Tanti anni fa, alla fine degli anni ’40, c’è chi puntò tutto su una serie che proponesse autori non anglofoni ma francofoni. E’ bene dire che questa scommessa non pagò i risultati voluti, perché il bacino di lettura italiano, sin dall’origine fortemente anglofilo, non reagì entusiasticamente; tuttavia, quell’atto di presunzione, ci donò un patrimonio che ancor oggi, con notevoli difficoltà, per la rarità del materiale cartaceo in circolazione e quindi anche per il costo, ci dona momenti di grande lettura.
E’ il caso del romanzo che propongo questa volta, “Uno strano cliente” del francese Pierre Boileau. Il titolo dice poco a prima vista: direbbe di più se si fosse tradotto quello originale: La Promenade de minuit, “La passeggiata di mezzanotte”, titolo che fa diretto riferimento ad un episodio di cui si narra nel romanzo e che condurrà alla soluzione.
Pierre Boileau è conosciuto per il sodalizio che lo legò all’altro scrittore francese Thomas Narcejac, di cui felici risultati furono tanti romanzi (anche conosciuti per le felici riduzioni cinematografiche): Les diaboliques (I Diabolici) oppure per esempio D’entre les morts (La donna che visse due volte), Maléfices, L’ingénieur aimait trop les chiffres, Les veufs (I Vedovi), e anche per i romanzi che egli scrisse prima che incontrasse l’amico, tra cui il recentemente ripubblicato da Mondadori, Six Crimes sans Assassin (1939), “Sei delitti senza assassino”.
Tuttavia prima che scrivesse quest’ultimo, ne scrisse altri due, entrambi nel 1934, La Pierre qui tremble (La pietra che trema, 1950) e La Promenade de minuit (Uno strano cliente, 1951): quindi il romanzo di cui parlo in quest’occasione, anticipò direttamente Six Crimes sans Assassin: Perché lo metto in rilievo? Perché troviamo già nel romanzo precedente delle strane anticipazioni che verranno riprese e ampliate nel romanzo successivo.
Andrè Blunel è alle prese con una delle sue crisi di identità: vorrebbe avere per le mani un bel caso, che gli dia la possibilità di mettere in moto le sue cellule grigie; invece nulla gli viene proposto. Il fatto che la stampa locale lo definisca benefattore dell’umanità, lo fà star male, perché egli non si sente tale: egli non combatte i criminali per affermare il senso della giustizia, ma solo per affermare il suo egocentrismo. In sostanza è una specie di Philo Vance, che cerca i migliori criminali per battersi con loro, sfidandoli sul piano della logica e della deduzione. Qunado meno se l’aspetti, ecco che gli capita un altro caso: gli si presenta alla porta un certo Lucien Blaisot, un tale secco secco e lungo che verrà chiamato per tutto il romanzo coll’appellativo di “Il trampoliere”. Lucien gli racconta una storia: suo padre, Auguste, un bel giorno è scomparso. Conduceva una vita tutto sommato tranquilla: aveva solo il pallino delle costruzioni meccaniche, e per quello s’era fatto costruire, accanto alla casa, una specie di laboratorio-deposito, dove passava le notti. Né lui, né la madre, né tantomeno lo zio, Charles, immaginano dove possa essere finito. Non hanno avvisato la polizia, anche per evitare di finire in bocca alla gente. Il fatto è che Lucien rivela che suo padre doveva avere una doppia vita: infatti una volta che sarebbe dovuto essere in laboratorio, era scomparso, e con lui il calesse, non l’auto. Dove andava di notte, per poi ritornare di mattino presto e infilarsi a letto come se avesse lavorato in laboratorio tutta la notte?
Andrè Brunel e l’amico (il narratore) partono alla volta di Coteville (Seine-Inférieure), vicino Dieppe, dove Blaisot vive. Appena arrivati, ricevono una gravissima notizia: lo zio Charles, il fratello del padre, è stato ritrovato dalla domestico morto: causa della morte una profonda ferita all’addome. Il fatto è che quando si recano sul posto e trovano il vecchio morto, notano: l’assenza di tracce evidenti di sangue, nonostante l’imponenza dell’emorragia, segno che il ferimento è avvenuto altrove; e che dev’essersi trattato di omicidio, perché lo strumento per mezzo del quale è stato ferito a morte, un’arma da fuoco, non è stato trovato.
Brunel, sulla base del fatto che al momento del ritrovamento del cadavere e anche qualche tempo prima, spirava vento contrario, e in base al fatto che la villa dello zio Charles abbia due uscite contrapposte (una davanti ed una dietro alla villa) deduce la possibile direzione che deve aver seguito lo zio, trascinandosi ferito fin dove è stato trovato morto, sulla base che il vecchio ogni giorno, ad una determinata ora, soleva fare un giro a piedi nella sua tenuta, anche per controllare che nelle sue terre non girassero bracconieri, con cui aveva una sorta di guerra privata.
Il tenente Perruchet della gendarmeria, che già è in loco, di buon grado accetta la collaborazione di Brunel.
Che possa essere stato forse un bracconiere, viene avvalorato dal fatto che viene trovato, nel posto che Brunel indica come possibile per l’omicidio, un bossolo calibro 16, di un fucile a pallettoni, un’arma che benissimo può aver colpito orribilmente all’addome il vecchio Charles. E trova anche una serie di impronte, che all’inizio sembrano indirizzare verso uno zoppo, zoppo che però, dopo un certo numero di passi, all’imboccatura di un sentiero che porta ad una casa abbandonata, scompare: evidentemente un depistaggio.
