Ci sono
romanzi che leggo in una botta sola, mettendoci uno due giorni, e ce ne sono
altri per cui ci metto un po’ più di tempo. Un tempo era una cosa diversa:
quando ero giovane, quando non avevo famiglia, lavoro, preoccupazioni, mi
chiudevo nella mia camera, e mentre gli altri andavano al cinema o optavano per
una partita di pallone, io prendevo uno dei miei amati gialli (quasi sempre
quello che era uscito in quel mese in edicola, oppure qualcuno che avevo
acquistato in libreria o che mi era sfuggito in edicola e allora l’avevo
trovato in qualche fumetteria), e passavo le ore a leggere. Una volta, mi
ricordo, ho letto Il Nome della Rosa di Eco in una botta sola, dalle 16
alle due di notte: altri tempi. Ora riesco a leggere un libro in pochi giorni,
o quando sia veramente accattivante (es. il Winslow & Quirk, recentemente
analizzato qui) oppure durante i periodi di ferie: il romanzo “Lo
Specchio del male” o “Come in uno specchio” a seconda che uno possegga una o
l’altra delle due pubblicazioni con trad. Marilena Caselli (una traduttrice
Mondadori che ha preferibilmente tradotto scrittrici: Christianna Brand, Ngaio
Marsh, Helen McCloy, etc..) l’ho letto in un tempo molto più lungo.
La cosa, che
ai più potrebbe sembrare uno pseudo-problema, soprattutto perché per niente
oggettivo e del tutto soggettivo, in realtà una sua importanza ce l’ha : la
durata della lettura di questo romanzo, è secondo me connessa all’aspettativa
che uno può averne: se lo si legge, come un qualsiasi romanzo giallo, già c’è
una mezza delusione, perché lo spazio che precede il primo delitto è
eccessivamente lungo, per me; se lo si legge, in quanto romanzo giallo che ha
elementi sovrannaturali, informandosi alle notizie che sono messe a profusione
nel romanzo, può risultare molto affascinante; se infine, lo si legge, come nel
mio caso, perché da grandi critici del genere “Looked Room”, “Camera Chiusa”
per intenderci, è stato osannato, l’atteggiamento di lettura è quello accennato
prima: odio e amore.
Perché, ad
oggi, dopo averlo letto, e riletto una seconda volta per essere maggiormente sicuro,
non ho ancora capito perché venga definito una Camera Chiusa.
Through a
Glass, Darkly (1950) fu
scritto da Helen McCloy, definita da molti, la più grande scrittrice americana
di genere poliziesco, e presente in maniera assai risicata nel mercato italiano:
oltre a questo romanzo, che è il suo più famoso, la McCloy che fu anche sposata
allo scrittore hard-boiled Brett Halliday, creatore del detective privato Mike
Shayne, scrisse altri romanzi sempre col suo personaggio principale, lo
psichiatra Basil Willing, tra cui l’altro suo romanzo capolavoro Mr. Splitfoot
(1968). In Italia, i romanzi son stati tradotti e pubblicati, il primo, ne I
Classici del Giallo Mondadori col n. 829, e il secondo ne Il Giallo Mondadori
col n.2540; oltre a Alias Basil Willing ( C.G.M.906) e Cue for
Murder cioè “Omicidio a scena aperta” (CGM 1137); ne I Gialli del Secolo
della Casini, negli anni ’50, erano stati pubblicati altri romanzi (in edizioni
però non integrali): She Walks Alone, “Panico a Bordo” (n.97) e The
Long Body , “Cristina e la sonnambula” (n.304); e avevano pubblicato
qualcosa anche Longanesi e l’Editoriale Garden: il primo..A Question
of Time, “Una questione di tempo” (I Libri Pocket 539), il secondo.
