Il mio innamoramento delle opere di Paul Halter risale al 2003 : prima di quell’anno, lo devo ammettere, non lo conoscevo. Ma in quell’anno conobbi Igor Longo, consulente storico del Giallo Mondadori. Accadde per caso: scrissi all’Editor di quegli anni, che era Sandrone Dazieri, una lettera in cui sostanzialmente chiedevo che mi potesse dare delle indicazioni su come reperire romanzi gialli Mondadori che contenessero Camere Chiuse, perché è stato sempre il mio pallino. Lui passò la palla a Igor Longo, che mi rispose devo dire anche entusiasticamente, dato che aveva trovato un altro fissato di Camere Chiuse (Igor è il maggiore esperto italiano, sicuramente).
E così cominciò una fitta corrispondenza che poi
diventò amicizia epistolare: Igor tra gli altri autori, mi spronò a
leggere Paul Halter che a suo dire era il maggior autore contemporaneo
di delitti impossibili e camere chiuse. Io lo presi in parola, e
così..cominciai a ricercare gli Halter: la maggior parte la trovai a “La
libreria del giallo”, quelli più difficili da trovare, quelli che
neanche Igor possedeva più (in più copie), tipo Il cerchio invisibile,
La quarta porta, Testa di tigre, Cent’anni prima, La morte dietro la
tenda rossa, Le mani bruciate, A 139 passi dalla morte; mentre lui mi
regalò autografati quelli più recenti tradotti da lui. In realtà pur
avendo suggerito lui di pubblicare le opere di Halter, inizialmente a
tradurre Halter era stata Marianna Basile;
poi in un secondo tempo era subentrato lui. Da Igor ebbi gran parte del
resto : Il delitto del Minotauro, La tela di Penelope, Il delitto di
Atlantide, L’albero del delitto, Fiamme di sangue, la lettera che
uccide. Infine Nebbia Rossa, la Camera del pazzo, e I fiori di Satana me
li procurai dopo : Nebbia Rossa era un vecchio titolo che comprai in
quanto resa, nuovo, così come La vendetta di Barbarossa, ultimo titolo
uscito l’anno scorso. E poi un amico mi ha ceduto la
raccolta di racconti in francese, La Nuit du loup.
Halter dev’essere stato sicuramente uno degli
autori che più ha pagato il cambio editoriale: da quando lasciò Dazieri,
si è progressivamente ridotto il parco dei titoli di autori francesi
che, durante la sua gestione, si era notevolmente ingrossato, anche
grazie all’abnegazione di Igor che è sempre stato un innamorato della
cultura francese (e suppongo lo sia ancora): erano stati pubblicati,
sempre tradotti da Igor, almeno, 3 romanzi di Steeman, uno di
Jacquemard-Senecal, gli Halter, e altri si sarebbero aggiunti se…
Insomma, qualcosa cambiò. E Halter fu uno degli autori che pagò di più.
Una certa tendenza all’anglofilia e al rigetto
della letteratura francese gialla dell’ “età dell’oro”? Sicuramente
anche questo. Ma anche altro.
Bisogna dire che non è mai stato autore che abbia
goduto di simpatie massive: c’è sempre stata una sua sponda che
l’adorava ed una che non lo sopportava. Insomma un autore controverso:
il perché possiamo cercare di spiegarlo, analizzando una sua opera, uno
di quei romanzi che viene da più indicato come uno dei migliori: La mort vous invite ( “Le mani bruciate” ).
E’ un romanzo che ha goduto si dall’inizio di un
grande successo di pubblico (in Francia soprattutto) anche in ragione di
uno sceneggiato televisivo che fu tratto da esso.
Harold Vickers è uno scrittore di successo di
romanzi gialli, ma da un po’ di tempo il trend di vendita è in calo, per
cui lui decide di scrivere un romanzo con cui pensa di invertire la
discesa di gradimenti: sarà una Camera Chiusa fenomenale.
Vive da solo in una villa, a St. Richard’s Wood,
assieme alla moglie Dane, al cognato Roger Sharpe illusionista, alle
figlie Valerie e Henrietta; Valerie è fidanzata ad un sergente di
polizia, Simon Cunningham.
Una sera Simon si presenta a casa Vickers : è stato
invitato a cena dal padrone di casa, ma dell’evenienza nessuno sa
nulla. Anche un altro è stato invitato a cena: un certo Fred Springer,
critico di romanzi polizieschi. Per di più Valerie che doveva andare a
teatro si è arrabbiata perché ha pensato che Simon le avesse preferito
un’altra.
