Il perché mai Steeman avesse pensato a tale
soluzione per un poliziesco non è dato di sapere. Ma non è neanche tanto
strampalato ricordare come in quegli anni abbondassero stimoli sia
letterari che cinematografici, concernenti l’animazione di soggetti
inanimati, operazioni chirurgiche complesse, soggetti che forse avevano
più a che fare con l’horror che con il giallo. Ma tant’è che anche
Steeman volle dare il suo personalissimo contributo: e quale contributo!
Così all’automa di Metropolis di Fritz Lang animato
a causa di uno scambio di energia vitale e trasferimento d’anima; al
Golem, essere inanimato di fango, che diventa vivo a causa di
un segno che viene posto sulla sua fronte; all’intervento sui fratelli
siamesi che Ellery Queen fa tentare al dottor Xavier; alla creatura che
viene dotata nuovamente di forza vitale da parte del dottor Frankenstein
di Mary Shelley, che nel 1931 ritornò ad essere popolarissimo in virtù
di una fortunata riduzione cinematografica, diretta da James Whale, con
Boris Karloff, ancor oggi ritenuta una delle pellicole più importanti
del genere, anche Steeman volle dare il suo contributo.
Stanislas Ansré Steeman, quando scrisse, nel 1934, L’Ennemi sans visage (anche pubblicato come M. Wens et L’automate, nel 1943),
tuttavia era già un nome nel panorama del Polar. Nato a Liegi nel 1908,
e quindi belga, prima di dedicarsi alla letteratura poliziesca, si era
dedicato essenzialmente ai fumetti, e all’attività giornalistica dal
1928 al 1933 per La Nation Belge.
Fu proprio la sua attività giornalistica a favorire la sua inclinazione
definitiva di scrittore di romanzi polizieschi: infatti, assieme ad un
altro giornalista in forza alla medesima testata per cui lavorava,
Herman Santini (pseudonimo Sintair), aveva scritto i suoi primi 5
romanzi, per poi pubblicare romanzi ognuno per proprio conto. Tuttavia,
ancor mentre collaborava con l’amico, nel 1930 aveva cominciato a
scrivere da solo, pubblicando tre romanzi : Péril, Le doigt volé ; e, raggiungendo la fama con Six hommes morts, che aveva vinto il Grand Prix du Roman d’Aventures,
nel 1931. Nel romanzo era stato introdotto il suo personaggio di
maggior spessore, Vorobeitchik Venceslao, detto Monsieur Wens.
Steeman era conosciuto soprattutto per la sua
fedeltà agli stilemi e alle regole del poliziesco. Infatti gran parte
della sua prima produzione si attiene fedelmente ai canoni ortodossi. Ma
la sua genialità non poteva
essere irreggimentata. E così i romanzi sono ognuno improntato ad un
genere, tono e stile diverso: c’è il thriller, la parodia, il romanzo
psicologico, il mystery.
La
storia, a vederla bene, non è poi tanto interessante, se la si vede
sotto l’occhio dell’originalità. Da questo punto di vista, qualcuno che
conosco e l’ha definita un’opera modesta tutto sommato di Steeman, non
avrebbe tutti i torti. Tuttavia, l’opera di Steeman è più propriamente
una esperimentazione, una commistione di generi e come tale non vuol
essere originale ; semmai vorrebbe essere rivoluzionaria, tentando una
fusione di generi : il fantastico e il poliziesco.
In
questo può esser visto come il primissimo tentativo, anche se non
perfettamente riuscito : ci riuscirà invece con risultati immaginifici
Carr con The Bourning Court.
Ma Carr è Carr, e Steeman è Steeman. Senza nulla togliere all’estro del
belga. Ma..Carr rivaluta il passato trasfondendolo nel presente,
Steeman rivaluta il passato..e basta. In questo possiamo vedere la
limitazione del tentativo.
Nella
rivalutazione del passato, Steeman interseca la sua azione con quella
di Mary Shelley, con quella di Gaston Leroux, ed anche con Fritz Lang.
Jund
è un uomo che non s’aspetta più nulla da vita. E’ stato condannato a
morte e aspetta l’alba fatale, in uno stato di terrore puro.
L’incipit
del romanzo ci consegna l’immagine di quest’uomo, di questo criminale,
che ha paura che qualcuno si affacci alla soglia della sua cella perchè
questo potrebbe significare la sua morte.
“La porte de la cellule s’ouvrit en grinéant et un trait de lumiére courut obliquement sur le sol jusqu’au mur du fond.
- Jund!
Le condamné à mort, émergeant du sommeil, poussa un sourd gémissement.
