Roland Lacourbe, anni fa, parlandone, lo etichettò
come uno dei lavori minori dello scrittore alsaziano: io, pur
riconoscendo l’indiscussa autorevolezza di Lacourbe, sono di diverso
avviso: per me, si tratta di uno dei lavori migliori, un autentico
capolavoro.
Su che basi faccio queste affermazioni?
Il romanzo è un vero florilegio di situazioni
bizzarre, strane. La storia è sviluppata sulla base di una trama
quantomai strampalata e macabra, che più non si può: chi ama come me i
romanzi francesi (fu Igor Longo a gettare in me i semi di questo amore),
sa che spesso il “macabre” è una caratteristica dei polizieschi
francesi di un certo periodo. Halter ha ereditato questa peculiarità, e
chi lo ama sa che in molti dei suoi romanzi sono presenti le scene
macabre, probabilmente una eredità anche di Edgar Allan Poe. Nel nostro
caso, il “macabro” abbonda.
Ma Halter è anche un manierista, l’ho già detto in
altro tempo; e del resto non potrebbe che essere così, visto che dopo
Carr (e Rawson) tutto il resto dei romanzieri che ha seguito le loro
orme, è finito invariabilmente per ripetere le loro invenzioni, magari
solo inventando nuovi modi per attuarle. Ma anche se manierista, Halter
ha un grande pregio: è un romanziere nato, con una fantasia straripante e
delirante.
Qui riesce a fondere due situazioni, che a prima
vista sono assolutamente slegate, in una macchinazione che pur non
riuscendo a convincere al pari dei plot carriani (è pur sempre un
manierista) almeno impressiona per la fantasia che mette in campo.
Neville Richardson, detective privato, si imbatte
una sera in una bella ragazza che gli appare spaventata da qualcuno o
qualcosa. Decide di seguirla e la becca poco dopo mentre parla con un
tizio. Da lontano non riesce ad identificarlo tranne che per un
particolare che lo fa rabbrividire: una voce ed una risata roca e
stridula. Abbordata la ragazza, e atteggiandosi come quel tizio (bavero
alto e cercando di non far vedere il viso), riesce a sapere che qualcosa
dovrebbe accadere il 16 aprile. E a ciò è connesso una mossa che lui ha
visto fare, nel dialogo tra l’individuo e la ragazza: un pugno col
pollice alzato. E poi la frase sibillina: “Il 16 alle 21,la porta in fondo sopra l’uccello” Cosa mai significheranno?
L’azione si sposta altrove. Un tale Paxton rivela
all’Ispettore Hurst e al criminologo e investigatore a tempo perso Alan
Twist, che un tale lo ha assunto per fare una cosa del tutto senza
senso: indossando degli abiti e delle scarpe, messi a disposizione da
lui (e solo quelli: non può indossarne altri, per esempio propri), deve
camminare tutto il giorno per recapitare della corrispondenza, da un
posto ad un altro, sempre gli stessi: deve recapitare una busta, e
consegnare gli abiti; e poi il giorno dopo prelevare da lì un’altra
busta e riportarla al suo datore di lavoro, re-indossando gli stessi
abiti: sempre e solo due buste, sempre gli stessi abiti.. Ma la cosa
bella è – e viene anticipato proprio da Twist nella rivelazione – che
all’interno delle buste non c’è nulla.
Cosa c’entra questa singolare occupazione, con
quanto narrato precedentemente? Il fatto che il misterioso imprenditore
che lo ha assunto per una cosa apparentemente senza senso, abbia una
voce roca e stridula.
Il fatto che ci siano stati dei furti di gioielli,
fa sì che qualcuno pensi ad un traffico di preziosi, magari occultabili
nel tacco delle scarpe che invariabilmente si consumano e a cui devono
essere cambiate suole e tacchi.
Intanto la scena si sposta in un piccolo villaggio
distante mezzora da Londra: qui abita un ex poliziotto con la nipote.
Mentre è intento a cercarla, la trova che fissa una casa abbandonata e
in rovina, prima appartenuta ad un vecchio eccentrico, un certo
Fiddymont. Si dice che un alone di mistero aleggi su quella casa.
Il 16 aprile arriva ed intanto non si è capito
ancora cosa sia quel misterioso gesto con la mano. O meglio, ci si
arriva in ritardo, in quel giorno: “L’uccello nella mano”
(traduzione “The Bird in Hand”) è il nome di un pub, nelle vicinanze del
Covenant Garden. Nella soffitta del palazzo in cui trovasi il locale,
viene trovato un uomo ucciso: è il fattorino di cui si è parlato prima:
Paxton.
Perché mai è stato ucciso?
