenere la tensione molto
alta, e se fino a quel momento il lettore ha avuto pochi sospetti e quindi in
sostanza è stato portato a concentrare la propria attenzione su pochissimi,
perché due Alex e Monique sono tenuti fuori dalle indagini proprio perché
giocavano assieme a Brunel e Pierre, a bridge (un gioco che compare spesso in
romanzi dell’epoca, da De Angelis ad Agatha Christie, da Dorothy Sayers a
Stanislas-André Steeman), proprio durante la soluzione, in cui catarticamente
la tensione dovrebbe cadere, in questo di Boileau, essa invece si accresce
spasmodicamente perché in un finale assolutamente inaspettato, avviene tutto ed
il contrario di tutto. E tutto viene spiegato, sia come un assassino ed un
ladro, persone diverse, possano svanire in ambienti circoscritti senza che essere
scoperti, sia come in un assassinio in cui non può non esserci un complice,
esso invece manchi; e come infine Simon, pur non essendo l’assassino e
tantomeno il complice dell’assassino nell’omicidio di Alex, è in un certo senso
complice di altro assassino, quello della vecchia, pur non potendo in nessun
modo esser coinvolto nell’omicidio di questi.
Straordinario. Il modus agendi nell’assassinio della
vecchia Fataille, si trova già in altro romanzo di Vindry, che verrà ripreso in
un romanzo celeberrimo di Agatha Christie. Non so se Boileau avesse letto quel
Vindry o la Christie, ma certo è che il delitto si spiega prendendo le mosse da
uno dei due.
Comunque Boileau straordinario lo è davvero perché, e
questa è la sorpresa maggiore, lungi dal creare un romanzo basato solo ed
esclusivamente su indizi, proprio nella soluzione rivela un meccanismo molto
cerebrale, con un risvolto psicologico assai accentuato, che concerne il modo
di mischiare le carte e volgere l’attenzione del lettore, creando i presupposti
perché, sulla base di atti molto ovvi, egli sia portato a credere una cosa
invece di pensarne un’altra. Per dare la misura di questo meccanismo stilistico
di altissimo virtuosismo, sottolineo due momenti peculiari che per me danno la
misura vera della creatività e della forza del ragionamento di Boileau: la
chiusura della porta d’ingresso, e la volatilizzazione del ladro dopo che Simon
ha bussato tre volte alla porta della camera dove è il cadavere della signora
vegliato da Pierre.
Un romanzo veramente magnifico.
Pietro De Palma
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