- Jund! redit Clark, le gardien-chef de l’aile ouest, se penchant et le secouant par l’épaule.
A l’instant l’homme, comme touché par une décharge électrique, se réfugia dans l’angle de la muraille, les traits convulsés par la terreur.
- Qu’est-ce que … ? Quel jour sommes-nous ? questionna-t-il d’une voix rauque.
- Jeudi.
Jeudi ! répéta le condamné”.
- Jund!
Le condamné à mort, émergeant du sommeil, poussa un sourd gémissement.
- Jund! redit Clark, le gardien-chef de l’aile ouest, se penchant et le secouant par l’épaule.
A l’instant l’homme, comme touché par une décharge électrique, se réfugia dans l’angle de la muraille, les traits convulsés par la terreur.
- Qu’est-ce que … ? Quel jour sommes-nous ? questionna-t-il d’une voix rauque.
- Jeudi.
Jeudi ! répéta le condamné”.
In pochi
righi, Steeman delinea la figura di un uomo condannato a morte, che non
vuol morire: sottolineo la forza della frase che con la similitudine
che contiene, ben rappresenta l’incisività psicologica di Steeman: “A
l’instant l’homme, comme touché par une décharge électrique, se réfugia
dans l’angle de la muraille, les traits convulsés par la terreur”. Non
so perché, ma nella traduzione italiana, la frase è reinterpretata in
maniera romanzesca, mentre se fosse stata tradotta letteralmente (come
la traduco io) avrebbe mantenuto il suo vigore originario: “…come toccato da una scossa elettrica, si rifugiò in un’angolo delle mura, i tratti (del volto) sconvolti dal terrore”.
Martedì è il giorno dell’esecuzione, ma anche il giorno della salvezza per Clarence Jund. Ma a quale prezzo ? Per aver salva la vita, Jund dovrà accettare di sottoporsi ad un esperimento : la sua energia vitale, la sua mente, il suo cervello saranno reimpiantati in un automa. Un automa, non un collage di pezzi di cadaveri come nel Frankenstein della Shelley, ma anche qui l’elettricità ha una parte fondamentale ; e Fritz Lang, fa capolino, in maniera autoritaria. Il trasferimento di energia vitale, dell’anima, non avviene anche in Metropolis, il suo film fantascientifico del 1921? Per certi versi Metropolis ci pare molto più vicino al romanzo di Steeman, che non il Frankenstein di Whaley del 1931 !
Martedì è il giorno dell’esecuzione, ma anche il giorno della salvezza per Clarence Jund. Ma a quale prezzo ? Per aver salva la vita, Jund dovrà accettare di sottoporsi ad un esperimento : la sua energia vitale, la sua mente, il suo cervello saranno reimpiantati in un automa. Un automa, non un collage di pezzi di cadaveri come nel Frankenstein della Shelley, ma anche qui l’elettricità ha una parte fondamentale ; e Fritz Lang, fa capolino, in maniera autoritaria. Il trasferimento di energia vitale, dell’anima, non avviene anche in Metropolis, il suo film fantascientifico del 1921? Per certi versi Metropolis ci pare molto più vicino al romanzo di Steeman, che non il Frankenstein di Whaley del 1931 !
Fatto
sta, che il lettore per la prima volta forse nella letteratura del
genere, prova pietà per un criminale come Jund, condannato ad una morte
atroce : vivere ma come una larva può farlo, privato della sua energia
vitale, delle sue passioni e paure, della sua mente.
Prima
che però muoia, un’altro riferimento al passato farà capolino : Jund
tenta la fuga, una fuga disperata, perchè a tenerlo d’occhio gli hanno
messo vicino quel Ramshaw che lo arrestò e che ha l’ordine di ucciderlo
nel caso tentasse di fuggire. E mentre lottano, irrompono in una stanza
al buio. Che quando viene illuminata, si rivela piena di automi, tra cui
il famoso Giocatore di Scacchi, di cui parla anche Edgar Allan Poe,
l’automa di Maelzel.
Chi
sono i personaggi principali di questo dramma ? Il professor Arthus
(uno scienziato un po’ pazzo), i suoi due figli (Massimo e Tiburzio),
Michele Patiny frequentatore della residenza di Arthus, Clarence Jund
(il prigioniero), Ramshaw (il poliziotto), Monsieur Wens
(l’investigatore privato). Perchè..dramma ? Perchè ben presto, gli
eventi cominciano a tingersi di rosso.
