domenica 20 dicembre 2015

Helen McCloy: Come in uno specchio (Through a Glass, Darkly, 1950) - trad. Marilena Caselli - I Bassotti, Polillo - 2006


Ci sono romanzi che leggo in una botta sola, mettendoci uno due giorni, e ce ne sono altri per cui ci metto un po’ più di tempo. Un tempo era una cosa diversa: quando ero giovane, quando non  avevo famiglia, lavoro, preoccupazioni, mi chiudevo nella mia camera, e mentre gli altri andavano al cinema o optavano per una partita di pallone, io prendevo uno dei miei amati gialli (quasi sempre quello che era uscito in quel mese in edicola, oppure qualcuno che avevo acquistato in libreria o che mi era sfuggito in edicola e allora l’avevo trovato in qualche fumetteria), e passavo le ore a leggere. Una volta, mi ricordo, ho letto Il Nome della Rosa di Eco in una botta sola, dalle 16 alle due di notte: altri tempi. Ora riesco a leggere un libro in pochi giorni, o quando sia veramente accattivante (es. il Winslow & Quirk, recentemente analizzato qui) oppure durante i periodi di ferie: il romanzo  “Lo Specchio del male” o “Come in uno specchio” a seconda che uno possegga una o l’altra delle due pubblicazioni con trad. Marilena Caselli (una traduttrice Mondadori che ha preferibilmente tradotto scrittrici: Christianna Brand, Ngaio Marsh, Helen McCloy, etc..) l’ho letto in un tempo molto più lungo.
La cosa, che ai più potrebbe sembrare uno pseudo-problema, soprattutto perché per niente oggettivo e del tutto soggettivo, in realtà una sua importanza ce l’ha : la durata della lettura di questo romanzo, è secondo me connessa all’aspettativa che uno può averne: se lo si legge, come un qualsiasi romanzo giallo, già c’è una mezza delusione, perché lo spazio che precede il primo delitto è eccessivamente lungo, per me; se lo si legge, in quanto romanzo giallo che ha elementi sovrannaturali, informandosi alle notizie che sono messe a profusione nel romanzo, può risultare molto affascinante; se infine, lo si legge, come nel mio caso, perché da grandi critici del genere “Looked Room”, “Camera Chiusa” per intenderci, è stato osannato, l’atteggiamento di lettura è quello accennato prima: odio e amore.
Perché, ad oggi, dopo averlo letto, e riletto una seconda volta per essere maggiormente sicuro, non ho ancora capito perché venga definito una Camera Chiusa.

Through a Glass, Darkly (1950) fu scritto da Helen McCloy, definita da molti, la più grande scrittrice americana di genere poliziesco, e presente in maniera assai risicata nel mercato italiano: oltre a questo romanzo, che è il suo più famoso, la McCloy che fu anche sposata allo scrittore hard-boiled Brett Halliday, creatore del detective privato Mike Shayne, scrisse altri romanzi sempre col suo personaggio principale, lo psichiatra Basil Willing, tra cui l’altro suo romanzo capolavoro Mr. Splitfoot (1968). In Italia, i romanzi son stati tradotti e pubblicati, il primo, ne I Classici del Giallo Mondadori col n. 829, e il secondo ne Il Giallo Mondadori col n.2540; oltre a Alias Basil  Willing ( C.G.M.906) e Cue for Murder cioè “Omicidio a scena aperta” (CGM 1137); ne I Gialli del Secolo della Casini, negli anni ’50, erano stati pubblicati altri romanzi (in edizioni però non integrali): She Walks Alone, “Panico a Bordo” (n.97) e The Long Body , “Cristina e la sonnambula” (n.304); e avevano pubblicato qualcosa anche  Longanesi e l’Editoriale Garden: il primo..A Question of Time, “Una questione di tempo” (I Libri Pocket 539), il secondo.  “Sonno profondo”, The Sleeper (Il Libro Giallo n.4), prima che anche Polillo si decidesse a ripubblicare il CGM 829 e successivamente, nel 2010, Panic, “Panico”, nella collana de I Bassotti. Sicuramente il romanzo da cui fu tratta la traduzione del Garden, non era The Sleeper, come annunciato ma The Sleepwalker: sovente nelle pubblicazioni Garden ci sono errori, e poi non esiste nessun romanzo della McCloy che si appelli The Sleeper, che io sappia ( a meno che non si tratti di un titolo parallelo).