“Sonno profondo”, The Sleeper (Il Libro Giallo n.4), prima che anche
Polillo si decidesse a ripubblicare il CGM 829 e successivamente, nel 2010, Panic,
“Panico”, nella collana de I Bassotti. Sicuramente il romanzo da cui fu
tratta la traduzione del Garden, non era The Sleeper, come annunciato ma
The Sleepwalker: sovente nelle pubblicazioni Garden ci sono errori, e
poi non esiste nessun romanzo della McCloy che si appelli The Sleeper,
che io sappia ( a meno che non si tratti di un titolo parallelo).
In parecchi
romanzi, la McCloy affronta il tema del delitto impossibile, per es. in Mr.
Splitfoot, tradotto in Italia col titolo “La stanza del silenzio” (chissà
perché talora si sente la necessità di cambiare il titolo da noi?): Mr.
Splitfoot è in pratica Satana, giacchè Split in inglese significa
Capra-Caprone, e Foot, piede: quindi..piede di caprone. Mi sembra curioso far
notare che un personaggio del romanzo oggetto della nostra analisi, cioè la
Direttrice della Brereton School, abbia un cognome Mrs. Lightfoot, simile a
quello più tardo Splitfoot, usato altrove: il comune denominatore può essere il
richiamo soprannaturale, che può essere attribuito ai personaggi in oggetto:
infatti Mrs. Lightfoot è una delle persone che sostengono, nonostante si
reputino delle persone razionali, come Miss Faustina Crayle, la sventurata
protagonista del romanzo, fosse perseguitata dal suo doppio se non addirittura
lo evocasse con i suoi sentimenti.
Tale
Faustina è una insegnante molto sfortunata, perché, laddove va ad insegnare,
tendono a verificarsi oscuri avvenimenti, cioè le sue inspiegabili dislocazioni
in luoghi diversi, davanti a testimoni, che giurano e spergiurano sul fatto che
per es. mentre Faustina era impegnata a dipingere, il suo doppio sedeva altrove
davanti al loro sguardo atterrito. Infatti, l’origine del doppio, il Doppelganger,
è da attribuirsi alla credenza che si manifestasse in prossimità della morte di
una persona, e che fosse una manifestazione di origine soprannaturale. Questa
specie di fantasma, che genera un alone di mistero, di terrore, di sospetto, e
di maldicenza attorno a Faustina, vero o presunto, fa sì che ella debba
cambiare sede di insegnamento spesso. Fino a quando non accade qualcosa che non
è propriamente connesso al soprannaturale: muore Alice Aitchinson, una allieva
che odiava Faustina. E muore rompendosi l’osso del collo, cadendo per una
scalinata. Il fatto originale sarebbe che qualcuno giura di aver visto Faustina
un attimo prima che la Aitchinson cada, ma..questo non è possibile, perché
intanto Faustina è a molti chilometri di distanza.E’ questa la Camera Chiusa?
Deve intendersi tale per il fatto che l’assassina, che alcuni vedono da
lontano, pare poi volatilizzarsi? Mah. Non so. Certo è che Camera Chiusa , in
senso stretto, non mi sembra, in quanto non esistono le prerogative che lo
rendano impossibile, salvo il fatto che l’assassino pare si sia sdoppiato in
due posti diversi. Ma..la cosa vedremo che investe più la sfera del
soprannaturale e presunto tale, che altro.
Morte
accidentale? Suicidio o cos’altro? E’ ovvio che le maldicenze raggiungono ora
il vertice, tanto è vero che Basil Willing, fidanzato di Gisela von Hohenems,
collega di Faustina, invogliato in quanto psichiatra ad occuparsi di tali
manifestazioni para-psichiche, sente il bisogno di difendere Faustina. Fino a
che, anche Faustina muore. E muore in un modo che libera l’assassino, qualora
fosse preso, da ogni possibile accusa nei suoi riguardi: non ha ferite, niente
che possa collegarsi ad un’aggressione o atto di violenza.