Vanno a chiamare il padrone di casa, ma non
risponde: aveva detto quel giorno di non disturbarlo per nessuna
ragione. Bussano alla porta, gridano, niente. Fanno il giro della casa:
attraverso le imposte, vedono che la camera è illuminata. Il maggiordomo
si procura una chiave da un’altra porta, giacchè le serrature della
casa son tutte uguali, Simon la usa per aprire, ma gira a vuoto.
Significa che ha messo il chiavistello, per cui.. si decide di buttare
giù la porta, che cede dopo una spallata. Lo spettacolo che si presenta
agli occhi dei presenti è raccapricciante: su una tavola imbandita, è
posto un tegame con dell’olio bollente in cui sfrigola ancora la carne,
in cui è immersa la faccia e le mani dello scrittore, ustionate a tal
punto da impedire un riconoscimento formale: la morte è stata dovuta ad
un colpo di pistola alla tempia. A testimoniare l’immediatezza della
morte è il fatto che due polli sfrigolino ancora e fumino sulla tavola,
al centro della quale torreggia un trionfo di fagiani, vicino a dei
legumi ripassati con lo scalogno ed il lardo.
Vicino alla finestra un calice pieno per metà di acqua e due guanti. E
ovviamente nessuno dentro la stanza: finestre chiuse, e nessun altro
passaggio con l’esterno, segreto o non; e pure la cappa del camino pur
essendo senza grata è talmente piccola da consentire il passaggio solo
ad animali di piccole dimensioni.
La moglie ha un mancamento sulla soglia; subito
chiedono l’intervento della polizia e così Archibald Hurst, Ispettore di
Polizia, e Alan Twist criminologo, che stanno giocando a scacchi a casa
del primo, si trovano scaraventati in un’altra avventura assurda.
Sin dalle prime battute si sa che innanzitutto la
morte non è stata subitanea, ma è avvenuta parecchio tempo prima almeno
24 ore; e che lo scrittore aveva un fratello gemello che abitava in
Australia, e il dubbio che comincia a farsi strada poco alla volta è che
la faccia bruciata abbia lo scopo di impedire il riconoscimento: vuoi
vedere che non si tratta di Harold ma di Stephen Vickers, ricco quanto
se non di più del fratello scrittore?
La prima cosa da controllare sono i denti: ma in
questo caso è inutile: Vickers si vantava della sua dentatura sana e dal
dentista non andava mai per questo motivo. Sul tavolo dell’obitorio,
davanti ad uno spettacolo tanto penoso, tuttavia una delle figlie si
ricorda di una cosa accaduta l’anno prima: il padre si era ferito ad una
gamba ed era rimasta una piccola cicatrice: se ne ricordava perché la
ferita inizialmente aveva tardato a rimarginarsi. Quindi è Harold
sembrerebbe.
Intanto, si viene a sapere di una maledizione: il
padre di Harold era morto per infarto e le cause erano da ricercare nel
fatto che lui non apprezzasse il genere di narrativa praticata dal
figlio. Una delle due figlie; Henrietta, che odia il padre perché a sua
volta non apprezza il suo talento di pittrice, evoca la presenza del
nonno. Una notte, Simon Cunningham vede un’ombra nel cimitero: dice che
si trattava di un vecchio, che vagava con dei cenci sporchi addosso in
direzione del vecchio cimitero che è adiacente alla casa: si tratta di
presenza o allucinazione?:
Fatto sta che proprio quando si pensa che
l’identificazione sia stata assodata, spunta fuori dall’autopsia che il
morto possedeva due denti impiantati: allora non si tratta di Harold ma
di Stephen? E Harold dov’è? E’ stato lui ad uccidere il fratello?
Di lì a poco altri imprevisti accadono. Twist si
accorge che i pantaloni dell’amico sono imbrattati di sangue: dove mai
può esserseli sporcati? Forse quando ha dato un calcio a dei cenci per
strada? Quando trovano un pezzo di lenzuolo sporco di sangue fresco,
Twist ha un presentimento e si dirige verso casa, dove in camera sua
trovano Henriette sgozzata. A questo punto si dirigono verso il
cimitero, trovano la tomba del nonno, ma si accorgono anche di uno
strano odore, un odore di morte. E’ Hurst che si accorge che dietro la
lapide, c’è un altro cadavere vecchio di qualche giorno: anche se i
lineamenti sono distorti e puzza parecchio, è senza dubbio il fratello
gemello.
