Cominciamo col dire che Bow è un quartiere londinese, e che la vicenda ha luogo nella Londra dell’ultimo decennio del XIX secolo, pervasa da turbolenze economiche e sociali, in cui le guerre coloniali si mischiano alle rivendicazioni degli strati sociali più emarginati, la Londra di Jack the Ripper, e quella di Sherlock Holmes. In quest’ambiente esplosivo, eppure così ricco di fermenti, Israel Zangwill, che fu un esponente di primo piano della comunità ebraica londinese, autore di teatro e politico attivo nella causa Sionista, esponente in vista della società londinese di fine ottocento, ambientò la trama di quello che poi è diventato il suo scritto più famoso, capace di sfidare il tempo, con la sua trama semplice eppure ingegnosa (seppure la fama l’avesse raggiunta con Children of the Ghetto, 1892).
Oggi, l’espediente utilizzato nella trama di The Big Bow Mystery
risulta ovvio, anche troppo, ma, a quel tempo, dovette sembrare
rivoluzionario: chi mai, in quell’Inghilterra così vittoriana, avrebbe
mai sospettato dell’insospettabile? Riflettiamo su un particolare così
ovvio ma che a quel tempo non lo era certamente: se non ci fosse stato
questo romanzo, non ci sarebbero stati certamente Il Mistero della camera gialla di Gaston Leroux o anche L’Undicesimo Piccolo Indiano di Jacquemard-Senecal, o infine Il Collezionista di Ossa di Jeffrey Deaver. Ma non ci sarebbe neanche stato Un fischio al Diavolo,
di Derek Smith, di cui parleremo in futuro. Non per la trama ma per il
soggetto che ne è principe, l’assassino. In questo, Zangwill fu il primo
ad innovare il romanzo giallo, in un tempo lontanissimo, più di un
secolo fa; prima ancora della Christie, autrice di L’assassinio di Roger Ackroyd. Eppure, per uno strano scherzo del destino, la Christie è stata ricordata nel celebre trattato di Cvetan Todorov Introduction à la littérature fantastique , mentre Zangwill no.
Se è vero che, a parte The Adventure of the Speckled Banddi Conan Doyle, prima c’erano stati Uncle Silas di Joseph Le Fanu e poi The Murders in the Rue Morgue
di Poe, lo scritto di Zangwill, si impose davanti agli altri sia perché
era un vero e proprio romanzo e sia perchè proponeva una soluzione che
poi fece talmente scuola, che John Dickson Carr non la considerò poi
nemmeno più tra le varie soluzioni originali, degne di essere segnalate:
“Questo trucco è stato inventato da Israel Zangwill e da allora è
stato usato in un’infinità di varianti. È stato fatto, di solito
pugnalando, su una nave, in una casa diroccata, in una serra, in una
soffitta, e perfino all’aria aperta..(J.D.Carr, The Hollow Man,
“Le tre bare”). Inoltre questo libro voleva non solo essere uno
spaccato della vita londinese in cui si svolgeva un omicidio, ma anche
rivelare certi meccanismi in uso al tempo, per esempio l’importanza non
indifferente già in quell’epoca, dei giornali, nell’opera di influenza
sull’opinione pubblica. E il sussulto della carta stampata, in questo
caso ha una grande importanza perché crea intorno all’omicidio una vasta
eco, un’agitazione popolare, un’aspettativa che non potrà essere
ignorata.
Il fatto è semplice ma ingegnoso: Arthur Constant,
un signorino che ha sposato la causa dei proletari, ha raccomandato alla
sua padrona di casa, che vuol essere svegliato alle 6,15 del mattino,
tre quarti d’ora prima delle 7, ora in cui deve fare colazione, perché
deve poi recarsi a parlare ad una riunione di ferrotranvieri. Constant è
stato raccomandato come inquilino dal sindacalista Tom Mortlake, che
quel mattino è dovuto partire alle ore 4. La Sig.ra Drabdump calcola
male il tempo e invece di accendere il fuoco alle 6,15 lo accende una
mezzora dopo; fatto sta che né prima né dopo Constant risponde alla sua
affittacamere che sollecita è andata a svegliarlo, tant’è vero che lei
pensa che voglia riposarsi ancora. Più tardi comunque comincia a
preoccuparsi, perché stranamente Constant, che le si era raccomandato
perché lo svegliasse per tempo, non risponde alle sue sollecitazioni; e
si rivolge ad un ex poliziotto abitante lì vicino, un investigatore famoso in pensione, George Grodman, perché la aiuti.
Quegli forza la porta, chiusa dall’interno, e
penetra nella stanza con finestre anch’esse chiuse dall’interno,
scoprendo che Constant che essi credevano profondamente addormentato, in
realtà è stato sgozzato.