Muore per un
infarto, ed è proprio Gisela a trovarla, in una notte buia, nel cottage in cui
Faustina doveva andare a soggiornare. Un cottage che apparteneva alla madre di
Faustina, Rosa Diamond, una celebre mantenuta di alto bordo, e prima ancora era
appartenuto ad uno dei suoi amanti. Fatto sta che il testamento di Rose,
affidato al suo legatario, dice che qualora Faustina dovesse morire, i gioielli
che la madre le ha donato tornerebbero ai legittimi proprietari (gli eredi di
coloro che li avevano a lei regalati a suo tempo) qualora ancora esistessero,
altrimenti si cumulerebbero al resto. Insomma un ottimo movente per ucciderla.
Ma come, se è morta d’infarto?
Anche qui a
me non pare proprio che venga creata una camera chiusa: Faustina apre la porta,
e si accorge che l’impianto di illuminazione non funziona fuori per cui, deve
cercare un interruttore della luce: lascia i bagagli vicino alla porta, che
rimane aperta ed entra. Il tassista che l’ha accompagnata a casa, dice che in
pratica non ha visto nessuno uscire, giacchè la casa era nella sua visuale fino
a che non si è reimmesso nel sentiero del bosco dal quale è venuto, ma in senso
opposto; ma..l’assassino avrebbe potuto essere vestito di nero, e nel buio non
essere visto. Non solo. Gisela impiega del tempo ad arrivare al cottage, tempo
che sarebbe potuto servire all’assassino casomai fosse stato presente, per
defilarsi. Ma al di là di ciò, è Gisela, che sta recandosi da Faustina, a
investire quasi una figura nel bosco, che rivela per un attimo lo sguardo
atterrito di Faustina : come poteva essere lì, a quell’ora, se il medico legale
afferma che era già morta in casa?
Basil
Willing dimostrerà che il Doppelganger in realtà non era tale ma..un doppio di
altra natura: non sveliamo cosa per non togliere il piacere di leggere il
libro. Che se non è una Camera Chiusa, è però un romanzo sul soprannaturale,
molto vicino a Carr. E il metodo utilizzato dall’omicida per uccidere, cioè per
indurre la protagonista ad avere un infarto è la paura: la paura di qualcosa di
ancestrale, la paura del proprio doppio, la paura della morte.
La morte,
“Der Tod” in tedesco, introdotta dall’articolo maschile perché era
rappresentata da un cavaliere con la falce su un cavallo nero, appare, in molti
poemi, in molte poesie, all’uomo quando è sul punto di trapassare. La paura di
Faustina di vedere se stessa, il suo doppio, potrebbe essere connessa alla
paura di essere sul punto di morire; cosa che poi..accade. Del resto, il
Doppelganger è attestato in molti testi letterari e nella tradizione dei paesi
mitteleuropei, come una figura che appariva, che si poteva notare solo di
sbieco, con la coda dell’occhio, solo in prossimità di morte.
Ora il
titolo del romanzo, può avere un triplo significato: può alludere al versetto
della Prima Lettera ai Corinzi di S.Paolo, 1 Corinzi 13:12 : “..βλεπομεν
γαρ αρτι δι εσοπτρου εν αινιγματι ‘, che è reso nella Bibbia di Re Giacomo:
“Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro”;
potrebbe alludere, secondo me, anche al modo di commettere il secondo omicidio :
“..come in uno specchio, al buio”. La protagonista è stata indotta a vedere
se stessa, giacchè l’assassino ha costruito, basandosi sull’assenza di luce,
uno specchio, traformando una grande porta a vetrata, ad ante apribili al
centro della stanza, in un artigianale ma tremendamente efficace specchio.
E potrebbe
infine ricollegarsi all’omonima antologia di racconti del grande romanziere e
scrittore irlandese, Joseph Sheridan Le Fanu : In a Glass Darkly,in cui
il Dottor Martin Hesselius indaga su casi al limite del paranormale e in cui si
trovano accenni al tema del Doppelganger : per es. in The Familiar,
revisione del racconto The Watcher apparso nella precedente raccolta Ghost
Stories and Tales of Mystery (1851); e in Mr Justice Harbottle. Dal
dottor Hesselius, da questa singolare figura di detective ante litteram,
versato al paranormale, deriverà anche il Dottor Fell di John Dickson Carr, se
non il Colonnello March sempre di Carr.