In parecchi romanzi, la McCloy affronta il tema del delitto impossibile, per es. in Mr. Splitfoot, tradotto in Italia col titolo “La stanza del silenzio” (chissà perché talora si sente la necessità di cambiare il titolo da noi?): Mr. Splitfoot è in pratica Satana, giacchè Split in inglese significa Capra-Caprone, e Foot, piede: quindi..piede di caprone. Mi sembra curioso far notare che un personaggio del romanzo oggetto della nostra analisi, cioè la Direttrice della Brereton School, abbia un cognome Mrs. Lightfoot, simile a quello più tardo Splitfoot, usato altrove: il comune denominatore può essere il richiamo soprannaturale, che può essere attribuito ai personaggi in oggetto: infatti Mrs. Lightfoot è una delle persone che sostengono, nonostante si reputino delle persone razionali, come Miss Faustina Crayle, la sventurata protagonista del romanzo, fosse perseguitata dal suo doppio se non addirittura lo evocasse con i suoi sentimenti.
Tale Faustina è una insegnante molto sfortunata, perché, laddove va ad insegnare, tendono a verificarsi oscuri avvenimenti, cioè le sue inspiegabili dislocazioni in luoghi diversi, davanti a testimoni, che giurano e spergiurano sul fatto che per es. mentre Faustina era impegnata a dipingere, il suo doppio sedeva altrove davanti al loro sguardo atterrito. Infatti, l’origine del doppio, il Doppelganger, è da attribuirsi alla credenza che si manifestasse in prossimità della morte di una persona, e che fosse una manifestazione di origine soprannaturale. Questa specie di fantasma, che genera un alone di mistero, di terrore, di sospetto, e di maldicenza  attorno a Faustina, vero o presunto, fa sì che ella debba cambiare sede di insegnamento spesso. Fino a quando non accade qualcosa che non è propriamente connesso al soprannaturale: muore Alice Aitchinson, una allieva che odiava Faustina. E muore rompendosi l’osso del collo, cadendo per una scalinata. Il fatto originale sarebbe che qualcuno giura di aver visto Faustina un attimo prima che la Aitchinson cada, ma..questo non è possibile, perché intanto Faustina è a molti chilometri di distanza.E’ questa la Camera Chiusa? Deve intendersi tale per il fatto che l’assassina, che alcuni vedono da lontano, pare poi volatilizzarsi? Mah. Non so. Certo è che Camera Chiusa , in senso stretto, non mi sembra, in quanto non esistono le prerogative che lo rendano impossibile, salvo il fatto che l’assassino pare si sia sdoppiato in due posti diversi. Ma..la cosa vedremo che investe più la sfera del soprannaturale e presunto tale, che altro.
Morte accidentale? Suicidio o cos’altro? E’ ovvio che le maldicenze raggiungono ora il vertice, tanto è vero che Basil Willing, fidanzato di Gisela von Hohenems, collega di Faustina, invogliato in quanto psichiatra ad occuparsi di tali manifestazioni para-psichiche, sente il bisogno di difendere Faustina. Fino a che, anche Faustina muore. E muore in un modo che libera l’assassino, qualora fosse preso, da ogni possibile accusa nei suoi riguardi: non ha ferite, niente che possa collegarsi ad un’aggressione o atto di violenza.
Muore per un infarto, ed è proprio Gisela a trovarla, in una notte buia, nel cottage in cui Faustina doveva andare a soggiornare. Un cottage che apparteneva alla madre di Faustina, Rosa Diamond, una celebre mantenuta di alto bordo, e prima ancora era appartenuto ad uno dei suoi amanti. Fatto sta che il testamento di Rose, affidato al suo legatario, dice che qualora Faustina dovesse morire, i gioielli che la madre le ha donato tornerebbero ai legittimi proprietari (gli eredi di coloro che li avevano a lei regalati a suo tempo) qualora ancora esistessero, altrimenti si cumulerebbero al resto. Insomma un ottimo movente per ucciderla. Ma come, se è morta d’infarto?