La
sera in cui Arthus deve effettuare l’esperimento di trasferimento del
cervello, nel suo laboratorio avviene l’imponderabile : si sentono
rumori di lotta, di mobili rotti e poi un colpo di pistola. La porta è
chiusa dall’interno. Quando sfondano la porta, trovano il professore
morto, assassinato con un colpo di pistola, e soli due corpi sui due
tavoli operatori : Jund e l’automa, pronti per l’operazione. Anzi, a
dire il vero, l’operazione doveva essere cominciata già, quando
l’assassino ha ucciso lo scienziato, giacchè ha comincato ad incidere la
cute del cranio di Jund (che è addormentato) e lo prova un catino pieno
di sangue. Quindi nessuno dei due (l’automa inanimato e Jund) possono
aver preso parte all’omicidio. Eppure..non trovano nessuno in quel
laboratorio.
Anzi,
quando ritornano nel laboratorio, l’automa non c’è più. In compenso, da
quel momento si fa vivo più volte, in vari posti della casa, a dispetto
di appostamenti. Utilizza ingressi segreti ?
Qui
si trova un’altra presenza illuminata della letteraura francese nel
romanzo di Steeman : Gaston Leroux. Non un suo romanzo con Rouletabille,
ma quello universalmente noto, Le Fantôme de l’Opéra.
Chi l’ha letto, saprà come il Fantasma riesca ad apparire e sparire
all’interno del Teatro dell’Opera di Parigi. Bene: l’Uomo nero di
Steeman, appare e scompare alla stessa maniera, e come il Fantasma,
anche questo è mascherato.
Non vi dico ovviamente come andrà a finire, dopo un altro omicidio.
Ovviamente Monsieur Wens riuscirà con una magia a trarre in inganno l’assassino e a costringerlo ad uccidersi.
Non
dirò altro. Chi avesse la fortuna di leggere questo Steeman d’annata,
potrebbe così tentare di gustarselo (anche se la traduzione italiana
dell’epoca tende troppo ad appesantire il romanzo, togliendo forza al
thriller, con orpelli non del tutto giustificati).
Tuttavia,
una considerazione voglio farla sulla Camera Chiusa, considerata da
Lacourbe come una delle migliori 99 Camere in assoluto: secondo me, si
tenta una fusione di due dei tre modi temporali di attuazione di una
Camera secondo Carr: prima, durante e poi. In pratica, si tenta la
fusione tra il prima e il durante.Come? Qui sta il punto.
Se
la morte del professore fosse stata attuata precedentemente al
frastuono proveniente dal di dentro della camera, si sarebbe dovuto per
forza trovare qualcosa che potesse aver prodotto quelle rovine. Ma non
si trova nulla, o nessuno, al di fuori di due corpi: uno in attesa di
essere animato e dotato di un cervello umano, e l’altro in attesa di
fornire il cervello, ma completamente sotto narcosi ed in un tale stato
(accertato anche da Wens) di prostrazione, tale da essere vicino alla
morte, che gli sarebbe stato impossibile uccidere il professore. E se la
morte del professore fosse stata attuata dopo il frastuono, si dovrebbe
prendere in esame la possibilità che lo stesso professore si sia
suicidato. Ma allora perché fare tutto quel macello all’interno del suo
laboratorio? E perché poi ? Proprio quando stava per portare a termine
la sua impresa!
No. Il professore è stato ucciso. Ma da chi? L’automa, un essere nascosto?
Non dico altro. Solo che la soluzione per quanto semplice è al tempo stesso ipnotica.
Non lo so. Ma, secondo me, Edward D. Hoch potrebbe aver letto il romanzo di Steeman, prima di scrivere il suo The Frankenstein Factory (1975). Scrivevo sul Blog Mondadori:
“..anche
Hoch avrebbe potuto conoscere Steeman : anche qui la creatura ha un
corpo perfetto, anche qui scompare, anche qui gli è attribuita
l’atmosfera di sangue, anche qui alla fine risulterà non c’entrarvi
assolutamente nulla”.
Aggiungo
ora, un’altra cosa a cui non avevo pensato, e che è sostanziale: in
tutti e due i casi l’automa avrebbe dovuto avere la mente di un
criminale. Che però non c’entra nulla.
Clarence
Jund non vivrà da larva per il resto dei suoi giorni, ma ritornerà al
carcere di Louisville, e qui sarà condotto alla sedia elettrica.
Ma..morirà?
Steeman
ci riserva negli ultimi righi, una promessa di salvezza. Da parte
dell’unica persona che Jund non avrebbe mai pensato fosse il suo
salvatore. Come dire che “la speranza è l’ultima a morire”.
Pietro De Palma
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