Through a
Glass, Darkly, più che
essere altro, è un romanzo che mischia assai sapientemente e intelligentemente
elementi del giallo e del sovrannaturale. E’ molto vicino se non addirittura
tributario del The Burning Court di John Dickson Carr che rappresenta ad
oggi ancora il miglior esempio di commistione di soprannaturale e letteratura
gialla, tanto da esser preso ad oggetto come esemplare di letteratura
fantastica (del resto Helen McCloy dedicò a Carr e a sua moglie Clarice, il suo
romanzo Alias Basil Willing).
In questo,
il romanzo della McCloy, è costruito veramente in maniera mirabile, e che
sia tributario di quel romanzo di Carr, lo dimostra il finale che allude assai
furbescamente a Carr con la sua doppia ipotesi: quella razionale, costruita da
Willing a discapito dell’assassino, e quella dell’assassino, sempre che lo sia
ovviamente, che non sarà mai accusato da alcuna corte per quell’assassinio
avvenuto mentre lui era lontano, e che viene accusato da Willing solo sulla
base di una serie di indizi, assai abilmente incastrati. Tuttavia, sono indizi,
non prove, e su quelle nessun tribunale..in un paese anglosassone potrebbe metterlo
sotto giudizio. Lo sa lui e lo sa Willing, che pur si aspetterebbe almeno in
quella occasione, una ammissione che almeno, se non avesse il merito di
riportare Faustina in vita, potrebbe sgomberare il campo di qualsiasi disputa
di sovrannaturale. Solo che l’accusato, non solo continua a professarsi
innocente, ma anche a rinforzare le tesi soprannaturali, per cui rimane
l’amletico dubbio:
“— Lei crede di poter spiegare tutto, vero?
Allora provi a spiegarmi questo: come avrebbe potuto uno come me, impersonando
Faustina, fare esattamente ciò che il suo inconscio represso le ha chiesto quando
la ragazza ha incrociato la signora Lightfoot sulle scale?
— Un caso. Un colpo di
fortuna per lei. E il contrario per Faustina.
— Caso?
Fortuna? Non può spiegarlo con niente di meglio? Ogni volta che ripenso a quel
particolare incidente, mi sento a disagio. Lei no?
Parlava così seriamente che, per un attimo, Basil fu
quasi sul punto di credergli. Poi il peso schiacciante della sua educazione
scientifica fece pendere la bilancia dall’altro lato.
— Perché bluffare,****? Non ci sono
testimoni, stasera. Non potrei mai dimostrare a nessun altro quanto vorrà
ammettere. Perché non mi dice la verità, solo per stavolta? Per lei sarà un
sollievo, dal punto di vista psicologico. Negli anni che verranno, in prigione
o in libertà, questo segreto le peserà sempre di più sulla coscienza.
Desidererà avere un’altra occasione in cui poter parlare francamente, solo che
non le capiterà.
Lentamente,****
scosse il capo. — Lei non mi crede. — Lo disse con voce incolore, come se
stesse enunciando un fatto, il volto radioso alla luce della lampada. — Né io
né lei sapremo mai l’intera verità riguardo a questa faccenda. È tutto un
mistero. E un piccolo enigma in più non può aggiungere o togliere molto.
Sottolineo
“amletico dubbio”, perché secondo me il finale, l’ultimo rigo di questo serrato
dialogo, che conclude il romanzo, all’ultima pagina, si collega a
Shakespeare:
“Ci sono più
cose in cielo e
in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia…”Amleto
[atto I, scena IV], dice Amleto rivolgendosi ad Orazio. Qui invece *****
rivolgendosi a Willing :
“— Alzò lo
sguardo al cielo e sorrise tra sé. — Comunque, solo Dio sa cosa succede lassù”.
Pietro De Palma
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