Intanto qualcuno avvisa la polizia, l’uomo con la
voce stridula, che “qualcuno” è stato visto aggirarsi nei pressi della
dimora del defunto Fiddimont. Ecco cosa collega le due parti: l’uomo
dalla voce stridula. Una casualità? Twist ed Hurst non ci credono. E si
recano in questa casa abbandonata: assi sconnesse, erbacce dappertutto,
finestre sbarrate, e la porta dell’ingresso chiusa dall’interno.
Trafficando con bastoncini di legno e con fogli di giornale, riescono a
far cadere la chiave dall’altra parte, recuperarla col giornale ed
usarla per aprire la porta. Appare uno scenario da incubo: i mobili e
quant’altro all’interno della casa, abbandonata da cinque anni, sono
ricoperti di polvere che uniformante è diffusa ovunque. Eppure i due
annusando l’aria sono inquieti: aleggia un odore di..morte. In una
stanza, chiusa verso l’esterno, su una poltrona posta tra la finestra ed
il camino, ritrovano il cadavere del vecchio Fiddimont, ancora sporco
di terreno, vecchio di cinque anni. Come ha fatto a finire lì, se non vi
sono impronte sul pavimento ricoperto di polvere? E come è potuto
accadere che la casa fosse a sua volta chiusa dall’interno, come se il
vecchio Fiddymont fosse uscito dalla tomba e vi si fosse recato?
Qualcuno aveva, un po’ di tempo prima, parlato di rumori e voci
provenienti dalla tomba del vecchio, e la stessa terra era apparsa
smossa. Ovviante, recuperata la bara, seppellita a breve profondità
nella terra, essa si presenta vuota. La cosa singolare è che,
all’interno della casa, qualsiasi cosa si sia verificata, ad essa hanno
assistito innumerevoli testimoni: decine di paia di scarpe, di tutte le
fogge, dimensioni, colori, femminili e maschili, allineate le une alle
altre una a fianco all’altra, per terra, coperte di polvere.
Si viene a sapere che qualcuno, nell’entourage dei
parenti di Fiddymont, aveva ipotizzato che l’interesse del defunto a
tutte quelle scarpe potesse esser messo in relazione a gioielli
occultativi all’interno. Cosa legherebbe Fiddymont al misterioso
individuo dalla voce stridula?
E ha una sua importanza nella vicenda la sparizione di un pezzo di grondaia della casa?
Fatto sta che ben presto, un nuovo assassinio si
verifica: viene ucciso il professor Lynch, sposato a Emma Lynch erede
del vecchio Fiddymont. Viene trovato in un’altra casa abbandonata,
stavolta vicino a Covenat Garden: ma quante case abbandonate! E accanto
al cadavere, sempre le vecchie scarpe.
Toccherà a Twist inchiodare un assassino diabolico,
non prima che questi abbia ucciso ancora una volta: il vecchio
poliziotto Winslow, amico di Twist ed Hurst, che con loro ha partecipato
alle indagini, e che abita nel villaggio. Ha avuto anche lui una parte?
E quale?
Il romanzo è un portentoso “divertissement”, pieno
di false piste ( a cominciare dal primo assassinio; altra falsa pista è
quella delle scarpe: ma poi perché il vecchio Fiddymont aveva voluto che
restassero nella sua casa, in quella quantità? E terza falsa pista è
quella della profanazione della tomba del vecchio, del disseppellimento
del suo cadavere, e della sua ostentazione in una casa ermeticamente
chiusa dall’interno), di falsi indizi (la voce stridula), di veri indizi
(i rapporti adulterini che quattro personaggi hanno tessuto tra di
loro; il pezzo di grondaia sparita).
Il romanzo è pieno di falsi indiziati e di
colpevoli dissimulati: i furti hanno la loro importanza, ma non
costituiscono una ragione o tantomeno un movente degli assassini. Halter
in questo, mi sembra che citi l’Ellery Queen de “The Twins Siamese
Mystery”, solo che, come molto spesso opera nei suoi romanzi, inverte la
situazione: chi conosce bene quel romanzo di Ellery Queen, sa a cosa mi
riferisca quando parlo di furti. Lì l’assassino è il ladro, qui no. Ma
il movente dell’omicidio mascherato è lo stesso. E così come lì, anche
qui l’omicida cerca di far incolpare chi non c’entra nulla. Una serie di
coincidenze che mi sembrano assai poco casuali per non essere
ricordate. Tuttavia c’è anche dell’altro.
