“La casa stregata” è il romanzo di
Carr che inaugurò la terza serie con protagonista proprio: in questa
serie, quella contraddistinta dalla presenza di Henry Merrivale, H.M.
altrimenti detto, soprannominato molte volte Il Vecchio, Carr ambientò
la più vasta e approfondita realizzazione di Camere Chiuse della sua pur
lunga produzione; e anche per non inflazionare il suo nome primitivo,
firmò questi lavori con lo pseudonimo Carter Dickson.
Il Vecchio è un personaggio multiforme, sia per
abilità sia per proprie anime: infatti è uomo di legge, ma anche
dottore, e soprattutto nei primi romanzi appare spesso nelle qualità di
Capo del Servizio Segreto Militare (detto anche MI6), anche se, quando
viene presentato per la prima volta, si dice anche che fosse stato
precedentemente a capo del Controspionaggio militare ( il cosiddetto
MI5). Il fatto di essere a capo della “Intelligence” Militare, potrebbe
spiegare il titolo nobiliare che spesso vediamo anteposto al suo nome:
Sir, cioè Baronetto, anche se nel suo caso il titolo nobiliare non è
acquisito in funzione di un suo merito operativo quanto piuttosto per
discendenza.
In certo senso Carr è molto più tradizionale, in
quanto a teoria del giallo, di quanto non lo siano altri autori: se in
Bencolin la dualità conan doyliana rappresentata da Holmes e Watson è
mascherata e non perfettamente visibile e semmai lo è solo intuibile,
Bencolin e Jeff Marle, nelle altre due serie principali, quelle del
Dottor Fell e di H.M., è molto più visibile, se non addirittura
canonica. Infatti il Dottor Fell apparentemente è opposto, ma in realtà
si accompagna, all’Ispettore Hadley, mentre per H.M. Holmes, il dottor
Watson è rappresentato dallo sfortunato (che fa tenerezza in certo modo)
Ispettore Capo Master: questo mi pare possa identificare uno dei tratti
più caratteristici e geniali della scrittura carriana: la
caratterizzazione dei personaggi. Siccome è un fatto incontestabile, che
la coppia di investigatori, ma in generale la coppia di protagonisti,
attiri più del singolo (Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Fred Astaire e
Ginger Rogers etc..), Carr, inventati i protagonisti, si può dire che
vi ricorra spesso; inoltre, se è tanto più innegabile che la spalla
rinforzi e finisca per mettere sotto la luce dei riflettori il
protagonista, il deus ex machina del romanzo, è altrettanto
innegabilmente vero che di per sé la “spalla”, quando è tratteggiata sì
da far intenerire, diventa molto simpatico ai lettori, perché in certo
modo la totalità di essi tende ad identificarvisi. Anzi, in questo caso,
Masters diventa, con la sua sfortuna ad imbattersi in delitti
impossibili e camere chiuse, un personaggio quasi più simpatico di
quanto non appaia lo stesso H.M.
Fatto sta che entrambi appaiono in The Plague Court Murders
e il loro binomio caratterizzerà il meglio della produzione di Carter
Dickson: si può dire che i primi 9 romanzi della serie raggiungano gli
esiti più alti della produzione carriana (THE
PLAGUE COURT MURDERS (1934), THE WHITE PRIORY MURDERS (1934), THE RED
WIDOW MURDERS (1935), THE UNICORN MURDERS (1935), THE PUNCH AND JUDY
MURDERS (1936) (The Magic Lantern Murders), THE PEACOCK FEATHER MURDERS
(1937) (The Ten Teacups), THE JUDAS WINDOW (1938) (The Crossbow Murder),
DEATH IN FIVE BOXES (1938), THE READER IS WARNED (1939); e tra
i successivi qua e là vi siano straordinari capolavori, tra cui SHE
DIED A LADY (1943), HE WOULDN’T KILL PATIENCE (1944), THE CURSE OF THE
BRONZE LAMP (1945).