Twist e l’Ispettore vogliono sapere se il vicino di
casa di Harold Vickers sapesse qualcosa di lui; e così andando a
trovare Colin Hubbard, gli regalano Le Mystère de la chambre jaune di Gaston Leroux, perché quando l’avevano interrogato precedentemente lui era caduto nella trappola di Twist: interrogato su Le Mystère de la chambre jaune
di Conan Doyle (???), lui si era spinto in descrizioni fantomatiche del
romanzo con Sherlock Holmes e il Dottor Watson, dimostrando così di non saperne
nulla. Allora per quale motivo Vickers andava così spesso a
trovarlo? Sanno così di un delitto avvenuto cinquant’anni prima, in cui
parecchi dei particolari sono uguali a quelli trovati sulla scena del
delitto di Vickers: il calice pieno a metà di acqua ed il paio di guanti
per terra, vicino alla finestra, di cui è stato testimone lo stesso
Hubbard.
Varie prove si accaniscono contro Dane Vickers :
sotto il suo materasso vengono trovati degli strumenti utilizzati per la
messinscena della morte del marito, e tra di essi due capelli suoi.
Questo basta (oltre alle sue condizioni psichiatriche gravi, e alle sue
accuse alle figlie che il nonno le avrebbe punite) per far convergere su
di lei le accuse dell’Ispettore.
Ma non è finita, perché Alan Twist con un rapido dietrofront rivolterà di nuovo le carte ed inchioderà l’omicida.
Diciamo innanzitutto che questo romanzo è quello
degli odori: profumo di pollo fritto, di legumi; fetore di cadaveri;
odore penetrante di vernice fresca (la casa dove abiteranno Simon e
Valerie); l’odore di vernice fresca in colore di cui l’assassino/a ha
cosparso la serratura dopo averla svitata e manomessa. Tanti profumi,
troppi però per non far ricordare dell’altro.
All’inizio quando cominciai a leggere gli Halter,
mi accorsi subito (e lo dissi ad Igor) di quella lunghissima sfilza di
citazioni presente nei romanzi dello scrittore alsaziano: Igor lo
giustificò con l’amore di Paul Halter verso Agatha Christie soprattutto e
verso ovviamente John Dickson Carr.
Ad oggi io direi altro anche: pur accettando quella
versione, io propenderei anche per un’altra che non necessariamente
elimini la prima ma direi la integri: il volume delle citazioni è troppo
rilevante perché possa trattarsi solo ed esclusivamente di citazioni.
Le citazioni possono essere inconscie e
consapevoli: io direi che troppe volte, col senno del poi, mi paiono
consapevoli. E’ come se lo scrittore, dovendo scrivere un nuovo romanzo,
e trovandosi a corto di inventiva, la surrogasse con delle trovate di
altri scrittori: non sempre l’inventiva correi in aiuto. Se si sta bene,
i romanzi popssono essere magnifici; quando non si sta bene, si perdono
colpi (il riferimento è a Carr). Il discorso è che per capire la
portata delle citazioni, devi essere anche tu un grande lettore come lo è
lui, e quindi automaticamente, non saranno molti coloro che capiranno
il meccanismo.
Ovviamente questo non toglie che altrove, cioè in
altri romanzi, la portata delle citazioni non possa essere meno
importante o addirittura non esserci: è per questo che parlo di
citazioni conscie e inconscie. Per esempio Le brouillard rouge, “Nebbia
Rossa”, che io considero ancora ad oggi se non il capolavoro di Halter,
almeno uno dei suoi capolavori, rivela una potenza evocativa di
immaginazione e una scrittura così coinvolgente da non aver bisogno di
trucchetti e citazioni: se vogliamo, in quel romanzo, la cosa meno
importante è proprio la Camera Chiusa, che poi non è funzionale al
romanzo, ma ne è solo una trovata!
In questo romanzo, le citazioni abbondano:
citazioni a romanzi propri ("Nebbia Rossa", appunto: se ne parla
all’inizio, ma c’è un altro riferimento molto più diretto ad un certo
punto del romanzo che non rivelo, perché chi avesse letto questo
romanzo, senza aver letto "Le mani bruciate", potrebbe fare il
collegamento mentale ed immaginare chi possa essere l’omicida; inoltre a
Nebbia Rossa si ricollega anche per la tecnica narrativa: il romanzo
comincia come finisce: si incomincia a parlare di un omicida e si
finisce con esso), ma anche altrui.
