Michel Herbert & Eugène Wyl, lo pubblicarono nel 1932: La Maison Interdite, da allora, tra gli addetti ai lavori, è sempre stato ritenuto un Classico della Camera Chiusa:
In
Italia fu pubblicato, in edizione non integrale, nel 1941, nella
collana dei GEM, Gialli Economici Mondadori (collana anteguerra), con il
titolo “La casa vietata” ma con uno pseudonimo: Michael Wally. Successivamente, negli anni '90, Igor Longo svelò in Italia che trattavasi del romanzo dei due autori (del resto lapallissiano per chi conoscesse il romanzo, visto che una volta tanto il titolo nella lingua originaria fu tradotto in italiano. ).
Le
notizie biografiche sono quantomai aleatorie: si sa che furono scritti
altri tre romanzi (l’Homme qui disparut, Le Crime derrière le porte, Les
Serpents d’Or). Devo dire che, personalmente, possiedo il raro Le Crime derrière le porte, in francese).
Da
alcune fonti francesi, parrebbe che i due nominativi Herbert & Wyl,
fossero riconducibili allo stesso autore, che avesse usato anche gli
pseudonimi di Michael Herbert e Joan Sun ( per pubblicare altri romanzi)
e che fosse nato del 1898 e morto nel 1978; altre fonti parlano di due
autori distinti.
Purtroppo
da allora, il romanzo “La casa vietata” non è stato più pubblicato, né
tantomeno qualcuno ha pensato a proporlo integralmente.
E
questo è un peccato, perché ritengo sia un capolavoro sconosciuto (da
noi, ovviamente). E devo dire che avendolo cercato da parecchio ma non
avendolo mai trovato (è raro), sono riuscito finalmente a leggerlo solo
perchè mi è stato dato da un amico: in questo caso me
l’ha regalato per Natale. Regalo graditissimo.
Innanzitutto
si segnala per una caratteristica tutta francese, l’atmosfera : un
delitto impossibile avvenuto in un castello circondato da un parco.
Molti gli elementi caratteristici in quest’opera: il
castello di Luckenbach, costruito dal banchiere Goldenberg, poi finito
in galera per aver truffato molti risparmiatori; parecchi milioni di
franchi spariti nel nulla (che si sospetta siano stati nascosti proprio
nel castello); una serie di avvertimenti a tutti coloro che ne son
diventati dopo proprietari, ad abbandonare il castello, pena la morte;
la morte di uno dei castellani, Grodman, cosa che accade in un caso;
l’acquisto della proprietà da parte di un salumaio, anzi il presidente
di un consorzio di salumai, arricchitosi durante la prima guerra
mondiale, con commesse all’esercito, Stamford; l’invio a Stamford di tre
lettere minatorie, l’ultima delle quali gli annuncia la morte a
mezzanotte del 28 ottobre.
Intorno
alla vittima predestinata tutta una folla di personaggi, tutti suoi
subalterni: il domestico Sting, il maggiordomo Merriam, l’autista Ettore
Hunter, lo storpio Tonio, la ex nutrice di Stamford e moglie di Carlo,
Teresa ; il custode della proprietà Bennard ; il segretario, marchese
(decaduto) Laguyéres.
La
notte del presunto assassinio, Stamford comanda a Tonio di attendere
chi verrà da lui e condurlo alla casa; così avviene, ma appena entrato,
l’ospite uccide in biblioteca Stamford e..sparisce nel nulla: infatti in
casa c’è parecchia gente della servitù e tutti son d’accordo
nell’affermare che l’assassino non è stato visto in cantina, al piano
terra, né al primo piano e non è neanche uscito dalla porta principale; e
non c’è nessun’altra uscita (tranne un passaggio segreto che poi viene
trovato in cantina, ma che non era praticabile perché pieno di acqua e
fango: appena viene aperto, l’acqua inonda colui che ha sfondato il
battente; se quel pertugio fosse stato aperto prima, non vi sarebbe
stato tutto quell’eccesso di acqua e fango e il pavimento della cantina
avrebbe mostrato tracce, mentre invece è pulito). Insomma una sparizione
in piena regola ed una Camera Chiusa magnifica.
A questo punto segnalo delle ulteriori cosette interessanti peculiari di questo libro.
Innanzitutto,
atipicamente, i soggetti indagati per un omicidio in un castello non
sono esponenti della società bene, ma tutti appartenenti alla servitù, e
del resto il padrone di casa è un salumaio, molto ben caratterizzato
(come tutti gli altri personaggi); vi sono soggetti inquirenti che
giungono a conclusioni tutte differenti l’una dall’altra (il
luogotenente, il giudice e il detective privato, l’ispettore di polizia,
il procuratore) e in ciò, questo romanzo ha un punto di contatto con il
capolavoro di Leo Bruce, Case for Three Detectives ,
“Un caso per tre detective” che è del 1936, quindi successivo: lì però
colui che dà la quarta soluzione, quella vera, è un poliziotto, il
Sergente Beef, mentre qui a rovesciare la situazione, facendo assolvere
il maggiordomo che stava per essere condannato alla pena capitale, è un
domestico, Gustavo Sting, che spiega l’arcano mistero, in maniera
brillante; e lo fa, nel corso del processo, assurgendo a un ruolo che
nel processo di marca anglosassone, non è mai proprio di un testimone
della difesa, ma del soggetto principale delle parti (difesa e accusa).
