Mi ricordo che qualche anno fa, quando fu
ripubblicato questo romanzo di Carr, sul Blog Mondadori qualcuno volle dire
quale fosse secondo lui il migliore giallo storico di Carr: da più parti si
disse Il Diavolo vestito di Velluto e
un altro romanzo; io, detti la palma del
vincitore proprio a Fire, Burn! , e
di questo sono ancora ben sicuro. In quell’occasione, la ripubblicazione del
romanzo, Mauro citò John Cooper, autore di un libro sul collezionismo dei libri
gialli in cui aveva usato gli stessi termini miei per definire Fire, Burn! il migliore giallo storico
di Carr (ed uno dei migliori in assoluto della sua produzione lo riteneva
l’autore stesso).
Anthony Boucher,
il grande critico e romanziere poliziesco nella sua recensione sul New
York Times Book Review, affermò al
tempo“As history, as romance, as mystery,
as detection, the history is splendid, with an exact and detailed picture of
the Yard’s early days, an alluring love story, copious action and a solution
wholly surprising”.
Il romanzo appartiene al secondo periodo di Carr, quello che intercorre tra la fine del secondo conflitto mondiale e l'inizio degli anni '60, essendo stato pubblicato per la prima volta nel 1957.
Il romanzo gioca su un salto indietro nel tempo
dell’Ispettore di Scotland Yard John Cheviot che è in taxi e si sta dirigendo a
Scotland Yard. Improvvisamente perde conoscenza e si ritrova nella Londra del
1829: è in carrozza e sta andando nella vecchia sede di Scotland Yard. Non sa
come sia arrivato lì e chi sia, ma ben presto acquista consapevolezza di essere
anche lì un poliziotto; per di più è di famiglia benestante, ottimo spadaccino
e tiratore con la pistola, lottatore e giocatore, tombeur de femme per di più:
è l’amante infatti di lady Flora Drayton. A Scotland Yard è convocato in quanto
chiede di collaborare con la polizia e mettere le sue qualità al servizio del
governo. Il suo primo caso sembra alquanto banale: dovrà scoprire chi rubi il
mangime dalle gabbie degli uccelli di Mary Boyle, Contessa di Cork.
John Cheviot non crede alle proprie orecchie:
possibile che gli si chieda una cosa simile? Il fatto è che la nobildonna è una
delle persone nobili che appoggia l’istituzione di una organizzazione forte ed
efficiente e quindi non la si può scontentare.
John Cheviot
vi dovrà andare in compagnia della sua amante, nobildonna anch’essa, e
amica della contessa. E lì sarà
raggiunto da Alan Henley, segretario di Scotland Yard.
Ben presto John capisce che connesso al furto del
mangime vi è anche il furto di gioielli della contessa: infatti essi dopo
essere stati sottratti dalla cassettina nella camera della contessa, sono stati
nascosti nel mangime degli uccelli. In altre parole vi è una complicità in casa
della contessa, nonostante ella si fidi ciecamente dei suoi congiunti, protetti
e servitori.
Mentre John sta cercando di capirci qualcosa, viene
uccisa sotto i suoi occhi una giovane aristocratica, protetta della contessa,
Margaret Renfrew: la giovane è stata colpita da un proiettile invisibile e
silenzioso, visto che né John né la sua amante lì vicino né tantomeno Henley hanno sentito né sparo né tantomeno odore di
polvere da sparo. Tuttavia, poi, sottoposta ad autopsia, verrà recuperato una
palla di piombo assolutamente sferica, pulita e non invece annerita dalla
polvere da sparo.
John ha trovato una piccola pistola, caduta dal
manicotto che porta Flora con sé, e nella foga di proteggerla, lamette da parte
non consegnandola : chieste le ragioni e perché portasse una pistola, quella
gli risponde che l’aveva trovata lì, che era sua ma l’aveva persa da tempo, e
che quindi pensava che qualcuno l’avesse lasciata in bella vista per
accreditare a lei qualche colpa. Del resto, gli dice, la presenza del manicotto
è spiegata dal fatto che uno dei suoi due guanti si era rotto e non voleva fare
cattiva figura.