Dopo una serie di abboccamenti, decidono di penetrare in quella casa e vi trovano nascosto un fucile che potrebbe essere stata l’arma dell’omicidio. La casa è abitata da un certo Raymond Roujard, che alla loro vista fugge ma è acchiappato dopo un breve inseguimento: è un cacciatore di frodo, uno zoticone, mezzo vagabondo. Arrestato, viene portato in guardina. E’ lui l’assassino dello zio di Lucien Blaisot? E c’entra qualcosa con la scomparsa di Auguste Blaisot? Brunel è convinto del fatto che, se davvero come sembra, la morte e la scomparsa (ma sospetta un’altra morte) sono collegate, Roujard dev’essere stato sicuramente manovrato da qualcuno: insomma è stato il braccio, come è oramai sicuro, ma sicuramente non la mente, essendo un individuo alquanto stolido.
Brunel convince Perruchet a tendere un tranello a Roujard: allenteranno la sorveglianza in maniera che fugga, e lo seguiranno, sicuri che così sorprenderanno i complici. Tutto fila come previsto: Roujard fugge e si rifugia a casa sua . Brunel, l’amico e il tenente della gendarmeria si dividono le uscite della casupola: la porta e le due finestre, ognuno di guardia ad una di esse. L’evaso è alla loro mercè. Tuttavia mentre tendono l’assedio alla casa arrivano due ciclisti, e mentre uno dei due rifiuta di qualificarsi, assalta il tenente, e fugge, vedono anche l’altro che fugge, proprio mentre si sente un grido orribile e Roujard viene trovato in un mare di sangue con la gola squarciata: i due non possono essere stati, non è stato visto altro avvicinarsi alla casa, eppure Roujard è morto. Sembrerebbe un mistero da Camera Chiusa. Accanto al cadavere un coltello, che viene identificato come appartenente a Charles Blaisot. Cosa significa? Che sicuramente Roujard deve avere ucciso Blaisot, ma..chi ha ucciso a sua volta lui? Come ha fatto un coltello con le iniziali di Charles Blaisot ad essere trovato nella gola di Roujard?
Brunel sospetta che c’entri qualcun altro. Ma non ha prove di alcun genere. Sa solo che l’unico testimone del mistero che grava sull’intera faccenda non parlerà mai, perché parlare proprio non sa. Semmai sa..nitrire. E’ il cavallo che tira il calesse. Possibile che lui sappia la strada che il vecchio Auguste faceva di notte? Brunel si affida all’unica pista che ha a disposizione: convinto a seguirlo Lucien, partono di notte sul calesse e lasciano che il cavallo segua un suo itinerario. Li porterà ad una casa abbandonata, dove Brunel avrà una grande sorpresa che per poco non si concluderà con la sua morte prematura. Questa volta dovrà dire grazie al suo aiutante, che a sua volta, novello Sherlock Holmes, avrà capito come nella faccenda c’entri qualcun altro di casa Blaisot, tra la fidanzata di Lucien, Hélène Dorance, il custode Bertrand, e la moglie di Auguste, e proprio nell’istante in cui Brunel sta per andar a far visita, legato mani e piedi, alle rane di uno stagno, pardon, a San Pietro, ecco che l’amico interviene, vero deus ex machina e lo salva.
In un finale liberatore, si spiegherà tutto, e più d’uno dovrà rivelare la sua verità.
Romanzo delizioso, con tratti assai godibili (il modo come senza indizi di sorta, ma solo affidandosi all’acume e all’intuito, Brunel capisca dove è avvenuto veramente l’omicidio di Charles Blaisot, e gli indizi che lo portano a sospettare di un bracconiere, è veramente un pezzo di bravura), il romanzo gioca ancora una volta su quella che è la caratteristica comune dei romanzi francesi del periodo, di cui Boileau incarna la leadership indiscussa: disinteressarsi di atmosfera e descrizioni psicologiche, per presentare al lettore una storia basata esclusivamente su un mistero, che porterà, allorchè venga risolto brillantemente, alla spiegazione del tutto. E’ un modo assai semplicistico di scrivere ma che consente di concentrare tutte le proprie energie sull’intreccio e sul mistero, senza occuparsi di altro.
In un certo senso questo romanzo è anche assai interessante, non solo perché è uno studio rivolto alla Camera Chiusa, ma anche perché in certo senso, è uno studio preparatorio, una sorta di cartone su cui Boileau fissa alcune delle idee che riprenderà nel romanzo del 1939: innanzitutto il motivo della casa sorvegliata da tre persone diverse (Brunel, l’amico assistente ed il poliziotto di turno) che sorvegliano ognuna una delle uscite possibili della casa, e il motivo della Camera Chiusa conseguente, visto che colui che si è chiuso in casa, muore in circostanze impossibili.
Interessante è anche l’intreccio che avviluppa assieme, due storie completamente diverse, presentandoci un due cadaveri, morti per cause diverse, in seguito a fatti completamente estranei, che coinvolgono persone che neanche si conoscono, in un intreccio che non sente il bisogno di seguire le idee classiche del romanzo poliziesco di quegli anni, quelle delle 20 regole di Van Dine.
In un mondo ancora una volta d’altri tempi: un’ambientazione bucolica (ma non troppo), personaggi quasi surreali, un animale che porta gli uomini a scoprire un intreccio neanche immaginato, carrozze e auto d’epoca, malfattori che fuggono inforcando due biciclette, mezze verità e mezze bugie, un detective osannato che deve la vita al suo aiutante improvvisatosi a sua volta detective, una bella fanciulla di cui l’amico di Brunel si innamora. E due assassini che stanno per diventarlo spinti dalla necessità, ma in realtà ladri di polli; ed un ladro di polli che diventa assassino.
Insomma tante sorprese con un finale a sorpresa che sorprenderà non poco e non pochi.
Pietro De Palma
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