A questo punto esplode il caso: Constant non era il
tipo da suicidarsi, e inoltre il coltello o il rasoio con il quale
avrebbe dovuto tagliarsi la gola non è stato trovato. Conseguenza
diretta, per quanto assurda, è la formalizzazione dell’omicidio
perpetrato da..non si sa.
Inizialmente accusato dell’omicidio è proprio Tom
Mortlake, un sindacalista che il più delle volte aveva sferzato la
società borghese e ostacolato la polizia, accusato da essa di esserne
rimasto coinvolto, in virtù della partenza, per alcuni sospetta, nella
primissima mattina dell’omicidio. L’arresto del sindacalista, rimbalzato
ed ampliato sulle pagine dei giornali, ha una vasta eco nell’opinione
pubblica che si chiede meravigliata come mai un personaggio così noto e
che così tante volte ha denunciato i mali della società, abbia potuto,
proprio lui, spargere del sangue. Ma poi, l’accusa cade, e così
Mortlake, a sua volta, vien visto come un eroe, e rilascia interviste a
destra e a manca..
Fatto sta che presto l’omicidio di Constant diviene
“Il Grande Mistero di Bow”, e non passa giorno che qualche tesi diversa
possa avere l’onore della prima pagina, per spiegare il caso; tutto
inutile. Non si trova una via d’uscita. Tuttavia, colui che coordina le
indagini, e che già sognava titoloni da prima pagina ed edizioni
speciali a lui dedicate, l’Ispettore Capo Edward Wimp, pensa di aver
capito chi possa essere l’omicida: ma..ovviamente non può essere che
Mortlake! E si è anche fatto un quadro generale che possa spiegare la
situazione impossibile (un omicidio in una stanza in cui porta e
finestre erano sprangate e chiuse dall’interno). E in virtù di questa
spiegazione, nel corso delle indagini che lo hanno visto suo malgrado
protagonista, Tom Mortlake viene accusato di aver ucciso Constant sulla
base di un desiderio di vendetta scaturito dal fatto di esser stato
abbandonato dalla sua fidanzata Jessie Dymond, cosa in cui lo stesso
Constant si dice abbia avuto una parte attiva.
Per spiegare la dinamica dell’omicidio, Wimp ha
suggerito all’accusa come la cosa sia potuta essere piuttosto semplice:
Mortlake, precedentemente aveva lamentato di aver perso la chiave della
serratura della stanza in cui abitava, e che poi era stata affittata a
Constant. Secondo l’accusa in realtà avrebbe mantenuto una propria
chiave di quell’appartamento, cosicché dopo aver reciso la gola di
Constant non gli sarebbe bastato altro che lasciare la chiave nella
serratura all’interno della porta e poi chiudere tranquillamente la
porta dall’esterno, e andar via.
Sulla base di queste risultanze e del fatto anche che Jessie Dymond non si trova in nessun posto, e quindi si pensa sia stata uccisa, Tom Mortlake viene condannato a morte, mediante impiccagione.
Nonostante il suo avversario, ossia Wimp, ritenga
di aver vinto la sua battaglia, Grodman fa di tutto perché Mortlake
possa essere scarcerato: guida interrogazioni, si pone alla testa di
comitati cittadini, e anche preme sull’opinione pubblica perché le
accuse formalizzate contro Mortlake cadano ed egli venga liberato. Ma
invano.
E già si aspetta che giunga l’ora dell’impiccagione che..accade un fatto che nessuno si aspettava: l’assassino, il vero assassino, si costituisce alle autorità e rende piena confessione e spiega le dinamiche dei fatti, ponendo le basi dell’immediata liberazione del sindacalista. E non viene neanche arrestato con la stessa accusa, perché nel frattempo si spara, uccidendosi.
Chi sia stato l’assassino e come avesse potuto
compiere l’omicidio e lasciare una porta sbarrata dall’interno, non lo
dico certamente: è un piacere che lascio a chi avrà la bontà di leggere
il romanzo.
Osservo solo, al di là di quanto detto nella
premessa, che il valore della proposta editoriale, sta anche in una sua
pretesa etica, che al tempo in cui venne scritto il romanzo, era parte
del codice d’onore della società borghese e vittoriana di tardo
ottocento: oggi, un assassino che si comportasse nello stesso modo, cioè
che sentisse la necessità etica di evitare che un innocente potesse
essere ucciso al suo posto, pur avendo egli ucciso, verrebbe tacciato
oltre che di omicidio, anche di pazzia. A quel tempo, era altra cosa.
Un altro tempo, un’altra storia, un altro modo di
comportarsi, di cui il romanzo fornisce una testimonianza vivida e
appassionante.
Insomma, un romanzo, che pur nelle limitazioni di
plot, riesce ancor oggi a piacere, a distanza di più di un secolo dalla
sua pubblicazione.
Pietro De Palma
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