Nella sala, si trova anche a fronteggiare un
capitano della guardie, Hugo Hogben che con lui aveva avuto uno scontro
precedentemente. Questo presuntuoso Hogben è accompagnato da un amico di
Cheviot, Freddie Darbitt. A Darbitt,
Lady Cook aveva rivelato quello che in seguito rivelerà a Cheviot: che proprio
la Renfrew era il misterioso ladro che le aveva sottratto un anello con un
solitario. E che lei, proprio lei, la Contessa di Cork, per nascondere le cose
preziose, le aveva sepolte nel mangime dei beverini degli uccelli, non
prevedendo che qualcuno l’avesse spiata e poi avesse provveduto di notte a
vuotare i contenitori del mangime degli uccelli, Perché li aveva rubati? Si
sospettava che avesse un amante, e che proprio a lui avesse consegnato i
gioielli sottratti alla contessa. E ora è morta. Ma per mezzo di cosa? Della
pistola caduta dal manicotto di Flora? Lei giura di aver trovato la sua pistola
in casa, e che era calda, come se avesse appena sparato: ma perché? Perché
qualcuno intendeva far ricadere la colpa su quella pistola?
Cheviot capisce ben presto che l’unica fine che i
preziosi possano aver fatto è stata di essere venduti a Volcano, il losco
tenutario di una bisca londinese, frequentata dal bel mondo. Lì Cheviot troverà
parecchia gente: da Flora a Hogben, da Freddie Derbitt a notabili e lord. E
scoprirà come Volcano raggiri la gente: per mezzo di una roulette truccata e
azionata da aria compressa. E in quel momento capirà anche come sia potuto
accadere che la Renfrew potesse essere uccisa da una pallottola invisibile e
che non si fosse né udito rumore di sparo né odore di polvere da sparo: perché
la pallottola era stata sparata da un fucile ad aria compressa. Magari celato
in un bastone da passeggio.
Un’idea ce l’ha Cheviot su chi possa essere
l’assassino, ma così pazzesca che nessuno lo crederebbe. E quindi deve fornire
delle prove e dei ragguagli ai capi della polizia da cui dipende, non solo per
inchiodare l’assassino, ma anche per evitare che proprio lui possa essere accusato
di assassinio o quantomeno di complicità nella morte della nobildonna: infatti una
ragazza, Miss Tremayne, ha visto l’atto di Cheviot di occultare, la pistola
caduta dal manicotto di Flora, in un cofanetto. E così si mette alla ricerca
delle prove, inviando i suoi uomini a perquisire un certo appartamento. E così
alla data e all’ora prefissata, inchioderà l’assassino, dopo aver umiliato il
suo accusatore, il capitano Hogben che, pur di vendicarsi di lui, lo ha
accusato falsamente testimoniando il falso.
Allo scopo dimostrerà che la pallottola che è stata
recuperata con l’autopsia della Renfrew non poteva essere stata sparata dalla
pistola caduta dal manicotto di lady Flora, perché di diametro inferiore alla
canna (sarebbe rotolata fuori) e più piccola di una comune palla adatta a
quell’arma, ma sarebbe potuta essere sparata da un fucile occultato in un
bastone trovato nella camera di…
La rivelazione spiazzerà tutti quelli convenuti lì
davanti ai capi di Scotland Yard: da Hogben a Lady Flora, da Henley a Miss
Tremayne, dal sergente Bulmer all’Ispettore Seagrave. Anche l’assassino, che è
uno di loro.
Cheviot non avrà il tempo per gioire perché Hogben
tentando di fuggire da lui inseguito, si volgerà e farà fuoco uccidendo
Cheviot. Ma in quel preciso momento…ecco che Cheviot ritorna in sé, ritorna
cioè in pieno ventesimo secolo e si accorge di aver sognato: era svenuto a
seguito di un incidente del taxi in cui lui viaggiava ed un’altra auto, avendo
sbattuto la testa contro la maniglia dell’auto.