Ci sono infatti altre citazioni, che sono volute e manifestate : He Wouldn’t Kill Patience di
Carter Dickson/J.D.Carr, ma anche volute e non manifestate. Come quella
di Ellery Queen prima citata, un altro passo famoso è tratto dal
racconto di Conan Doyle “The Adventure of the Red-Headed League” tratto da “The Adventures of Sherlock Holmes”:
si riferisce all’occupazione di Paxton che viene assunto per un fine a
lui ignoto, determinante per la riuscita di un fatto criminoso (nel suo
caso, il suo assassinio).Qui rilevo, un’altra delle caratteristiche
comuni nei romanzi di Halter: il fatto che spesso nei suoi romanzi le
vittime siano al centro di macchinazioni; ma anche che gli stessi
assassini finiscano per essere delle vittime, di eventi che accadono a
loro insaputa. Qui, per esempio, l’omicida che aveva premeditato un
assassinio perfetto, viene scoperto perchè qualcuno, a sua insaputa,
avendo compreso che un pericolo sta sovrastando una persona, fà sì che
intervenga la polizia. Come? Leggete il romanzo!
Al di là poi delle vere o presunte citazioni che possano esserci, deriva indubbiamente da Carr e più precisamente da The Mat Hatter Mystery, il metodo utilizzato dall'assassino per mettere sulla vecchia poltrona, il cadavere più che decomposto, non lasciando tracce sul pavimento.
Altra citazione è quella del canale della grondaia utilizzato per creare delle voci che mi ricorda un racconto di Hoch, The Problem of the Whispering House.
Ma oltre alla doppia impossibilità (camera chiusa, senza orme, e cadavere disseppellito), la cosa interessantissima di questo romanzo è la “Locked-Room Lecture”, che Halter pone come omaggio alle grandi dissertazioni sulle Camere Chiuse, inventate prima della sua, innanzitutto quella di Carr.
Ma oltre alla doppia impossibilità (camera chiusa, senza orme, e cadavere disseppellito), la cosa interessantissima di questo romanzo è la “Locked-Room Lecture”, che Halter pone come omaggio alle grandi dissertazioni sulle Camere Chiuse, inventate prima della sua, innanzitutto quella di Carr.
Ed
è proprio questa presenza emblematica e caratterizzante ad impreziosire
il romanzo (come ho rimarcato nei miei tre saggi sul Blog Mondadori,
una dissertazione rende unico il romanzo in cui viene posta).
Ma
le scarpe? Cosa c’entrano? Sarà il finale, un finale da lasciare a
bocca aperta, che ha il sapore di una fiaba melanconica, a spiegarne il
significato. Soprattutto alla luce degli atteggiamenti “di pazzia”
attribuiti al vecchio Fiddymont, ma che pazzo proprio non era. Semmai un
nostalgico di quell’infanzia che non aveva avuto.
Pietro De Palma
Beh che dire, mi trovi in disaccordo! Giustamente spesso tessi le lodi di Halter, e a me piace molto, ma a mio parere in questo caso ci troviamo di fronte a uno dei suoi romanzi minori, sia per atmosfera che per plot. Tutto troppo forzato, artefatto, quasi che abbia voluto provare a uscire dal canone, con risultati mediocri. Sull'atmosfera, non credo che sia mai stato il suo punto forte, e dove invece ne ha create di coinvolgenti ha sfornato mezzi capolavori ("La quarta porta", "Nebbia rossa" e aggiungerei "100 anni prima", "l'omicidio di Atlantide" e "testa di tigre"). Anche il plot in se' mi è sembrato forzato, quasi non riuscisse a venirne fuori, e la situazione impossibile con relativa soluzione davvero deludente. In un'immaginaria classifica delle delusioni, lo metto insieme a "la lettera che uccide" (che rasenta il brutto), e qui ti sorprendo, "Le mani bruciate", che date le premesse aveva costituito una grandissima delusione. Non tutte le ciambelle riescono col buco...
RispondiEliminaMatteo
De gustibus non disputandum.
RispondiEliminaIo sono di tutt'altro avviso. Anche per la soluzione della Camera Chiusa che non è affatto come dici tu deludente, anzi. Una casa con uno strado ti polvere immacolata su tutto il pavimento, e in una camera in una poltrona il cadavere in decomposizione preso da una tomba. Me la chiami una soluzione deludente spiegare come ci sia finito? E il sistema utilizzato? Semmai posso essere d'accordo per il sistema utilizzato per creare le voci che - dopo aver letto dell'altro - risulta essere una derivazione probabilmente di Hoch. Ma per il resto...
E il fatto che qui Halter inserisca una sua lettura sulle Camere Chiuse, significa che per lui il romanzo ebbe un qualche significato. Non a caso fu inserito tra le 99 camere di Lacourbe