Innanzitutto Harold Vickers: si riferisce
sicuramente a Roy Vickers, altro scrittore (era specializzato nella
Inverted Story). Può riferirsi anche al romanzo di Roy Vickers, Six Came to Dinner? Molto probabile. Ma ci sono anche altre citazioni.
La messinscena del delitto così fantasiosa e culinaria (unica direi fra tutti i romanzi letti sinora) richiama Arabian Nights Murder di Carr: lì il morto è vestito con un cilindro, un cappotto, ha una barba posticcia e vicino c’è un libro di ricette di cucina.
Ma al contempo, il fatto che richiami un delitto
avvenuto cinquant’anni prima (si badi, cinquanta anni, non quaranta o
sessanta) richiama un radiodramma di Ellery Queen, The Disappearance of Mr. James Phillimore, in cui un evento accaduto cinquant’anni prima, si verifica esattamente cinquant’anni dopo.
Uno della famiglia che assassina gli altri
componenti è una trama vista e rivista, ma quando è la madre che uccide,
il riferimento è a The Green Murder Case di S.S. Van Dine: in realtà ad uccidere era la figlia adottiva, qui…
Ma c’è anche il riferimento a Gaston Leroux e Jacquemard-Senecal.
E poi..la cicatrice alla gamba: a chi ci fa pensare? A me fa pensare alla voglia a forma di fragola sulla coscia di Brad, riconosciuto dalla moglie proprio per questo: ma a The Egyptian Cross Mystery
potrebbe riferirsi anche il fatto che il cadavere di Vickers come
quello di Brad e dei suoi fratelli non possa altrimenti essere
identificato: qui i lineamenti sono bruciati, è come se non avesse più
faccia; lì manca proprio la testa.
Ma potrebbe esserci anche un altro significato
delle citazioni, accanto a quello connesso con il ricordo di grandi
scrittori del passato o con la mancanza supposta di inventiva alla
bisogna: si potrebbe trattare anche di un gioco, di una sfida, che lo
scrittore lancia ai lettori. Non faceva così anche Ellery Queen nei suoi
primi romanzi?
Ellery Queen lasciava degli indizi e spettava al
lettore ordinarli nel modo giusto per giungere a rivaleggiare con
l’autore: è possibile che Halter dissemini volutamente delle citazioni,
che opportunamente interpretate potranno rivelare l’identità
dell’assassino? Le citazioni più dirette qui sono quelle a Nebbia Rossa e
al romanzo succitato di Van Dine, ma anche quelle di Leroux e
Jacquemard-Senecal non sono male.
Halter propone due soluzioni: la prima quella
fallace è data da Hurst che accusa Dane dei tre assassini, la seconda da
Twist che invece individua l’omicida. Ma, è bene dirlo subito, Hurst
individua già mezza soluzione:Dane Vickers avrebbe messo dentro la
serratura un pezzo di metallo che avrebbe dovuto avere la funzione di
annullare l’apertura della porta (suo padre era fabbro). Ella avrebbe
rotto il catenaccio interno già da venerdì, dopo aver apparecchiato la
tavola ed ucciso il marito; poi sarebbe uscita dalla finestra esterna
ritornando in casa, chiudendo la finestra, aprendo la serratura,
mettendovi dentro il meccanismo che avrebbe reso inservibile l’apertura
tramite maniglia della porta, poi rimettendola a posto ed infine
passandovi sopra la vernice per impedire che si vedesse la manomissione;
e poi chiudendola dall’esterno. Poi avrebbe messo le cose a posto
sabato, cucinato, chiuso la porta innestando il meccanismo e aspettato
Cunningham e Sprinter, cosicché quando avessero aperto la porta lei
fosse con loro e chiunque avrebbe testimoniato questo. Quando avessero
provato ad aprire la porta, essa sarebbe sembrata chiusa solo col
catenaccio mentre lo era solo con la serratura: Ovviamente nella parte
preparatoria, avrebbe protetto la stanghetta dell’apertura automatica,
riparandola con un foglio di cartone, in modo che, quando avesse spinto
la porta per rompere il catenaccio, essa lì per lì non avrebbe dovuto
subire alcun colpo.