Starà ancora a chiedersi come è possibile che possa
aver sognato, quando rivedrà il volto di Lady Flora Drayton accanto al suo: è
quello di sua moglie, che si chiama Flora.
Straordinario romanzo storico, mischia suspence,
detection, mistero ed un problema impossibile risolto con consueta nonchalance.
Francamente a me sembra che questo e non tanto “Il Diavolo vestito di velluto”, sia il miglior romanzo storico di
Carr: la penetrazione storica è prodigiosa, la puntigliosità con cui viene
costruita la storia, la realizzazione di figure a tutto tondo mirabili e
credibili. Il tutto in un’epoca, quella di Giorgio IV, descritta
minuziosamente: sembra quasi di vederli i personaggi mentre parlano, ridono,
ballano, giocano, duellano.
Per maggiormente apprezzare l’approfondimento storico
operato da Carr, bisognerebbe avere sotto gli occhi un’edizione originale che
come accade ed è accaduto spesso in passato, non è stata tradotta interamente:
neanche questa volta, anche se a tradurre era Maria Antonietta Francavilla:
mancano infatti le note storiche, riportate a fine libro, che intendevano
rispondere a varie domande del lettore circa il periodo.
Il tempo del romanzo è posto immediatamente a
ridosso della fine della seconda guerra mondiale, quando vi fu una serie di
nebbie tragiche a Londra, tali da provocare decine di incidenti mortali:
durante una di queste, capita l’incidente di auto in cui viene coinvolto
Cheviot.
Il salto indietro nel tempo è un artificio
letterario di cui Carr si è servito altre volte, e che è connesso alla
commistione tra elementi reali e fantastici, all’esperienza onirica e a quella
di vita reale, che legandosi assieme formano un insieme inestricabile da cui è
difficile separare il vero dal falso, il reale dall’irreale. Questa dimensione
era già stata attraversata in altri romanzi famosi: per esempio in The Burning Court, in cui si ritrova una
persona associata a due figure diverse, una nel presente ed una nel passato. Lì
è presente maggiormente la dimensione fantastica, più di qui, anche se nel
presente romanzo, affiora il sospetto che lo stesso Cheviot abbia vissuto
quelle esperienze, e che egli quindi non sia altro che una reincarnazione nel
ventesimo secolo di quel Cheviot vissuto nel diciannovesimo. Ma anche in The Devil in Velvet, vi è un salto
indietro nel passato, scaturito da un patto col diavolo, e quindi anche lì vi
sono elementi fantastici. E anche in Fear
Is the Same , viene percorsa la stessa traccia di immersione nel passato. Possiamo
dire quindi che il salto nel passato, magari in soggetti che si trovano di
botto a vivere esperienze nel passato avendo la coscienza di essere già
vissuti, di aver attraversato gli stessi pericoli e aver conosciuto le stesse
persone, sia uno degli escamotages più tipici di cui si serva Carr per
legittimare una storia di detection nel passato.
Tuttavia al di là della dimensione della detection e
dell’invenzione pura, al loro massimo, Fire, Burn! è un giallo storico di
notevolissima fattura: di tale levatura che a ben donde conquistò nel 1969 il Grand
Prix de Littérature Policière a pari merito con un altro grandissimo
romanzo storico, in cui elementi fantastici non ve ne erano ma abbondava la
ricerca storica: The Daughter of Time,
di Josephine Tey.
Un’ ultima cosa: il titolo italiano ancora una volta
non c’entra nulla col romanzo.
Il titolo in
inglese, Fire, Burn! fa esplicito
riferimento ad una caratteristica dello sesso Cheviot, cioè la sua impetuosità
e temerarietà non mediata dalla ponderazione del rischio. Maine, uno dei due
Commissari di Scotland Yard, colui che alcune pagine prima aveva pubblicamente
accusato proprio Cheviot di essere l’amante segreto di Renfrew e per questo
aveva fato sparire la pistola, nelle ultimissime pagine del romanzo, dopo che
Bulmer ha annunciato la morte di Cheviot ad opera di Hogben e il fatto che lui
lo abbia vendicato uccidendo a sua volta Hogben, rinfaccia a Cheviot il fatto
che l’espressione che egli usava riferendosi a Margaret Renfrew, invece si
adattasse molto di più proprio a lui: Fiamma,
brucia! Bolli, calderone!.