Anche qui a me non pare proprio che venga creata una camera chiusa: Faustina apre la porta, e si accorge che l’impianto di illuminazione non funziona fuori per cui, deve cercare un interruttore della luce: lascia i bagagli vicino alla porta, che rimane aperta ed entra. Il tassista che l’ha accompagnata a casa, dice che in pratica non ha visto nessuno uscire, giacchè la casa era nella sua visuale fino a che non si è reimmesso nel sentiero del bosco dal quale è venuto, ma in senso opposto; ma..l’assassino avrebbe potuto essere vestito di nero, e nel buio non essere visto. Non solo. Gisela impiega del tempo ad arrivare al cottage, tempo che sarebbe potuto servire all’assassino casomai fosse stato presente, per defilarsi. Ma al di là di ciò, è Gisela, che sta recandosi da Faustina, a investire quasi una figura nel bosco, che rivela per un attimo lo sguardo atterrito di Faustina : come poteva essere lì, a quell’ora, se il medico legale afferma che era già morta in casa?
Basil Willing dimostrerà che il Doppelganger in realtà non era tale ma..un doppio di altra natura: non sveliamo cosa per non togliere il piacere di leggere il libro. Che se non è una Camera Chiusa, è però un romanzo sul soprannaturale, molto vicino a Carr. E il metodo utilizzato dall’omicida per uccidere, cioè per indurre la protagonista ad avere un infarto è la paura: la paura di qualcosa di ancestrale, la paura del proprio doppio, la paura della morte.
La morte, “Der Tod” in tedesco, introdotta dall’articolo maschile perché era rappresentata da un cavaliere con la falce su un cavallo nero, appare, in molti poemi, in molte poesie, all’uomo quando è sul punto di trapassare. La paura di Faustina di vedere se stessa, il suo doppio, potrebbe essere connessa alla paura di essere sul punto di morire; cosa che poi..accade. Del resto, il Doppelganger è attestato in molti testi letterari e nella tradizione dei paesi mitteleuropei, come una figura che appariva, che si poteva notare solo di sbieco, con la coda dell’occhio, solo in prossimità di morte.
Ora il titolo del romanzo, può avere un triplo significato: può alludere al versetto della Prima Lettera ai Corinzi di S.Paolo, 1 Corinzi 13:12  : ..βλεπομεν γαρ αρτι δι εσοπτρου εν αινιγματι ‘, che è reso nella Bibbia di Re Giacomo:  “Poiché ora vediamo come in uno specchio, in modo oscuro”; potrebbe alludere, secondo me, anche al modo di commettere il secondo omicidio : “..come in uno specchio, al buio”. La protagonista è stata indotta a vedere se stessa, giacchè l’assassino ha costruito, basandosi sull’assenza di luce, uno specchio, traformando una grande porta a vetrata, ad ante apribili al centro della stanza, in un artigianale ma tremendamente efficace specchio.
E potrebbe infine ricollegarsi all’omonima antologia di racconti del grande romanziere e scrittore irlandese, Joseph Sheridan Le Fanu : In a Glass Darkly,in cui il Dottor Martin Hesselius indaga su casi al limite del paranormale e in cui si trovano accenni al tema del Doppelganger : per es. in The Familiar, revisione del racconto The Watcher apparso nella precedente raccolta Ghost Stories and Tales of Mystery (1851); e in Mr Justice Harbottle. Dal dottor Hesselius, da questa singolare figura di detective ante litteram, versato al paranormale, deriverà anche il Dottor Fell di John Dickson Carr, se non il Colonnello March sempre di Carr.