Tuttavia i due eroi, il domestico e il sergente di campagna sono
soggetti “alla buona”, che sono contrapposti a detective molto più
referenziati . Infatti in “Un caso per tre detective”, il buon sergente
Beef, espressione del lavoro investigativo non sotto le luci dei
riflettori, alla lunga, ridicolizza le tre soluzioni roboanti di
Lord Simon Plimsoll, Monsieur Amer Picon e Monsignor Smith, caricature
di Lord Peter Whimsey (D. Sayers), di Poirot (A.Christie), di Padre
Brown (G.K.Chesterton).
Invece ne
“La casa vietata”, il Luogotenente Trench, il Giudice Gray, l’Ispettore
Travis, il Sostituto Procuratore Generale, il grande detective privato
Tom Morrow sono personaggi presuntuosi e meschini: il primo non è mai
riuscito a risolvere un caso, pur credendo “di avere l’anima di uno
Sherlock Holmes” e, pur di farlo, formula le sue accuse rivelatesi poi
infondate sul Marchese; il secondo, giovane e attivo, ma con “uno
spirito di contraddizione spinto agli estremi” non esita a ridicolizzare
e screditare l’opera del primo, liberando il Marchese e accusando Carlo
Merriam; il terzo, appunta i propri sospetti sullo storpio, Tonio; il
quarto su Bennard, perché deve ergersi a risolutore del tutto,
sprezzante nei confronti della tesi del poliziotto; il quinto, pur di
intascare il premio promesso dai cugini del salumaio estromessi dal
testamento (altri personaggi meschini e avidi, tratteggiati
magnificamente nella loro inconsistenza sociale e pur capaci di far
condannare un innocente per intascare l’eredità, e a litigare tra loro
perché la cugina ancora più avida del fratello, non avrebbe voluto
riconoscere nemmeno il dieci per cento al detective privato), non esita
ad accusare il maggiordomo, alleandosi col giudice inetto, pur di farlo
condannare a morte.
Questa
caratterizzazione molto popolare è uno dei dati distintivi di
quest’opera: è come se il romanzo fosse stato concepito in quanto
rivalutazione del popolino, una sorta di rivincita dei soggetti di
solito meno considerati nella Letteratura Gialla: prima di questo
romanzo non si era mai visto che un domestico, che di solito ha nei
romanzi gialli della Golden Age un ruolo marginale (tranne i maggiordomi
e le governanti), potesse rivaleggiare a addirittura ridicolizzare le
tesi di un tenente, di un ispettore di polizia, di un giudice, di un
procuratore e di un famosissimo detective privato. Un ruolo di primo
piano che rivaleggia e sovrasta alla grande persino il ruolo del
sergente Beef. Insomma Herbert & Wyl sovvertono le regole
abitudinarie del Romanzo Poliziesco e creano un piccolo gioiello.
Del
resto la presenza di una folla di personaggi appartenenti al popolo e
alla borghesia arricchita, cui appartiene anche un marchese decaduto,
dimostra la mai sopita abitudine francese, figlia della rivoluzione del
1789, ad avversare l’avvento dell’aristocrazia e dell’alta borghesia,
che invece sono soggetti tipici dei romanzi di marca anglosassone (in
America l’aristocrazia è sostituita dai grandi banchieri, dagli uomini
d’affari, dalla borghesia imprenditoriale): non a caso il Marchese
Guyeres è un poco di buono, insomma un farabutto che poi poco alla volta
ha cominciato a vivere da uomo onesto, però vivendo una condizione di
subalternità che cozza con le sue origini nobiliari. Così, in fondo in
fondo, scorgiamo nel romanzo anche un motivo nascosto che è di ordine
sociale.
E
l’incongruità delle situazioni che rendono il delitto “impossibile”
viene spiegata con grande sottigliezza, rivelando molti interessi
diversi e tanti segreti inconfessati che una volta spiegati fanno
assurgere Gustavo Sting a detective di primo piano: non a caso tre
soggetti processuali, nell’aula del tribunale, il (cittadino) Presidente
di Corte d’Appello, il (cittadino) Sostituto Procuratore Generale, il
(cittadino) avvocato della difesa Parker, riconoscono la grandezza di un
domestico(un altro cittadino di quella Repubblica Francese fondata sui
valori eterni di Libertè, Egalitè, Fraternitè), molto più detective di
razza di quanto loro stessi si siano dimostrati. Quello che stupisce è
il ragionamento che sottende alla spiegazione, semplice ma incisivo :
chi possa essere il misterioso visitatore e come sia potuto svanire.
Devo riconoscere che mi ha stupito. Pensavo di aver letto tutte le
maggiori Camere Chiuse ed invece mi accorgo che ce ne sono ancora molte
che possono essere un diletto per l’intelletto.
Ah, i bei romanzi di una volta…
Pietro De Palma
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