Fire,
Burn! del resto non è altro che la metà di un celebre
verso del Macbeth di Shakespeare (Quarto atto , Scena I), declamato dalle 3 sorelle streghe : Fire, Burn and Cauldron Bubble .
Pietro De Palma
Ma film fedeli tratti da queste trame stupende esistono?
RispondiEliminaMai sentito un film con trama JDC. Assurdo. Esclusa la pessima versione di Karloff orbo da un occhio che fa March.
Perchè dici pessima versione?
RispondiEliminaSottolineo giudizio personale. Un po esasperato dal fatto che non sono in lingua italiana e han parecchio di incanonico ( errata traduzione in blind di un altro aggettivo che rende March cieco da un occhio..mah..)
RispondiEliminaE vabbè ma non puoi dire che quella serie sia pessima perchè non è in lingua italiana. DAiiiiiiiiii
RispondiEliminaE perchè qualche sceneggiatore ha confuso bland con blend e quindi lui si è trovato da un occhio guercio mentre non lo era. Sceneggiatore dei 26 episodi lo sai che era Carr? Se Carr non ebbe nulla da dire è perchè non portava nulla di male allo svolgersi delle storie. E poi ancors negli anni '50 ci stava il detective guercio da un occhio, tanto più che la guerra era finita un decennio prima e di guerci ce n'erano a bizzeffe! Per quello che ne sappia io quella serie ebbe ottime critiche al tempo. E gli episodi che ho visionato non sono affatto male. Certo si punta sull'effetto sensazionalistico e l'atmosfera si perde, Ma che vuoi..erano episodi di ventiquattro venticinque ventitre minuti, e in così poco tempo che cosa vuoi mettere? Dovevano per forza essere dei concentrati le puntate.
Che tu sappia esistono almeno sottotitolate ITA?
RispondiEliminaAttendo curioso la tua sul FIRE BURN SCENEGGIATO.
Saluti
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaL'analisi dello sceneggiato, come annunciato ieri, è uscita su La morte sa leggere stamani. Un solo telefilm è uscito sottotitolato per iniziativa di un appassionato. Gli altri in lingua inglese sono disponibili su Vimeo
RispondiEliminaOgni edizione in lingua inglese è integrale? Quale conosce lei? Concordo inoltre nel ritenere Fire, Burn! uno dei più riusciti in assoluto di questo autore, peccato che anche l'ultima ristampa del Giallo è andata esaurita... Giovanni
RispondiEliminaE' la prima volta che vedo il tuo nome, quindi sei nuovo ad affacciarti. Bene, bene. Le persone nuove mi danno sempre una forza maggiore per andare AVANTI.
RispondiEliminaChe volevi sapere? Ah già i Carr...
Domanda interessantissima. L'ho fatta tempo fa a Mauro, giacchè come ben saprai la Mondadori si è capito già da tempo, non intende procedere a ritradurre le traduzioni tagliate di un tempo. A meno che non si inverta il trend negativo della collana che, come dicono altri (non solo io quindi...mi pareva di essere San Giovanni il Battista nel deserto, prima), va lentamente decadendo, il modo di procedere delle pubblicazioni sarà quello degli ultimi tempi: classici del passato pochi, e si punta più sul contemporaneo. E se i classici del passato sono pochi, figurati se si mettono a ritradurre quelli che hanno già..ti pare?
Quindi l'appassionato deve cominciare a leggere in inglese (ovviamente se lo sa fare). Mauro mi disse che "L'unica ristampa in paperback che è stata SEMPRE tagliata è "The Nine Wrong Answers": lì bisogna avere l'originale. Negli altri casi dipende dall'editore. Per es la Dell offriva traduzioni sempre integrali. Altre, vedi la Bestseller Mystery e la Graphic, per esempio, operavano dei tagli".