Through a Glass, Darkly, più che essere altro, è un romanzo che mischia assai sapientemente e intelligentemente elementi del giallo e del sovrannaturale. E’ molto vicino se non addirittura tributario del The Burning Court di John Dickson Carr che rappresenta ad oggi ancora il miglior esempio di commistione di soprannaturale e letteratura gialla, tanto da esser preso ad oggetto come esemplare di letteratura fantastica (del resto Helen McCloy dedicò a Carr e a sua moglie Clarice, il suo romanzo Alias Basil Willing).
In questo, il romanzo della McCloy,  è costruito veramente in maniera mirabile, e che sia tributario di quel romanzo di Carr, lo dimostra il finale che allude assai furbescamente a Carr con la sua doppia ipotesi: quella razionale, costruita da Willing a discapito dell’assassino, e quella dell’assassino, sempre che lo sia ovviamente, che non sarà mai accusato da alcuna corte per quell’assassinio avvenuto mentre lui era lontano, e che viene accusato da Willing solo sulla base di una serie di indizi, assai abilmente incastrati. Tuttavia, sono indizi, non prove, e su quelle nessun tribunale..in un paese anglosassone potrebbe metterlo sotto giudizio. Lo sa lui e lo sa Willing, che pur si aspetterebbe almeno in quella occasione, una ammissione che almeno, se non avesse il merito di riportare Faustina in vita, potrebbe sgomberare il campo di qualsiasi disputa di sovrannaturale. Solo che l’accusato, non solo continua a professarsi innocente, ma anche a rinforzare le tesi soprannaturali, per cui rimane l’amletico dubbio:
“— Lei  crede di poter spiegare tutto, vero? Allora provi a spiegarmi questo: come avrebbe potuto uno come me, impersonando Faustina, fare esattamente ciò che il suo inconscio represso le ha chiesto quan­do la ragazza ha incrociato la signora Lightfoot sulle scale?
— Un   caso. Un colpo di fortuna per lei. E il con­trario per Faustina.
— Caso? Fortuna? Non può spiegarlo con niente di meglio? Ogni volta che ripenso a quel particolare incidente, mi sento a disagio. Lei no?
Parlava così seriamente che, per un attimo, Basil fu quasi sul punto di credergli. Poi il peso schiac­ciante della sua educazione scientifica fece pendere la bilancia dall’altro lato.
— Perché bluffare,****? Non ci sono testimo­ni, stasera. Non potrei mai dimostrare a nessun altro quanto vorrà ammettere. Perché non mi dice la verità, solo per stavolta? Per lei sarà un sollievo, dal punto di vista psicologico. Negli anni che ver­ranno, in prigione o in libertà, questo segreto le pe­serà sempre di più sulla coscienza. Desidererà avere un’altra occasione in cui poter parlare francamente, solo che non le capiterà.
Lentamente,**** scosse il capo. — Lei non mi crede. — Lo disse con voce incolore, come se stesse enunciando un fatto, il volto radioso alla luce della lampada. — Né io né lei sapremo mai l’intera verità riguardo a questa faccenda. È tutto un mistero. E un piccolo enigma in più non può aggiungere o to­gliere molto.
Sottolineo “amletico dubbio”, perché secondo me il finale, l’ultimo rigo di questo serrato dialogo, che conclude il romanzo, all’ultima pagina, si collega  a Shakespeare:
“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante non ne sogni la tua filosofia…”Amleto [atto I, scena IV], dice Amleto rivolgendosi ad Orazio. Qui invece ***** rivolgendosi a Willing :
“— Alzò lo sguardo al cielo e sorrise tra sé. — Comunque, solo Dio sa cosa succede lassù”.

Pietro De Palma





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