Il primo dei romanzi della serie, “La casa
stregata”, vede l’entrata in scena di H.M. non all’inizio ma quando già
il delitto si è consumato: infatti l’entrata in scena di H.M. segue la
falsa riga di una entrata in scena in pompa magna del protagonista, come
nel corso di una rappresentazione teatrale, dopo una sorta di
introduzione, che qui è rappresentata da tutto ciò che accade prima che
H.M. appaia sulla scena per risolvere l’enigma. E H.M.
appare per la prima volta a pag.148-149-150 (il romanzo tradotto consta
di 271 pagine), solo perché il Maggiore Featherton pensa bene,
rivolgendosi a Ken Blake (che è il narratore), di mettere l’indagine
nelle mani di un vero esperto: “Sta a sentire, vecchio mio… –
Intendete alludere a H.M…al mio vecchio capo? A Mycroft? – Sto parlando
di Henry Merrivale, esatto…Pensai allo strano personaggio,
straordinariamente pigro, straordinariamente garrulo e scimannato,
sprofondato nella sua poltrona con gli occhietti assonnati, le mani
intrecciate sul pancione, e i piedi sulla scrivania. Aveva la mania dei
romanzetti da strapazzo, e si lamentava spesso che nessuno lo prendeva
sul serio. Era avvocato e medico a pieno titolo, ma parlava con sovrano
disprezzo per la grammatica. Era Sir Henry Merrivale,
baronetto, e si piccava di fare il socialista militante. Era di una
vanità colossale e aveva una provvista inesauribile di barzellette
scollacciate..Avevano cominciato a chiamarlo Mycroft quando era il Capo
del Dipartimento di Controspionaggio..adesso lui aveva a che fare con i servizi segreti dell’ esercito”.
L’indagine riguarda una vicenda dai rilievi
soprannaturali, quella di una dimora, un po’ inverosimile nella Londra
degli anni ’30 (ma Carr sa rendere spesso verosimili delle situazioni
che nelle mani di altri farebbero ridere i polli), in cui si dice
alberghi un fantasma, quello del boia Louis Playge: è Plague Court, cioè
in origine la sede di un tribunale. Tale dimora è di proprietà di Dean
Halliday e della sua famiglia. Halliday ha chiamato in scena Ken Blake,
suo vecchio amico, a presidiare ad una seduta spiritica, in cui sarà
evocato lo spirito inquieto del boia, perché trovi pace; a gestire la
seduta sarà uno studioso di scienze occulte, il Professor Roger
Darworth, e il medium Joseph Dennis. Infatti lo spirito è uno di quelli
malvagi e diabolicamente astuti e potrebbe impadronirsi del corpo di una
certa persona a fargli fare quel che vuole: in vita infatti Plague non
era stato solo carnefice per attività, quanto anche per vocazione:
provava piacere a fare del male. Per cui era diventato il terrore di
quelli che gli stavano vicino; finchè non si beccò anche lui la peste,
come tutti i suoi compaesani. Suo fratello, lo cacciò dalla casa, e
allora lui, prima di morire, lanciò la maledizione su chi avesse
dimorato in quella casa.
Sul luogo della seduta spiritica è anche presente
il Capo Ispettore Humphrey Masters, la cui presenza insolita è spiegata
dal fatto che Darworth si sospetta sia un truffatore, un falso studioso
dell’occulto. La notte della seduta spiritica, Darworth si chiude dentro
Plague Court, mentre la seduta spiritica procede, e qui viene ucciso.
Fatto sta che il delitto è una classica Camera
Chiusa: infatti la porta è chiusa e bloccata dal di dentro e le finestre
altrettanto; a complicare la vicenda è il fatto che Darworth è stato
pugnalato con lo stiletto originale di cui si serviva il boia, e attorno
alla casetta di pietra c’è una distesa di fango, in cui non vi sono
impronte : sembrerebbe quindi che la pista sovrannaturale sia la sola
possibile. In realtà ci sarebbe un albero centenario, che con i suoi
rami raggiunge il tetto della casetta, ma esso è talmente infracidito,
che non reggerebbe il peso di qualsiasi persona che vi si arrampicasse,
come dimostra bene il Sergente di polizia Bert McDonnell.