Ma la spiegazione di Hurst si scontra contro
l’ostacolo di Twist: se lei fosse stata davvero l’omicida, dove avrebbe
mai nascosto il cadavere di Stephen, morto già da alcuni giorni, e che
avrebbe dovuto puzzare parecchio?
Ecco allora la spiegazione di Twist: l’assassina non è lei.
L’omicida fa quello che ha detto Hurst, solo che
non cucina lui: porta qualcosa già di cucinato (i legumi) e i polli li
fa sembrare cotti da poco solo perché laddove li ha posti, nel vassoio,
ha versato dell’alcool cui ha dato fuoco. Il pezzo di metallo inserito
nella serratura non ha nessun significato: l’averlo messo ed aver
verniciato la serratura ha avuto solo lo scopo di far convergere i
sospetti su Dane: i capelli messi nella borsa dia ttrezzi sono stati
tagliato con le forbici, non sono caduti spontaneamente. Egli
invece non chiude affatto la porta, ma la chiude solo con la serratura
automatica: quando accadrà che sia necessario aprire la porta, sembrerà
che giri a vuoto la chiave ; ma invece che chiusa e sfondato il
chiavistello, la porta invece sarà aperta e chiusa solo con l’apertura a
scatto della maniglia. Così uno di coloro che sfonderanno la porta,
farà solo finta di imprimervi la propria forza. Questa persona avrà
avuto invece la possibilità di occultare il cadavere e nasconderne
l’odore putrido grazie ad uno stratagemma, che sarà anch’esso rivelato
da Twist.
Tuttavia la cosa che a me di Halter piace di più è
la sua tendenza a descrivere situazioni o descrizioni macabre: il
“macabre” che è uno dei caratteri peculiari dei francesi, da lui è
portato alle estreme conseguenze (altri casi che mi vengono in mente
sono La chambre du Fou in cui c’è molto macabre o anche L’image trouble).
Infine, proprio collegata a questa tendenza macabra
delle narrazioni halteriane, è l’ultima citazione che ho trovato: il
cadavere in putrefazione del fratello gemello, non ci fa ricordare The Hangman’s Handyman
di Hake Talbot? Poi volendo, ce ne sarebbe un’altra: un cadavere in
putrefazione associato ad una tomba dove si trova il cadavere omonimo,
mi ricorderebbe anche The Greek Coffin Mystery di Ellery Queen,
anche se lì i due cadaveri, quello originario e l’intruso sono trovati
nella stessa bara, mentre qui il cadavere intruso viene lasciato sulla
tomba.
Non solo. C'è un'altra citazione non so se consapevole o inconsapevole: l'aver nascosto un cadavere che poi potrà essere trovato ha lo scopo di renderne impossibile il riconoscimento. Infatti se il cadavere è in decomposizione, sarà problematico attribuirgli un'identità. Nel primo romanzo di Abbott, About the Murder of Geraldine Foster , il cadavere è nascosto, poi sarà trovato intatto, in modo che l'ora della morte potrà essere ritardata. L'effetto è l'opposto, il mezzo è lo stesso: il corpo è nascosto, e in entrambi i casi gli odori stanno facendo la loro parte: nel caso di Abbott, l'odore di pino volgerà all'identificazione della sostanza in cui era corpo immerso, ossia l'acido tannico; nel caso del Halter, l'odore pungente della vernice che Twist ha annusato ad un certo punto del romanzo, lo indurrà a capire come e dove il corpo potrebbe essere stato nascosto. In entrambi i casi, l'odore della sostanza porterà ad individuare il killer.
Infine una citazione dal grande romanzo di Alan Thomas (Morte in ascensore,The Death of Lawrence Vining, 1928) : qui vengono trovati due capelli sotto il materasso, lì sotto il materasso viene trovato il fodero del pugnale.
Insomma tutto, ed il contrario di tutto, in un romanzo che non è solo un ottimo howdunnit ma che è anche un eccellente whodunnit, direi uno dei migliori che Paul abbia scritto sino ad ora, infarcito di citazioni, che, se talora può mancare di
riferimenti originali, tuttavia ha una grande atmosfera (Halter è un
maestro di atmosfere, come lo era Carr), che attanaglia a fa finire il
romanzo in men che non si dica.
E la Camera Chiusa è conclusa abbastanza
soddisfacentemente.
Pietro De Palma
Uno dei miei Halter preferiti. Salv.
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