Quindi bisogna procedere sapendo chi è l'editore. Il consiglio che mi diede il buon Mauro. A presto.
Mi sono riavvicinato da poco al genere, che avevo coltivato a suon di Van Dine e Agatha Christie soprattutto. Carr è nettamente superiore ad entrambi, gli unici titoli che non ho avvicinato, per ora, sono quelli dedicati a Bencolin (ho letto i racconti ma non li ho trovati esaltanti, questioni di gusti). E i cosiddetti gialli storici superiori fra tutta la sua produzione, ad eccezione forse de La lampada di bronzo, ma lì l'evidente tributo/omaggio a Chesterton me lo fa preferire in quanto Padre Brown, ma non solo, sono state anche quelle fra le mie letture preferite. Mai letto Gli alberi dell'orgoglio? e I paradossi di Mr. Pond? I tre cavalieri dell'Apocalisse è uno dei più racconti in assoluto...buona serata e complimenti. Giovanni
RispondiEliminaLa mia parabola conoscitiva è molto simile alla tua. Mi sono avvicinato prima ad Agatha Christie, di cui ho letto tutto, mediante la mia proff. del Ginnasio di Lettere che adorava la Christie tanto da farsi un viaggio del Nilo così come se l'era fatta Agatha. Poi venne Van Dine. E contemporaneamente Carr. Queen a sprazzi l'avevo cominciato a leggere prima: i miei cugini per parte di madre avevano parecchi classici, e il primo E.Q. fu Le croci egizie, poi vennero le tre tragedie X,Y, Z e Cala la tela. Questi erano gli E.Q. di famiglia. Da lì ho cominciato a leggere il resto. Il primo mio Carr fu invece Il mostro del Pleniilunio, acquistato in un negozietto, una fumetteria di Bari che non esiste più da almeno trent'anni, assieme adi un volume di Poesie di Lamartine. Complimenti per aver letto Chesterton. Io lo adoro. Ahimè, non lo legge più nessuno.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaNon lo legge più nessuno...diciamo che è rimasto intrappolato, suo malgrado, fra i suoi più fanatici ammiratori però un po' troppo confusi e chi lo relega fra gli anacronismi più anacronistici, non so se mi spiego, forse anche a casa di traduzioni italiane legate troppo al momento in cui sono state fatte. A mio parere la sua narrativa è quasi sempre al top, ha sempre uno spunto d'intelligenza raro; il resto non saprei, a me non convince sempre e comunque, anche se sono d'accordo sul fatto che da un certo punto del tempo in poi è sempre stato sottovalutato e quindi non più ristampato e quindi letto. Ho scritto anche al Giallo al proposito di prossime future pubblicazioni, ma non ho mai avuto riscontro. G.
RispondiEliminaIl fatto è che Chesterton non è stato solo romanziere poliziesco. E' stato soprattutto altro. Pensa un po'...Dottore della Chiesa (in realtà San Papa Pio XI lo definì Defensor Fidei, titolo che era stato dato solo al primo Enrico VIII prima che gli venisse il prurito di cambiar moglie e cominciasse tutto l'ambaradan dell'anglicanesimo)! Filosofo! Giornalista! Romanziere! Critico! Teologo! Insomma....
RispondiEliminaE le opere, anche quelle che dovrebbero essere più leggere, tipo quelle di Padre Brown, se si va a vedere bene, in fondo in fondo non lo sono mai: anzi, Chesterton, come diceva il mio caro Igor Longo, è plumbeo. La sua scrittua è sempre molto densa, fa riflettere anche descrivendo un furto, perchè a lui interessa lo scontro Bene-Male, che va a ricercare sempre in un fatto. In sostanza a lui interessa salvare un peccatore, facendolo arrestare e far in modo che la sua anima si salvi, più che vendicare un innocente e difendere l'ordine costituito. Anzi dell'ordine costituito quasi non gli frega nulla, visto che il suo amico più caro è un ex ladro, Flambeau, convertito.
Quasi quasi il prossimo articolo lo confeziono proprio su un racconto di Chesterton. Con annesso sceneggiato