A questo punto, e qui finisce l’Introduzione al
dramma, entra in scena H.M. : è una entrata plateale. H.M. viene
presentato come un uomo calvo e corpulento, che fuma pessimi sigari (il
modello cui Carr si rifa è Winston Churchill), che preferisce indossare
cappellacci di ogni genere, che non è alto più di un metro e settanta, e
porta sempre dei calzini bianchi; e che conosce una
quantità industriale di barzellette sconce: da questo punto, Merrivale
ruba il posto sotto i riflettori, che prima del suo arrivo era stato
riservato esclusivamente a Masters, e lo mantiene fino alla fine. Non
prima però di aver sondato il passato di Darworth, perché è lì che si
nasconde l’origine del dramma, e che un secondo delitto, ancor più
terribile del primo, sconvolga tutti: verrà ucciso Joseph, il medium,
compagno di Darworth. Non solo ucciso, ma anche intriso di benzina e
buttato nella caldaia di una casa. E questo sarà la goccia che farà da
contr’altare alla spiegazione di Merrivale, un vero pezzo di bravura,
che lascia tutti (anche il lettore a bocca aperta). E tutti si
chiederanno: possibile che…?
In realtà, la possibilità che tutto quadri è
connesso al fatto che il puzzle sia completato e ogni suo pezzo,
facilmente, vada al suo posto: una abilità che è legata esclusivamente
alla spiegazione immaginifica di Merrivale che dimostra come quel
mistero sia risolto.
A dire il vero, come ogni primo romanzo, anche
questo è strutturato quasi come se fosse il primo e unico, oppure che lo
stesso Carr non avesse le idee chiare sul prosieguo della serie:
infatti, non solo il fatto che, solo dopo 150 pagine, Merrivale appare
nel romanzo, costituisce una prova di una maturata diversa costruzione
del romanzo in itinere, ma soprattutto quella misteriosa espressione che
compare a pag. 161 e che non trova poi alcuna giustificazione
successiva: perché infatti Carr sente il bisogno di dire che si
sta violando “le regole del romanzo poliziesco” se si pensa ad una
certa maniera, se si consente l’entrata in gioco di una figura che dal
di fuori, senza che nessuno la conosca, entri per ereditare le sostanze
di Darworth, cioè la moglie? E perché subito dopo dice che “la persona
che ha premeditato il delitto, lo ha concepito esattamente come un
romanzo poliziesco”?
Secondo me è l’affermazione di chi (per l’appunto
Carr), non sapendo ancora se il successo gli arriderà o meno dopo la
pubblicazione di questo romanzo, rivendica a se stesso la
paternità di aver creato un romanzo perfetto, forse la soluzione al
momento più geniale che lui avesse pensato: chi mai potrebbe premeditare
un delitto, concependolo come se stesse scrivendo un romanzo
poliziesco, se non uno scrittore di romanzi polizieschi, e in
particolare colui che ha scritto il romanzo in cui si trovano queste
riflessioni? Solo uno scrittore, che allestisce la trama, e che inventa
un geniale delitto, che sulla carta funziona e di cui poi lui stesso,
parlando per bocca di Henry Merrivale, possa rivelare la spiegazione,
può premeditare il delitto, e concepirlo nella cornice di un romanzo
giallo.
Insomma, può farlo solo John Dickson Carr!
Perché, nonostante la spiegazione lasci allocchiti,
e spieghi tutto, questo è uno dei tanti delitti la cui estrinsecazione e
spiegazione, può esser accettata solo nelle pagine del più grande
inventore di camere chiuse, in un contesto letterario e d’invenzione,
portati alla massima espressione.
Solo una cosa si deve ancora dire: di stare attenti
a come i fatti vengano riferiti, perché essi non sono mai come nella
realtà dei dialoghi vengono presentati: ogni affermazione, anche la meno
discutibile, può celare un elemento di ambiguità, altrimenti..come si
potrebbe spiegare tutto quanto e dimostrare che l’evento soprannaturale
così sbandierato, in realtà non è mai esistito?
Pietro De Palma
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